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By gynepraio9 Novembre 2015In Personale

rapidissimo trattato sull’umorismo

Un tempo credevo di non sopportare le persone stonate, che puzzano e che non amano mangiare. A volte dicevo “Guarda quella stronza, caga soldi due volte al dì eppure si veste come la piccola fiammiferaia!” oppure “Pensa te quell’idiota, a stento parla italiano ed invece è il mio capo!”. Cose così, capite. Generiche invettive contro i mali dell’umanità.

Mi ci sono voluti 33 anni per capire che c’è veramente uno e un solo limite che non posso perdonare al prossimo: la mancanza di umorismo. Le persone prive di tale caratteristica sono aride come il deserto del Gobi, insipide come gli omogeneizzati per l’infanzia, incolori come la colla dei francobolli. Questa malattia, perchè di fatto è una patologia, si manifesta a due livelli diversi.

mancanza di umorismo reattivo

Chi ne soffre non capisce l’ironia, non ride alle battute, non fa i collegamenti. Nei casi più fortunati, i malati tacciono con un grosso punto interrogativo disegnato sulla fronte, e fanno dimenticare la loro esistenza. Nei casi peggiori, chiedono e approfondiscono. Volete stanarli? Fate un’iperbole. Ad una festa piena di bambini schiamazzanti in età prescolare, dite a voce alta “Erode, dove sei?”. Il nostro amico tenterà di ridimensionarvi subito: “Ma no, ma dai, poveri bambini!”. E voi giù a spiegare che non volete davvero ammazzarle realmente sul serio, ‘ste creature, ma solo che è un modo di dire, capisci, una esagerazione, no? NO. La variante ancora più grave è “il privo di umorismo reattivo e di cultura”: costui, di solito, vi chiede chi è Erode.

mancanza di umorismo produttivo

Chi ne soffre può comprendere l’altrui ironia ma, giunto il suo momento, proprio quando ha l’occhio di bue puntato sul volto, fa cilecca. Siccome l’umorismo richiede tempismo, e il nostro ne è sprovvisto, solitamente non è un mago delle battute. Allora cerca di compensare con -ahimè- un’altra specialità: gli aneddoti. Come storyteller solitamente vale poco e tende a peggiorare la situazione con lo scivolone degli scivoloni: ride da solo prima che sia finita (“quando sono ubriaco…cado nell’errore più penoso che un clown possa fare: rido delle mie stesse trovate” H. Böll), in mezzo agli sguardi colmi di riprovazione imbarazzo degli astanti. Potete dire quello che volete, ma quel tipo di gelo che scende attorno a un tavolo quando uno racconta una storiella e nessuno si diverte io non l’ho mai avvertito, nemmeno ai funerali.

Una persona che non ride delle mie battute, probabilmente mi detesta. Si tratta di una posizione legittima (anche se ai miei occhi indifendibile, ndr). Ma se non mi detesta, allora non mi conosce. Umorismo è vedere la cosa A, pensare subito alla cosa B e ridere della cosa B. Se io vedo una che mi sta antipatica che si presenta tutta en-pendent vestita di rosa, io penso al Tenerone e nella mia mente risuona “Pippo Pippo Pippo”. Se tu non lo vedi, magari vedi altro. Non escludo che tu possa portarmi nel tuo mondo, e io possa rinunciare a ridere del Tenerone per ridere, che so, di Peppa Pig. Ma se non vedi niente, non possiamo essere amici, non ci sarà tra noi vera confidenza, non sarò mai così a mio agio da riuscire a fare la cacca a casa tua. Capito? Scordatelo.

E poi mi raccomando, che non vi salti in mente di fidanzarvi con uno che non vi fa ridere. Una volta uscivo con un tizio a modino, angelicato e soprattutto bello: somigliava a Ryan Gosling, e no, non è una iperbole e sì, posso addurre prove fotografiche su richiesta. Mi comprava piccoli regalini. Mi offriva cene, anche di lusso. Si sganasciava dinanzi alle mie battute -forse per compiacermi?- ma in vari mesi non è riuscito a dire una cazzata divertente che fosse una. Ovviamente l’ho dovuto lasciare. Poi ne ho incontrato uno che mi faceva ridere e tirava fuori i miei stessi giochetti di parole, e allora ci sono andata a vivere insieme. Tutte queste esperienze, stratificate e sommate, si riassumono nel seguente flow chart, che spero si rivelerà utile per orientarvi in questo mondo pieno di finti simpatici e di gente divertente-ma-solo-in-apparenza.umorismo

Il top si ha quando il tuo intelocutore possiede umorismo reattivo, sa fare umorismo produttivo e padroneggia una terza dote: l’umorismo (auto)consolatorio. Consiste nell’attraversare aggraziatamente difficoltà, momenti di stress, abissi di patimento restando ironici: perchè amici, è troooooppo facile ridere quando tutto va bene e le vacche sono grasse. Io, per esempio, nei momenti di sconforto, non riesco a ridere della vita, prendo tutto seriamente, sto raggomitolata nel mio dolore, quando qualcuno mi chiama penso sia per annunciarmi la morte di un parente prossimo. Ho bisogno di essere pungolata, stimolata, se necessario sgridata. Ma vi assicuro che ci sono persone che quando i guai si moltiplicano continuano a divertirsi. Praticamente, ridono dell’ironia della sorte. Siete capaci di divertirvi nelle difficoltà? Volete spiegarmi come ci riuscite? Pagherò qualsiasi cifra a chi mi insegnerà come fare.

 

svgInstamonth Ottobre 2015
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svgPick Up Artists detti in breve PUA, anzi puah

24 Comments

  • Francesca de Iconigli

    Novembre 9, 2015 at 9:56 am

    Valeria, ancora una volta ti devo ringraziare per aver messo nero su bianco e aver saputo rendere così bene ciò che da tempo cerco di esprimere: il senso di disagio cagionato dal frequentare persone -pur ‘perbene’, come direbbe Matte Salveene- che non comprendono il mio umorismo, o in ogni caso che non mi danno soddisfazione.
    Ti dirò, il fatto che uno NON ne sia dotato di suo, mi disturba meno: uno può anche limitarsi a fare da spalla, e intervenire qua e là…basilare è che capisca e stia al gioco.
    Tu credi che l’una cosa presupponga l’altra, o che siano entrambe necessarie per essere sulla stessa onda?
    Senza voler scadere in sciocche considerazioni di genere, peraltro, mi pare di notare che siano le ragazze, o almeno una buona maggioranza di ragazze, quelle più restie a lasciarsi andare ad un certo tipo di umorismo: il ridicolo, il grottesco, il trash…
    Non so, proverò a osservare qualche campione umano sulla base del tuo esauriente schema…poi tirerò le somme! XD
    Buona giornata, e grazie.

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    • gynepraio

      Novembre 12, 2015 at 11:21 am

      Io ho rinunciato a essere magra, quindi non vedo perchè non si possa rinunciare a sviluppare un umorismo personale.
      Quanto alle considerazioni di genere, io penso gli uomini, in quanto più superficiali per loro fortunato corredo genetico, si prestano a umorismi più terra terra e spesso anche più facili. Per una donna è più difficile perchè verrebbe subito tacciata di volgarità, quindi ci tocca essere più sottili. A me va bene, mi basta non dover essere magra.

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  • giulia

    Novembre 9, 2015 at 10:23 am

    A “è inlgese o timido” sono morta hahaha. Concordo pienamente con te, la mancanza di umorismo è un difetto gravissimo! Il tuo chart è da appendere nelle scuole

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  • Daniela

    Novembre 9, 2015 at 10:47 am

    Per quanto mi riguarda, non è possibile ridere e divertirsi nelle difficoltà se prima non c’è stato almeno un pianto da “morte di parente caro”, meglio ancora una sceneggiata in stile Un posto al sole. Le difficoltà di per sé mi spaventano e mi rendono ansiosa come un agnellino a Pasqua, rendendo inservibile il mio senso dell’umorismo (c’è! Ci ho le prove!!). Nel momento in cui ho pianto tutte le mie lacrime e posso finemente vedermi da fuori, allora OK, vale tutto… Se trovi un metodo che non disidrata, io lo provo volentieri neh!

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    • gynepraio

      Novembre 12, 2015 at 11:23 am

      Di solito quando ho pianto tutto il piangibile, l’emergenza è già passata e l’umorismo non serve a niente. Devo accorciare i tempi del pianto, mi sa.

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  • Lucia

    Novembre 9, 2015 at 3:53 pm

    Fantastica la tabella!

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  • Adele

    Novembre 9, 2015 at 4:51 pm

    Le persone che non sanno ridere mi spaventano. Penso davvero che manchi loro qualcosa di fondamentale, che manchi loro l’equilibrio base, il minimo sindacale per sopravvivere. Ecco perché non potrei essere più d’accordo su questo tuo post, anche se ci sarebbe tanto altro da dire, ma in un commento non ci sta.
    Per rispondere alla tua domanda, ovvero come riuscire a “divertirsi nelle difficoltà”, credo che “divertirsi” non sia proprio il termine giusto. Nessuna difficoltà è divertente (così come l’attesa del piacere non è essa stessa piacere, se no si chiamava “piacere” e non si chiamava “attesa”, santo il cielo); esiste però la possibilità – ed è una delle cose che riesce a farmi andare avanti quando si mette seriamente male, credo sia una specie di superpotere – di trovare il lato grottesco/comico/ironico/tenero/buffo/divertente (ora sì!) di una situazione. Non riesco a spiegarti come si fa in linea teorica, mi sarebbe più semplice raccontarti esempi di vita reale in cui è stato necessario usare questo superpotere per sopravvivere. Però, quando devo riassumere di cosa si tratta, come si fa, e quando devo farne un promemoria a me stessa, mi faccio aiutare dalle mie più importanti guide spirituali. Spero sia utile anche a te, video, testo, “fischiettaggio” e tutto 🙂 https://www.youtube.com/watch?v=jHPOzQzk9Qo

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  • Luk

    Novembre 10, 2015 at 12:10 am

    Tutto giustissimo, precisissimo, divertente. Tuttavia devo osservare che se esistono persone debattuttizzate c’è pure l’altra faccia della medaglia: ad esempio quando la mia collega mi dice che “hai sbagliato tutto: dovevi fare il cabarettista, non l’informatico” fatico ad assimilarlo ad un complimento. Mi chiedo se avrò esagerato con le battute (collega-pagliaccio o peggio molesto) o se semplicemente il mio livello professionale è inferiore al mio umorismo, ma in entrambi i casi non c’è da stare allegri (a parte ridere per le battute) visto che la professione ufficiale per cui vengo pagato sarebbe l’informatico. Un ulteriore dubbio mi assale: non è che a mia insaputa in questi anni sono stato pagato per tenere su il morale dell’ufficio e affidarmi compiti legati al software è sempre stata solo una copertura ? Questo effettivamente spiegherebbe l’andamento della carriera ufficiale.

    p.s. riguardo la tua domanda; io quando la sorte si accanisce, dopo aver mugugnato un po’, per tirarmi su penso che potrebbe sempre andare peggio, ad esempio piovere, ma dopo un istante realizzo che sta anche già piovendo !

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    • gynepraio

      Novembre 12, 2015 at 11:34 am

      Ti dicono che sei simpatico, e pensi di essere poco professionale. Pensa me, che quando mi dicono che sono simpatica penso subito di essere un cesso.

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  • laclauz

    Novembre 10, 2015 at 4:26 pm

    “delle tragedie si dovrebbe ridere sempre”, è l’unico modo.
    bello bello, clap clap.

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  • AliceOFM

    Novembre 11, 2015 at 9:30 pm

    E se stai con uno che sì, ti fa ridere, ma non capisce le tue battute?
    Per dire, da amante del black humor (umorismo che notoriamente è meglio tenere a bada se non in presenza di soli amici strettissimi) ho trovato un’immagine che mi ha fatta morire dal ridere.
    “Il black humor è come un paio di gambe: non tutti ce l’hanno”.
    L’ho fatta vedere al mio ragazzo e il risultato è stata quell’espressione dubbiosa di chi non sa se ridere per assecondare, o ammettere il proprio vuoto mentale.
    Come sempre ha optato per la seconda.
    Quando poi gliele spiego (e non le capisce ancora!) finisco per arrabbiarmi perchè “così non fa ridere”.
    Ahimè è uno che ride solo per i meme su Bocelli…

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    • gynepraio

      Novembre 12, 2015 at 11:36 am

      Sono certa che compensa ampiamente con altre doti.
      E comunque i meme su Bocelli sono spesso un grande esempio di black humour, io non lo sottovaluterei, questo ragazzo (tra l’altro pensa alla moglie di Bocelli che cerca di spiegargli le battute su di lui, e lui non può vederle e quindi non le capisce, non lo fanno ridere per nulla, madonna che tristezza)

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      • AliceOFM

        Novembre 17, 2015 at 3:16 pm

        Ci ho pensato (ridacchiando…)

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  • Francesca de Iconigli

    Novembre 12, 2015 at 10:05 am

    Una perplessità sorta leggendo i commenti.
    Secondo me se vogliamo ragionare di ‘compatibilità tra persone in ragione del loro umorismo’, dobbiamo accettare che CHIUNQUE, di qualunque genere di umorismo sia dotato, possa ‘rivendicare’ il diritto di rapportarsi con qualcuno che lo comprenda e gli dia corda: anche coloro che, per dire, sono rimasti alle battutone tra educande nei cortili delle Orsoline.
    Al contrario, e son la prima a fare ammenda, mi sembra che si sia spontaneamente creata -o l’abbiamo creata- una sorta di gerarchia tra umorismi, come se gli unici legittimati a lamentare l’incomprensione e il disappunto fossimo noi dotati -ad esempio- di un umorismo cinico e scorretto.
    Ora, se è vero che una scala di comprensibilità dell’umorismo senza dubbio esiste (alcuni ‘generi’ son più immediati, richiedono uno sforzo di astrazione base) trovo molesti in pari misura
    -quelli che non comprendono il tuo umorismo, per le più svariate ragioni, indi partono per la tangente e si fanno un’idea tanto sbagliata quanto assurda, rimanendo del tutto impermeabili (esempio mi crede che tu davvero voglia il male di qualcuno, dopo una battuta di black humor)
    -ma anche quelli che ostentano ad ogni costo un umorismo borderline, sull’onda del politicamente scorretto più radicale, per così dire, cosa che di solito non gli appartiene di natura e di cui manco sono genuini autori ma solo passivi fruitori, sull’onda della tendenza del momento, E accompagnano ciò a un malcelato disprezzo verso altri generi di umorismo (che so, il nerd). Compatendo talvolta persone colpevoli solo di non avere facebook, di non legger le cagate di Vice, o di esser davvero differenti dalla massa di presunti cinici con braghe alla zuava, baffi austroungarici e zainetto in pelle sulle spalle.

    Posto questo vaneggiamento mattutino, che va anche come esame di coscienza, lancio un’ ultima perplessità, forse scontata: è una mia impressione o anche l’umorismo, più che inclinazione personale spontanea, è ormai inevitabilmente diventato una sorta di -perdonatemi- status symbol?
    Non so più che sto addì, ma se ho reso l’idea mi piacerebbe sentire che ne pensa di queste cose Valeria, e chi altri non possa più vivere senza sciogliere questi nodi problematici frutto di un giovedì con voglia di lavoraresaltamiadosso.

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    • gynepraio

      Novembre 12, 2015 at 11:43 am

      Che io mi macchi quotidianamente di tantissime forme di razzismo estetico-culturale è ormai cosa assodata. Non sopporto quelli che usano sempre la panna in cucina, quelli con le Hogan, quelli che mettono la freccia anche per uscire dal garage, quelli che leggono Fabio Volo, quelli che ascoltano Il Volo, quelli che compongono Il Volo, figuriamoci se non guardo dall’altro in basso quelli che riciclano le battute di Zelig e Colorado Cafè (o del Bagaglino, o delle varie tweetstar, o di Don Camillo). Non gli auguro il male, ma la cacca a casa loro non la faccio. Difficilmente li invito a cena, certamente non ci vado a letto insieme.

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  • PuroNanoVergine

    Novembre 15, 2015 at 12:27 pm

    Complimenti per il post e per il flowchart!
    Ho provato a seguirlo: in cinque rapidi salti mi sono trovato alla casella Limonare e lì è scattato il blocco (oltre a una forma fastidiosa di alitosi psicosomatica) e lo stress.
    Talvolta rido pure per lo stress e le difficoltà, ma non al punto da sposarti 🙂
    Se ti va il Best Friends…

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  • PuroNanoVergine

    Novembre 15, 2015 at 12:29 pm

    (scusami se ripeto, ma non vedo il commento inserito in precedenza).

    Complimenti per il post e per il flowchart.
    Ho provato a seguirlo: in cinque rapidi salti mi sono trovato alla casella Limonare e lì è scattato il blocco (oltre a una forma fastidiosa di alitosi psicosomatica) e lo stress.
    Talvolta rido pure per lo stress e le difficoltà, ma non al punto da sposarti 🙂
    Se ti va il Best Friends…

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  • Alessandra

    Novembre 18, 2016 at 7:15 pm

    Io soffro molto di questa cosa del non capire le battute perché il mio umorismo non è gradito dal mio capo che -non solo non ride alle mie battute- ma mi ha addirittura detto che devo lavorarci. Ovviamente sto cercando un altro lavoro.

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    • gynepraio

      Novembre 20, 2016 at 2:01 pm

      Spero che almeno tu capisca le sue, ma comunque non rida mai nemmeno se ti stanno implodendo i polmoni…

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      • Alessandra

        Novembre 20, 2016 at 6:46 pm

        Impossibile, umorismo buonista e di facciata. Io, cinica e politicamente scorretta, ho risolto lavorando il 90% del tempo con le cuffiette.

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