
cambiare errore
I grandi idealisti mi suscitano un mix di stima, invidia e tenerezza che mi fa sciogliere. Davvero, io se potessi riavvolgere il tempo inviterei Hegel, Gandhi e Che Guevara a casa mia, preparerei una cenetta coi fiocchi (magari senza vacca che il Mahatma si risente), metterei su una playlist di Spotify fatta da me (titolo: “Changing the world”) e farei a ognuno un bel trattamento di riflessologia plantare. Poi li manderei a casa dicendogli tranquilli ragazzi, non ringraziatemi nemmeno, macché ricambiare, ci mancherebbe, ve lo siete strameritato. Se poi con il Che scattasse qualcosina non mi tirerei indietro, che un limone di cortesia non si nega a nessuno.
Io sono una piccola sognatrice, niente tessere di partito, vado bene per le rivoluzioni di pianerottolo: ecco, sono l’idealista della porta accanto. Mi commuovono i piccoli gesti di bontà, le manifestazioni di nobiltà in coda al semaforo (anzi, alla fermata del tram, perché da quando ho distrutto l’auto ho rivisto un po’ le mie abitudini).
Non sono Pollyanna e ho già avuto il piacere di assaporare la bruttezza del genere umano. Non è questa la sede per parlarne, ma oltre agli ormai noti appuntamenti mancati, piante morenti e corna spudorate, annovero datori di lavoro che mi hanno scaricata come un sacchetto dell’organico e amici scomparsi nel momento del bisogno.
Tuttavia io non riesco a pensare che non ci si possa redimere, che una volta commesso un errore non si possa tornare sui propri passi e semplicemente agire in modo diverso. Che crimine contro l’umanità, negare ad un consimile l’opportunità di dimostrarsi diverso.
Non parlo di perdonare. Il perdono è per i grandi, anche se credo che con il tempo si possa apprendere a ridimensionare un po’ le onte di media taglia, o quelle vecchie come le balle dell’orso (mia madre dice così, che iconografia silvestre!), che uno non si ricorda neanche chi ha fatto cosa a chi. Capisco che un perseguitato politico, la vittima di una violenza fisica, la madre di un desaparecido non se la senta. E’ perfino normale che non si riesca a perdonare se stessi per aver tradito un amico o l’amata. È dura perdonare quando l’altro ce lo chiede o addirittura se lo merita, figuriamoci quando è un verme che dovrebbe morire gonfio.
Io parlo di quella tendenza a considerare ormai “perduta” una persona solo per un errore commesso, condannata a reiterarlo a oltranza senza possibilità di riconsiderare la propria posizione, mettersi una mano sulla coscienza o banalmente prendersi le palle in mano. Io credo che sia pieno il mondo di esempi positivi in questo senso. Cattivi mariti redentisi con la seconda moglie, libertini convertiti per amore alla monogamia, pessimi studenti divenuti luminari, tossicodipendenti guariti e integrati, deboli che hanno sviluppato risorse per difendersi.
Peggio di questo, c’è solo la mancanza di rispetto verso se stessi. Che pena, darsi per spacciati e nascondersi dietro i sonfattocosì, senza regalarsi l’opportunità di essere una persona non dico migliore (che quello è troppo ed è pure opinabile): dico solo diversa. Visto che degli errori cadremo comunque vittima, concediamoci almeno il lusso di cambiare errore.
PS All’idea che in qualche stanza di questa città ci sia qualcuno che dica di me “Sai com’è, andrà a finire nel solito modo, lei fa sempre così” mi passa il sonno. Non fatemelo ‘sto torto, piuttosto dite che mi vesto male così almeno se lo vengo a sapere prima vi ammazzo verbalmente e poi ballo la tarantella sul vostro cadavere.
Stefano
Luglio 14, 2013 at 1:55 am
vesti male…
gynepraio
Luglio 17, 2013 at 12:30 pm
bravo, eh, adesso ti estraggo gli occhi e ci gioco a biglie
Pingback: gynepraio | Bookshelf. Le opinioni di un clown
Pingback: Bookshelf. Le opinioni di un clown - Gynepraio
Pingback: hai paura del buio? - Gynepraio