non sapevo di essere un barone
L’altra sera ho visto questo spot di Dorelan: 60 secondi di ode al materasso, silenzioso coprotagonista di tutte le stagioni della vita. Apprezzabile tentativo dell’azienda romagnola di sensibilizzarmi ed emozionarmi: fallito, però, perché notoriamente ho il cuore come un ghiacciolo.
Tuttavia, mi sono resa conto che passiamo un terzo della nostra vita a dormire. Tra i tristi risvolti della maturità si annoverano due effetti collaterali. Da un lato, non reggi più la mancanza di sonno: una volta (=2 anni fa) potevo dormire 5 ore a notte per una settimana di fila e mantenere la vitalità di un furetto in calore. Dall’altro, non riesco più a farmi quelle 12 ore di beauty sleep che ti riconciliano con il mondo e sanno di tepore, torpore e anche un po’ di orrore, in quanto associate a pigiami in pile e calzini antisdrucciolo.
Oltre alle 8 ore dormite, ce ne sono altre 8 dedicate alla professione. Sì, lo so che non sono 8. Lo so che voi, piccole api industriose, faticate indefessamente per almeno 12 ore e siete le fitte maglie della trama costituente il tessuto imprenditoriale italiano: ma nel mio fortunato caso, giacché sono a libro paga di un’azienda onesta, ho un orario canonico e gestibile.
Ma tranquilli, non era della mia buona stella che volevo parlare, ma di lavoro. Per l’INPS sono qualcuno dal gennaio 2005 e da allora ho lavorato in una multinazionale, in una mini agenzia pubblicitaria, in una S.p. A quotata in borsa e 2 imprese familiari. Confrontandomi spesso con professionisti attempati e sospettando fortemente che non andrò mai in pensione, ho realizzato che sto vivendo l’adolescenza della mia carriera; tuttavia, con la presunzione dei giovani (abbiamo detto che sono adolescente, no?) credo di averne viste già parecchie. Pronti ad uno spocchioso sproloquio, quindi.
Si parla molto dei baroni del pubblico, ma poco dei baroni aziendali. Per chi non sapesse, sono quelli che lavorano da almeno 15 anni nella stessa società. Molto spesso costituiscono per l’azienda un patrimonio di nozioni e memoria storica. A volte, non sono nemmeno incapaci né sgradevoli. Non mi interessa quanto percepiscano, né li considero dei privilegiati. A parte che, credetemi, tolte alcune eccezioni, la parola “privilegio” nell’impresa privata è ridicola demodé quanto le magliette Monella Vagabonda. I soldi per i privilegi sono finiti con gli anni ’90: al massimo, ci sono i benefit, ma anche quelli sono sempre meno e sono spesso un modo per assottigliarvi la busta paga. Oltretutto, si rivelano armi a doppio taglio. Prima di dire ad un colloquio che “Mi servirebbero un telefono e il laptop aziendale”, ripensate al saggio (cinese, presumo) che esorta a badare ai desideri che esprimi perché potrebbero divenire realtà.
I baroni sono fedelissimi, dediti e assidui nello svolgimento del loro lavoro. Sembra quasi che l’azienda sia loro. In questo mi fanno tenerezza: mi viene da prenderli a braccetto, portarli alla macchinetta del caffè e spiegare che, se si prendono a cuore l’azienda manco ne fossero soci, potrebbero aprirsene una! Ah già, ma poi dovrei rivelare loro anche l’inghippo del rischio imprenditoriale e mi sa che rovinerei la giornata a un bel po’ di gente. Fin qui i baroni sembrano innocui e persino utili, e tutto andrebbe bene, se non entrasse in gioco il loro sentimento principale: la paura.
Queste persone tengono i loro collaboratori più giovani nell’ombra, non insegnando niente e delegando le attività ripetitive e noiose, chiamandole “formative”. Apparentemente, lo fanno per prevenire eventuali errori, fughe di informazioni all’esterno o chissà quali danni d’immagine. In apparenza, i baroni hanno selezionato personalmente i loro collaboratori ma li considerano alla stregua di minus habens che da un momento all’altro combineranno danni inenarrabili. I baroni pensano di lavorare alla NASA: se si girano un istante, il loro assistente pasticcione schiaccerà un pulsante e arricchirà la missione Apollo di un altro triste capitolo. Non voglio fare la sospettosa, ma io credo che i baroni vogliono evitare che i loro assistenti ottengano visibilità, professionalità, autonomia e magari, udite udite, possano un giorno emanciparsi. I baroni qui, si rivelano di una ottusità disarmante. Se un tuo collaboratore diventa autonomo, tu, barone, lavori meglio: puoi dedicarti alle attività succose e strategiche, delegando quelle operative. Se un tuo collaboratore diventa bravo, tu, barone, lavori meno: 4 settimane a Borghetto ad agosto e 2 settimane a Sauze a Natale, capisci? Se un tuo collaboratore è brillante, barone, agli occhi della direzione il merito è suo ma anche TUO perché l’hai scelto e formato. Ci vorranno almeno 2 anni prima che il tuo assistente in gamba diventi una reale minaccia per la tua figura, goditeli! Saranno solo 2 anni, perché se si tratta davvero di un ragazzo in gamba se ne andrà lui pur di non vedere più la tua faccia. Ultimo, cedendo alla paura di essere scavalcato e contribuendo ad allevare un giovane timorato di Dio ma ahimè impreparato, ti dimentichi che la pensione te la pagherà anche lui. Ingrato, un giorno mi dirai nell’orecchio a cosa giocavi in fondo all’aula nelle ore di macro e micro economia.
Paura ovunque: paura della tecnologia che ammazza la carta, paura delle procedure che soffocano l’informalità, paura degli archivi digitali che soppiantano la memoria umana. Sempre e solo paura. La paura è un sentimento umano, figuriamoci se una che si caga davanti a una rana si può permettere di banalizzare la paura. Ma il problema è che questa non è paura! E’ insicurezza con il vestitino della presunzione. L’insicurezza è veniale e si risolve con una sano outing: ammettete la vostra vulnerabilità! Non succede nulla, a confessare apertamente i propri limiti di comprendonio. Magari le persone vi vorranno bene, si inteneriranno. E’ la presunzione dei baroni, la cosa grave: non vedono un modo per fare meglio di come hanno fatto finora con i metodi di loro invenzione. Come mai io ne vedo almeno dieci? Come mai io vorrei imparare da voi, prendere il bello del vostro operato e migliorarlo, e mi fate passare la voglia? Perché riuscite ad ammutolire me che parlo anche con le maniglie delle porte?
Io penso che l’unico modo per liberare i baroni dalla paura (e noi dalla loro presenza) sia l’Erasmus Aziendale. Dopo 5 anni di permanenza in azienda, ogni dipendente va ricollocato un semestre in un’altra azienda a ricoprire lo stesso ruolo: chi se la cava e si costruisce una credibilità indipendentemente dall’ambiente, può avere indietro la sua cameretta il suo ufficio. Chi fallisce, in prepensionamento senza neanche la targhetta di fantozziana memoria che dice Con stima, i colleghi di una vita.
PS Potrebbe essere un reality, tipo “Non sapevo di essere un barone”. Pensarci.
PPSS. Rileggendo, mi rendo conto che potrebbe sembrare una invettiva contro gli anziani: ma purtroppo il barone non è neppure anziano, spesso ha poco più di 40 anni. E comunque io agli anziani devo tantissimo.
Chiara
Ottobre 14, 2013 at 4:53 pm
io ho un capo così … figurati! e purtroppo non avendo molti anni in più dei 40 … credo che non ce la leveremo di torno nemmeno presto … 🙁
gynepraio
Ottobre 14, 2013 at 4:56 pm
infatti, una delle caratteristiche dei baroni d’impresa è l’età non veneranda. Fuggi, Chiara, non esitare.
Pingback: caro ragazzo che vuoi fare marketing - Gynepraio
aloneinkyoto
Marzo 11, 2017 at 10:51 am
Arrivo qui saltando di link in link da un tuo post recente ma commento per contribuire al riconoscimento della razza: il mio barone era dell’81 (io sono un 82), in un reparto IT. Non illudiamoci, sono dappertutto.
gynepraio
Marzo 13, 2017 at 11:47 am
OMG.
Klaudia
Gennaio 14, 2022 at 11:05 am
Per non parlare di quando ti tengono il muso perchè hai imparato una cosa “molto velocemente” per i loro standard o perchè hai trovato una scorciatoia per lo svolgimento di un lavoro “ah beh se sai fare tutto non devo più insegnarti niente” seguito da giorni di battute pungenti con il solo scopo di abbatterti.
Confermo la teoria della paura: vivono col terrore di essere “spodestati” perchè infondo il barone non ha nient’altro che il lavoro, è l’unica cosa in cui si identifica.
gynepraio
Gennaio 14, 2022 at 6:16 pm
Che dirti, a me francamente spiace per loro, per le opportunità che si perdono.