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By gynepraio21 Maggio 2014In Personale

lasciare andare: l’amore e la lavastoviglie

Un anno fa stavo frignando durante una pausa pranzo con una mia collega. Scelta a caso, perché ero in una fase molto lacrimosa, in cui parlavo con le piante e avevo allestito una toilette da make-up nell’archivio dei packaging, metti mai che mi veniva da piangere e mi dovevo rifare la faccia a metà mattinata.

Questa collega -che, poverina, voleva solo fumarsi una sigaretta prima di rientrare- mi disse che lasciar andare è la cosa più difficile del mondo. Lasciare andare è accettare che ci sono cose che non dipendono dalla nostra volontà e che, a prescindere da quanto brava tu sia stata, ci sarà sempre qualcosa e qualcuno che scappa al tuo volere.

Una volta mi piaceva pensarmi come una lottatrice. Col senno di poi, questo c’entra molto con l’esser figlia di comunisti con l’assuefazione alla lotta: contro colleghi logorroici e capi tirchi, cacche di cani sul marciapiede, mezzi pubblici lenti e impiegati delle poste, cellulari che svengono, unghie spezzate, complessi edipici, clienti che non pagano, maionesi che non montano, bilance fedifraghe, arbitri cornuti, lavastoviglie che non scaricano (la mia battaglia persa di oggi NDR). Tutta questa energia convogliata in battaglie più o meno utili, è figlia dell’indignazione, dello stress, del bisogno (è questo il caso della mia lavastoviglie).

Ma se c’è una sorta di merito nel lottare contro un datore di lavoro iniquo, la lotta per amore è la cosa meno nobilitante del mondo. Mi spiace, ma sgomitare per essere amati da una persona che non ci ama è terribilmente svilente. Quanto orgoglio bieco c’è nell’attaccarsi con le unghie e con i denti ad un rapporto che agonizza, ad una relazione asimmetrica che non va da nessuna parte, in nome del NON MOLLARE MAI? Quanta frustrazione deriva dall’insistenza, dalla perseveranza, dall’accettazione supina di cose che non vanno, da pezzi che scappano da tutte le parti, come le palline di mercurio quando rompi il termometro.

È pura miopia, volere includere a tutti i costi una persona nella nostra vita, senza vedere che essa non somiglia neanche per la ciolla alla vita che vogliamo e cui abbiamo diritto. Perché, hello, amare ed essere amati come e quanto vogliamo noi è un diritto. Se mi ami a metà, un mio diritto ne esce leso. Un po’ come essere pagati part-time lavorando 40 ore a settimana. Con una grande differenza: il tuo stronzo datore di lavoro -se volesse- può adeguarti lo stipendio schiacciando un pulsante, mentre chi ti ama a metà non può ravvedersi e amarti il doppio -anche se lo volesse- perché l’amore non è questione di coscienza pulita. Nella mia esperienza, non mi è mai capitato di innamorarmi per volontà o sfinimento: quindi perché dovrebbe capitare al prossimo? Pensare che gli altri siano diversi da noi è un tunnel cognitivo in cui si può si può passare una vita intera.

Io pensavo anche che lasciar andare fosse da perdente. Che equivalesse a farsi calpestare, a rinunciare ai propri diritti, ad abbandonare il campo prima della fine della partita. Ma non è così. Ma se non abbiamo neppure il potere di far funzionare la lavastoviglie -una macchina inanimata, che si esprime con spie luminose-, come possiamo avere il potere di far funzionare una persona per pura forza di volontà? Credere che, alla lunga, riuscirò ad essere amata perché sono tanto brava e me lo merito è poco meno di un delirio di onnipotenza.

La mia collega -che, ripeto, probabilmente voleva solo fumarsi una sigaretta in santa pace- mi ha detto che l’autostima, la fiducia nelle proprie capacità, la perseveranza, un ego grande quanto una villetta bifamiliare e nemmeno la fede funzionano dinanzi al non amore.

Quella volta lì non avevo tanto capito. Ho continuato per qualche settimana a chiedermi come cazzo fosse possibile che la mia storia, tanto fulgida e promettente si fosse ridotta così, e che lui, tanto intelligente ed egoista, avesse trasformato me, tanto viva e simpatica, in quella che Guia Soncini definisce “una coperta bagnata”. Per qualche settimana, appunto, poi lui mi ha lasciata andare e se n’è andato.

PS. C’è una tendenza a teorizzare sui rapporti disfunzionali quando le cose vanno male, si è stati abbandonati o delusi. Si è soli, si ha tutto il tempo di rimuginare ed elaborare un rassicurante sistema di pensiero in cui i fatti tutto sommato filano. Forse il momento giusto per farsi domande sull’amore è proprio quando le cose vanno bene. Tutto bene, a parte la lavastoviglie che non funziona, s’intende.

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svgIl divanismo

4 Comments

  • Silvia

    Maggio 21, 2014 at 6:52 am

    Ho vissuto la stessa situazione (per quanto posso dedurre dal blog) nello stesso periodo… dopo ho conosciuto una persona che mi ricambia in modo fantastico.
    Se avessi letto allora il tuo post di oggi penso che non avrei capito, come tu non avevi capito la tua collega.
    Ora capisco anch’io e il tuo post mi commuove un po’ :)!

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    • gynepraio

      Maggio 21, 2014 at 6:55 am

      Tenerona! La morale che ne traiamo è: ammorbate colleghi a caso, qualcosa di buono uscirà

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  • siboney2046

    Maggio 24, 2014 at 9:08 pm

    Tu non puoi neanche minimamente immaginare quanto sia significativo questo post in questo preciso momento della mia vita.
    Grazie.

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  • Carrie

    Maggio 26, 2014 at 2:08 pm

    Quando hai ragione, hai ragione. Sono pienamente d’accordo, anche perché io l’ho capito grazie a stephen King! ❤️

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