
discovery channel luglio 2013
Un solo obiettivo mi ero data per queste settimane: studiare la Lonely Planet, che l’amica mia mi aspetta trepidante a Jakarta smaniosa di partire per il Kalimantan. Povera stella, crede che io arrivi vestita come il Giovane Esploratore Tobia con suggestivi itinerari ed invece niente, vedrà che non ho nemmeno imparato a dire ciaograzie in indonesiano e si chiederà dov’è finita la ragazza che conosceva lei. In compenso, questi giorni strani e caldi che non preludono a niente sono stati forieri di grandi scoperte, tutte giunte alla rinfusa come questo post. Oggi si va a braccio, non me ne vogliate.
il karaoke. Sul potere liberatorio del canto non mi dilungo che la doccia ce l’abbiamo tutti (tranne, a quanto pare, alcuni sul tram). Vi dico solo che sono stata due volte al Pingo Pongo Karaoke presso il Caffè della Repubblica. Il premio spetta al peggior performer, ma possono cantare tutti quanto vogliono. Ne nascono magnifici duetti: dopo Pensiero Stupendo corredato di languida lesbocoreografia, sono stata la voce femminile di Cara ti Amo. Pensavo non sarei mai riuscita a dire a un uomo “Non sei più quello di una volta” e invece. In conclusione, invece di stare a casa a lamentarvi del governo o lucidare la collezione di brugole Ikea, veniteci anche a voi.
swap party. Il principio dell’entropia mi obbliga a fare periodici repulisti. Prima della Caritas, stavolta ne hanno beneficiato alcune amiche di nuova e vecchia data. Innanzitutto la cena era ottima e ho scoperto che, oltre a savoiardi e pavesini, esiste un terzo polo che fa il tiramisù con gli Orosaiwa. Meno male, che i sistemi bipartitici ci hanno un po’ rotto il cazzo stufato. Ho fatto la banditrice con tono da mercatara pasoliniana. Ho rimediato: un bomber e un gilet neri, una felpa, un prendisole a righe. Ho ceduto: svariati abitini, sandali e pantaloni. Mi sono accomiatata con l’ottimo proposito di non acquistare proprio TUTTO quello che vedo. Il sabato mattina ho comprato: una gonna, una maglia e un paio di sandali. Tutto inutile, insomma.
gusto dell’orrido. In vista delle imminenti vacanze non ho letto la guida ma ho svuotato la cartella dell’Iphone che conteneva le foto dell’India. Non solo non so fare le foto, cosa nota ai più, ma ho l’occhio antipoetico (animali randagi, passanti malvestiti, insegne sgrammaticate): se me la sento, faccio una selezione e la condivido. Salvo ravvedimento, passerò le ferie a riprendere il culo rosso e la nasca dei babbuini del Borneo anziché i templi di Java. Per cui, amanti del grottesco, stay tuned.
mannite. Ho letto che è un ottimo depurativo quindi, per liberarmi dalle tossine, sto facendone una cura. Forse voi eravate bambini rognosi e stitici e vostra madre ve la propinava, ma si vede che la mia era stronza e mi dava solo l’olio di ricino. La mannite è dolce e morbida, insomma ha tutte le cosine che piacciono a me. Ogni mattina in ufficio ne ingurgito un panetto davanti agli occhi sbarrati della mia educatissima stagista, visto che mi sporco tutta e sembro Mark Renton quando assaggia l’eroina prima del gran colpo. Spero che mi faccia espellere tutta la gramizia e mi faccia diventare dolce, che morbida lo sono già.
Anonimo
Luglio 23, 2013 at 12:12 pm
Volevo solo dirti che talvolta la mannite viene usata per tagliare la cocaina, dicono.
L.
gynepraio
Luglio 23, 2013 at 12:19 pm
è assolutamente vero, credo in virtù dell’aspetto e della consistenza. In questo caso, avendomela data da testare il principale produttore italiano (e mondiale), mi sento relativamente sicura che sia ad uso alimentare…
Pingback: gynepraio | Linda, meglio che continui a ballare