
Senso di colpa non mi avrai
DISCLAIMER-SPOILER: Questo post parla di senso di colpa e maternità, quindi se per caso l’argomento vi annoia o spaventa potete tranquillamente passare oltre e leggere il blog di Luca Sardella e Janira Majello.
Ho finalmente concluso tre attività propedeutiche all’arrivo del bambino. Me l’ha ordinato il dottore? No. Ma mi andava di farle.
LA LETTURA DEI MANUALI
Ne ho comprati 5, forse qualcuno in più della media. Alcuni li ho letti da cima a fondo, altri solo fino al punto che ritenevo necessario in questa fase. Credo ora forse di sapere tutto? No. Mi sento serena? No. Penso che siano tutte sciocchezze e che sia meglio farsi guidare dall’istinto? Nulla di tutto ciò. Tuttavia, ho capito che in questi libri, seppur scritti in epoche diverse, da donne diverse e con uno spirito diverso, sostanzialmente suggeriscono di agire secondo il buon senso. E siccome io penso di avere zero istinto e poche conoscenze tecniche ma un sufficiente buon senso, è come se virtualmente queste autrici si fossero sedute intorno a un tavolo, mi avessero guardata e mi avessero detto “la risposta è dentro di te, e non sicuramente ma probabilmente/tendenzialmente è giusta”. Non un applauso ma una pacca sulla spalla, dai.

Ecco i titoli
LA DECORAZIONE DELLA SUA STANZA
Sto finendo il post che probabilmente non interesserà a nessuno se non alle 3 gestanti o neomadri che mi seguono, ma dopo l’impegno profuso non ho nessuna intenzione di perdere l’occasione per tirarmela da morire e suscitare qualche lacrima nei cuori più teneri. Penso che mio figlio crescerà più felice perché ha una stanza bellissima? No. Credo forse che svilupperà un fine senso estetico e che precocemente ne caveremo un interior design? No (anzi, propendo a pensare che per la pena del contrappasso vorrà fare il body builder, o il benzinaio, o il suonatore di didgeridoo). Spero però di fargli capire che mentre ancora lui non c’era ho passato ore a informarmi per rendergli il mondo più bello, e non mi sono comprata niente per mesi ma per lui invece sì, e ho trascorso il giorno del mio compleanno montandogli il lettino.

Il lettino
IL CORSO DI ACCOMPAGNAMENTO AL PARTO
Chi mi segue su Snapchat avrà sentito gli aneddoti verificatosi durante i 5 incontri di coppia frequentati nella speranza di ritrovarci meno inetti, sprovveduti e spaventati dinanzi al parto e all’approccio con il nuovo arrivato. Diciamo che forse nella scelta del tipo di corso non ho così attentamente valutato il target cui era destinato (=coppie molto orientate verso un parto in casa) perché a) non lo sapevo b) non mi era neanche venuto in mente di chiederlo all’atto dell’iscrizione e c) non immaginavo ci fossero al mondo così tante teste diverse tutte in grado di elaborare pensieri pazzy e folly sull’essere genitori. Non mi seguite su Snapchat? Peggio per voi, perché avevo raccontato delle belle storielle. Volete seguirmi per sentire le storie? Spiacente, dopo 24 ore si cancellano da sé. Volete lo stesso scoprire che il mondo è bello perché è vario? Vi do 5 parole chiave da cercare su Google: parto lotus, parto orgasmico, tamburi shamanici, cosleeping, psicofonia. Divertitevi.
In questi mesi ho dato una chance a tutti di offrirmi la loro visione della maternità, e darmi consigli anche non richiesti. Quando dico tutti, intendo tutti: i miei parenti più o meno stretti, amiche -pluripare, primipare e nullipare-, i colleghi, i conoscenti, i vicini di casa, il personale medico e paramedico, l’estetista, gli sconosciuti, i vicini di casa, la signora che mi aiuta con i lavori domestici. Ho sentito opinioni contraddittorie, partigiane, antiquate, spregiudicate. Ho sempre (sì, proprio io!!!) resistito alla tentazione di mandarli a cagare quando ho sentito cazzate inaudite, o previsioni che suonavano più che altro come anatemi sulla mia futura forma fisica, su quella della mia vagina, sul mio ritmo sonno-veglia e sulla qualità del rapporto con il mio fidanzato.
Sono forse il sensitivo Solange? O la maga Jole? Insomma, chi sono io per dire “a me non accadrà”? Nessuno. Tutte le volte che ho pronunciato la frase “a me no”, quella cosa mi è puntualmente successa. In questo caso, poi, prevedo emozioni mai veramente provate finora: il senso di responsabilità estremo, la stanchezza vera, il senso d’impotenza. Chi può dirlo, che non mi ritroverò una mattina a pensare che si stava meglio quando si stava senza, che mi manca la mia vita di prima, che mi vedo brutta e trasandata. Oppure che non diverrò una di quelle madri passivo-aggressive, vittime della prolattina, fondatrici di gruppi Whatsapp e organizzatrici di feste a tema.
Ma c’è una e una sola emozione che non voglio mai (più) provare, ed è il senso di colpa. Che è un sentimento brutto, cattolico fino al midollo, che ho introiettato mio malgrado durante l’età dello sviluppo. É uno sentimento cui ho permesso di avvelenare relazioni importanti, impoverire momenti di gioia e che, in alcuni casi, ho tentato di far provare ad altri. Il senso di colpa è una malattia dura da estirpare, ma ecco la buona notizia: si può fare. La cattiva notizie è che costa fatica, tempo e denaro. Io, per dire, ci ho messo 2 anni, e ancora a volte ne cado vittima, perchè il senso di colpa è una di quelle malattie subdole che credevi di aver sconfitto e poi si ripresentano.
Ma c’è un’altra notizia buona: secondo quanto mi hanno detto le ostetriche del corso pre-parto, i neonati non sono in grado di compiere gesti volontari per assicurarsi la soddisfazione dei loro bisogni. In altre parole, non assumono dei veri vizi (ma solo semplici abitudini) né mettono in atto meccanismi dotati di secondo fine (ma si limitano a comunicare un bisogno).
In altre parole, il mio bambino non potrà, per lungo tempo, farmi sentire in colpa per le mie manchevolezze. In quel lungo tempo, se sarò brava, gli insegnerò altri modi per manifestare il suo stato d’animo, ottenere ciò che desidera, interpretare il dissenso altrui. Per gli adulti che cercheranno di farmi sentire colpevole, o manchevole, ricorrerò all’antica arte del vaffanculo.
PS il bambino ha già un nome, e lo so che chiamarlo “il bambino” è come scrivere una storia importante su un documento chiamato “aaa.docx”. Però no, non mi sento una persona fredda e distante per questo. Quando lo vedrò in faccia, sarò definitivamente sicura della sua esistenza e a quel punto nominerò il file.
Francesca
Maggio 9, 2016 at 10:22 am
Sei brava! Non mi dilungo in consigli non richiesti, ti posso solo dire che mi sentivo esattamente come te e che ora il mio “bambino” ha quasi un anno e mezzo e ogni giorno è veramente un esercizio di meraviglia. Le prime settimane saranno una schifezza? Chissenefrega! Sono lunghe come una vacanza andata male e tu sei la madre e tuo è IL potere. E se all’inizio sarai una sovrana esitante, arriverà il momento in cui tutti ti riconosceranno che sei il MONARCA ASSOLUTO, anche la suocera. In bocca al lupo!
gynepraio
Maggio 9, 2016 at 3:45 pm
Assumerò un’aria regale, tipo la regina di Cuori di Alice: TAGLIATELE LA TESTA!
AliceOFM
Maggio 9, 2016 at 12:19 pm
Io sono bravissima a dispensare consigli senza aver alcuna esperienza in materia perchè utilizzo l’antica arte della congiunzione avversativa: “Non sono madre MA sono figlia – e quando diventi madre non riesci più a ragionare da figlia quindi hai bisogno di consigli di chi è solo figlio”.
So però di risultare odiosa quindi non ti dirò nulla.
Però, per esperienza di mia madre (che non è un grande esempio, ma in questo caso non ha fatto danni) aspettare la nascita del bambino è molto utile; con mia sorella si era in dubbio tra Lara e Ariele, e dopo aver partorito una bambina grassa come un bue e urlante come un’aquila nevrastenica, ha capito che l’unico nome adatto era quello dello spirito de “La tempesta” di Shakespeare.
Nominare il file all’ultimo è senz’altro la scelta migliore!
gynepraio
Maggio 9, 2016 at 3:42 pm
In realtà il nome (un po’ pigliatutto, così va bene sempre) ce l’abbiamo, ma associarlo è troppo difficile. Mi sembra di delirare, non so.
Agnese
Maggio 11, 2016 at 8:20 am
Quando ho fatto l’amniocentesi, l’infermiera mi ha assicurato sul sesso ed avevamo già deciso i nomi per i due sessi. Così quando sono uscita dall’ambulatorio ho guardato mio marito e gli ho detto che Niccolò stava bene. Non lo avevo deciso, è venuto così ed ho capito che era giusto quando ho visto la faccia di suo padre a quella frase. Forse avevo bisogno di raccontarlo dandogli un nome non so….credo però che tu abbia ragione sul fatto che ognuno decide per la sua sensibilità e i suoi desideri. Su una cosa però sento di rassicurarti: la prima volta che guarderai la sua faccia sarà un momento senza pari. Io ricordo ancora i suoi occhi, la sua espressione. Sono stampati nella mia mente.
gynepraio
Maggio 11, 2016 at 12:36 pm
Me ne ricorderò anche io, chissà che robina grinzosa e paonazza..
Agnese
Maggio 11, 2016 at 6:23 pm
Forse, ma non saranno le grinze e il colorito a restarti impressi…
Marta
Maggio 12, 2016 at 2:07 pm
Da regina dei consigli non richiesti per le panciute, ti prego fammi dare i miei 2 cent:
1- La cameretta: finita tipo due ore prima che il mio un-enne nascesse. La cosa piu’ utile in questo primo anno e’ stato il “mobile” della Flensted (http://www.flenstedmobilegallery.com/). Noi abbiamo quello con le mongolfiere e lo abbiamo piazzato sopra il fasciatoio. Piace, distrae e impegna il pupo mentre tu smadonni dietro alle sue cacche e pisciate a sopresa mentre lo cambi. Della cameretta, ora che e’ piu’ grande apprezza anche gli sticker attaccati alle pareti, soprattutto gli animali della fattoria attorno al suo letto. Ogni sera, diamo loro la buona notte e ne ripetiamo i versi. Lui ci si mette in piedi davanti e gli fa grandi e concitati discorsi prendendoli a manate. O gli piacciono o lo fanno parecchio incazzare. In ogni caso, causano intereazione e mi pare di capire che sia cosa positiva.
I libri: avevo eletto il metodo Maman a mia bibbia durante la gravidanza e mi ero detta che sarebbe stato facile metterlo in pratica visto il marito francese e il nido belga. Non avevo tenuto conto della mamma italiana (cioe’ me medesima). Ecco.
Il corso pre-parto: io mi ero messa in testa di fare l’hypnobirthing. Un sacco di cagate hippy, ma anche un sacco di roba buona. Mi e’ servito nonostante un parto fuori norma.
Il nome: Tommaso ha avuto il suo nome 24 ore dopo la sua nascita, la prima volta che l’ho visto. Ha solo un anno e quelli di tre lo prendono gia’ in giro chiamandolo “Tomate”. Meno male che ci siamo pure presi 24 ore per assicurarci che il nome calzasse. 😉
Un abbraccio grande.
gynepraio
Maggio 12, 2016 at 2:43 pm
Grazie mille, ho visto le -credo in italiano si chiamino- giostrine e magari più avanti gliene prendo una! Vediamo se mostra predilezione verso qualche tema particolare: animali, automobili, romanzi russi. Purché gli piaccia, gli comprerò anche uno stormo di porci volanti!