
Libri per l’estate: “Le vostre zone erronee”
A ben pensarci, le cose che amiamo di più di una persona tendono ad essere le stesse per cui le detestiamo. La caratteristica di un partner che ci puzzava impensieriva di più è quella per cui lo lasciamo. La stessa cosa vale per i libri.
Il motivo per cui amo i manuali americani è la loro semplicità. Non credo di essere razzista né lontana dalla verità se dico che sono opere pensate per menti più lineari di quelle europee: lessico semplice, logica schiacciante, consecutio basilare e case history cristalline. Il motivo per cui detesto i manuali americani è la loro semplicità: la reiterazione ostinata degli stessi concetti e conclusioni va bene per il pubblico statunitense ma funziona meno bene per quello europeo. Provo una sensazione a cavallo tra Mi stai manipolando? (“E’ facile smettere di fumare se sai come farlo”) e Mi hai preso per una scema analfabeta? (“Gli uomini vengono da Marte, le donne da Venere”)
Ma ci sono delle eccezioni! Una di esse è “Le vostre zone erronee: guida all’indipendenza nello spirito” di Wayne W. Dier. E’ un saggio breve che spiega come liberarsi delle schiavitù e convinzioni più comuni tra gli occidentali. Esse derivano dall’attribuire ad altri la ragione dei propri errori o della propria infelicità. Siccome su questo argomento ci ero già finita un anno fa quando la mia collega mi diagnosticò Willow, ho pensato che ad un anno di distanza potevo riaffrontarlo.
Il libro parte dall’assunto che si possa imparare ad essere felici, in quanto la maggior parte dei malesseri quotidiani non hanno radici traumatiche ma sono il frutto di meccanismi sedimentati. Di abitudini ed espressioni apprese in famiglia, o sul lavoro, e che possono essere smontati in modo razionale o imparando a ribaltare grammaticalmente le frasi con cui ci esprimiamo e di conseguenza i pensieri.
Alla fine di ogni capitolo, l’autore ci spiega anche perché può essere comodo continuare a vivere in quella “zona erronea” invece di uscirne: lui li chiama i tornaconti nevrotici. Questi benefici hanno sempre a che vedere con lo scrollarsi di dosso delle responsabilità e con l’addossare ad altri le colpe o i meriti di quanto ci accade.
Secondo Dyer, siamo vittime di musterbazione, (parola coniata dal mentore di Dyer, cioè Albert Ellis -amato/odiato fondatore della terapia cognitivo comportamentale): l’abitudine ad incorporare sistematicamente certi doveri nella propria vita -sii gentile coi colleghi/non vestirti provocante in ufficio/offri il caffè alla macchinetta- ma con la sensazione di volersi comportare diversamente. Questi doveri, secondo Ellis e Wayne, alla lunga diventano una fonte di stress, un torchio che preme sulle nostre teste. Ma questi doveri non ci appartengono, li abbiamo solo presi in prestito. Essi remano contro di noi, perché è impossibile essere ciò che non si vuole essere, e ciò si traduce in fatica e tensione.
Dyer ci esorta ad abbattere le barriere delle convenzioni (dare la mancia se non si ha voglia, apostrofare i professionisti chiamandoli dottore) e trasgredire le norme palesemente stupide e non finalizzate al reale benessere dei cittadini (sdraiarsi nell’erba in un parco, giocare a palla in un cortile condominiale). Anche rispettare pedissequamente le regole ha un tornaconto nevrotico: non essere garanti di sé e quindi smettere di riflettere sul proprio operato, senza discernere tra le regole funzionali a preservare l’equilibrio della nostra cultura (non uccidere, pagare le tasse) e regole superflue o negative (andare ai matrimoni se non hai voglia, portarsi sempre appresso il partner perché così si usa).
Il dress code e il galateo sono carta da culo. Rischiare l’ostracizzazione dai nostri consimili perché succhiamo rumorosamente il brodo non ci ucciderà di certo: meglio approfittare delle decine di occasioni che abbiamo ogni giorno per eludere le regole senza diventare degli anarchici insurrezionalisti.
Tra le forme di ribellione pacifica cui l’autore ci esorta, le più belle e condivisibili sono: “Andare a letto quando si è stanchi, e non quando è ora”, “Fare l’albero anche se non è ancora l’8 dicembre”, e soprattutto il mio favorito: “Scopare come e con chi vi va“.
Costa poco, e se non vi va di finirlo avete pure il permesso dell’autore di lasciarlo a metà e gettarlo dalla finestra.
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