
Di metodo danese, hygge, bambini felici e genitori sereni
La mia teoria sulla ciclicità delle mode anche per quanto riguarda i Paesi è confermata.
- 2014-2015, anno di Parigi. Le parigine non ingrassano, calze parigine nere su lenzuola bianche, How to be a parisian, Je suis Charlie
- 2015-2016, anno del Giappone. Tutti in vacanza a Tokyo, ramen soup come se piovesse, Marie Kondo in the new Yoko Ono
- 2016-2017, anno della Danimarca. Aprono 27 Legostore ovunque, Hygge-de-qua-Hygge-de-là, tutti in vacanza a Copenhagen
Chi sono io per andare controtendenza? Chi sono io per non avere tavolo e sedie Hay design*? Chi sono io per non farmi la foto vicino alla sirenetta**?
Nessuno, signori, non sono nessuno. La Danimarca, comunque, a me scorre nel sangue: nella mia travagliata seppur breve vita, ho avuto ben 2 amorazzi danesi. Solo un caso? Noi non lo crediamo affatto. E siccome quello che penso di Copenhagen, e in senso lato della Danimarca, l’ho già scritto qui, non potevo non esprimermi anche su “Il metodo danese per crescere bambini felici ed essere genitori sereni”. Libro che io, a dispetto della mia soglia d’attenzione prossima allo zero, ho recentemente finito. Partiamo con 2 premesse doverose:
- Il Metodo Danese è stato scritto a 4 mani, 2 delle quali americane. Pertanto, è pensato per un pubblico
ipoalfabetizzatostatunitense e l’opera contiene molti paragoni con il sistema educativo americano -quindi un po’ diverso da quello europeo-. - Il Metodo Danese è stato probabilmente tradotto da una scimmia urlatrice ammaestrata, quindi dal punto di vista linguistico è poverello
L’opera parte dalla constatazione che i danesi adulti sono costantemente in cima alle classifiche di felicità, e fa risalire questo benessere all’educazione che essi ricevono. Siccome è pur sempre scritto per gli americani, il Metodo Danese è sintetizzato in 7 capisaldi radunati nell’acronimo PARENT: Play, Authenticity, Reframing, Empathy, No Ultimatums, Togetherness.
I genitori danesi, in sostanza, esaltano il gioco libero come strumento educativo, non respingono le emozioni negative, riformulano giudizi e concetti, abituano i bambini a mettersi nei panni degli altri, non ingaggiano con loro degli inutili bracci di ferro e creano volutamente momenti/spazi di intimità domestica (la famosa e ipernominata “hygge”.
Tutte scelte condivisibili, intuitivamente corrette, e, oso dire, replicabilissime anche fuori dai confini danesi, grazie a una serie di consigli pratici che accompagnano ognuno dei 7 capisaldi. Ad esempio, la sezione PLAY contiene suggerimenti per trasformare il gioco in un momento educativo: uno che ho trovato interessante e controcorrente è “mettere insieme bambini di età diverse” cosa che solitamente a scuola non si fa ma che, effettivamente, induce i più grandi a uno sforzo di immedesimazione e i più piccoli a uscire dalla loro comfort zone. Nella sezione AUTHENTICITY, si esortano i genitori a non offrire ai piccoli un visione edulcorata della vita: meglio non preservarli dalle fiabe troppo tristi (io però questo l’avevo già capito) e non dare loro risposte insincere sulle emozioni. Altro suggerimento, non lodare sperticatamente ogni loro gesto: a tal fine ci sono proprio degli esempi di frasi incoraggianti volte a premiare il processo e non il risultato (concetto molto ben illustrato anche da Jesper Juul, mia recensione qui).
Di questi 7 capisaldi, quello che ho trovato più rivoluzionario e che sto cercando di fare mio è REFRAMING, che potremmo tradurre con riformulare (alcuni dicono “ristrutturare” ma io non sono d’accordo). Riformulare significa esprimere concetti, etichette, giudizi in un modo più soft e meno sintetico in modo da ridimensionarne la gravità. Sembra un po’ il gioco di Pollyanna, ma con meno esaltazione Yankee e più realismo scandinavo: è un meccanismo mentale e verbale che rimuove le informazioni negative non necessarie o su cui non si può agire e sorvola sui dettagli inutili. Ciò che conta non è solo “trovare il lato positivo” ma verbalizzarlo adeguatamente: secondo il Metodo Danese le parole sono importanti e possono rivoluzionare la trama della nostra vita.
Raccontare situazioni difficili in modo positivo, abolendo i vocaboli perentori e lapidari (DEVO, MAI, SEMPRE, DETESTO, COSÍ, SCHIFO) e facendo ricorso allo humour, dopo un po’ diventa un’abitudine consolidata per adulti e bambini.
Parlare? Usare lo humour? Eccomi qui. A voi i miei primi sforzi creativi.
ELIA PIÚ CRESCE E MENO DORME —> MIO FIGLIO VIVE UNA MOMENTANEA FASE DI SLEEPING REGRESSION IN CONCOMITANZA CON LO SVEZZAMENTO E L’INSERIMENTO AL NIDO CHE PERÓ FILANO LISCISSIMI
NON DORMO DA 8 MESI —> STO PROGRESSIVAMENTE APPRENDENDO A RIDURRE LE MIE ORE DI SONNO COSICCHÉ ME NE RESTANO DI PIÚ PER SCRIVERE IL ROMANZO DEL SECOLO
IL CINEMA MI MANCA UN SACCO —> HO L’OPPORTUNITÁ DI SFRUTTARE NETFLIX E SCOPRIRE PRODUZIONI INDIPENDENTI CHE IN SALA NON ARRIVEREBBERO MAI
*un anno prima che aprisse il corner in Rinascente: io me li sono fatti arrivare da lassù, ok?
**2 anni prima che ci andassero cani&porci
Gio
Febbraio 2, 2017 at 12:14 pm
Non so quanto i danesi vivano realmente meglio e siano più felici di noi (ho un’amica trasferitasi là che ha sempre freddo e sempre fame di cose buone ma che non accenna a ridiscendere quaggiù al caldo dove abbiamo tutti la pancia piena di leccornie, chissà come mai…), ma sicuramente il loro è un paese civile, attributo che non sempre è possibile affiancare al nome del nostro, ahimè.
Detto ciò, danesi a parte, che ti devo dire, scrivi in maniera favolosa, per cui non starai dormento da mesi e nonostante ciò non starai scrivendo il romanzo del secolo, ma il tuo blog è proprio interessante e divertente 🙂
gynepraio
Febbraio 5, 2017 at 9:11 pm
Ehi grazie!
PS io credo avrei problemi con la carenza di luce, in Scandinavia
Jessicat
Febbraio 2, 2017 at 1:46 pm
Non conoscevo l’applicazione del concetto di “hygge” all’educazione dei bambini ed è di certo un argomento interessante! In generale è un concetto che mi affascina molto e credo che dopo questo post andrò a dare un’occhiatina al libro da te citato!
gynepraio
Febbraio 5, 2017 at 9:10 pm
Buona lettura allora!
giulia torelli
Febbraio 2, 2017 at 4:59 pm
concordo con Gio e vorrei aggiungere che ho malamente sputato dal ridere le noci che stavo mangiando quando ho letto le tue frasi alla danese
gynepraio
Febbraio 5, 2017 at 9:12 pm
Reframing: “ho evitato di ingerire calorie superflue e riso sguaiatamente”
MaB
Febbraio 2, 2017 at 8:58 pm
Ciao, da quasimamma e da quasipsichiatra devo dire che il libro mi è piaciuto. In parole semplici riprende alcuni principi che si considerano fondamentali per crescere come “adulti sufficientemente sani” quali l’importanza della reverie materna (paterna o chicchessia) e della mentalizzazione. I limiti che hai evidenziato da una parte possono essere anche dei punti di forza rendendo facilmente accessibile a tutti il succo del discorso (…pratico anch’io la ristrutturazione positiva!)
gynepraio
Febbraio 5, 2017 at 9:20 pm
(va a cercare il significato di réverie materna, torna vittoriosa)
A proposito di linguaggio, se non l’hai mai fatto, leggi “Il bambino è competente” di Jesper Juul (danese pure lui) capirai la differenza tra un manuale scritto per gli americani e uno scritto per gli europei.Abissale.
virginiamanda
Febbraio 3, 2017 at 6:31 pm
Uhm, io non sono certa che tu voglia la mia opinione su questo tema, per cui sentiti libera di cancellare il commento, non ne avrò a male!
Io credo che il discorso “in cima alle classifiche dei posti più felici al mondo” valga per i Paesi Scandinavi (sì, mi dispiace, li metto nello stesso calderone) in funzione di alcune variabili: stipendi alti, welfare evidente, scarsa (per non dire nulla) propensione alla lamentela. Ad un nordico non verrà mai in mente di dire ad alta voce “il mio Paese fa schifo!”, anche se lo pensa. Sono abituati alla diplomazia e al non essere mai diretti. Il che è un bene (mai conflitti) e anche un male (immagina di dover prendere una decisione importante condivisa in una riunione di lavoro).
Detto questo, io credo che l’educazione dei più piccoli in Scandinavia abbia davvero una marcia in più (e se lo dico io che sono sempre stata stra-critica su tutta quella zolla tettonica…) e che anche a noi italiani farebbe bene imparare qualcosa. Le cose che mi sono rimaste più impresse e che mi piacerebbe replicare sono:
– il gioco all’aria aperta. Genitori assolutamente indifferenti al clima lasciano i bambini scorrazzare in mezzo alla neve/pioggia/ghiaccio/fango/sole. I bambini imparano a conoscere il mondo esterno, i propri limiti e a non aver paura di una nuvoletta e neanche di sporcarsi. (Spesso in Italia è tutto un “Non correre, non prendere freddo, non sporcarti, non toccare”).
– le attività domestiche insegnate fin dalla tenera età (preparare i biscotti, usare il forno, cambiare una lampadina, cucire un bottone). Ho sempre guardato con ammirazione a un popolo che sa far partire la lavatrice e sa prepararsi da mangiare il primo anno da fuori sede senza il tutorial materno.
Comunque, metodi scandinavi o no, sarai bravissima!
gynepraio
Febbraio 5, 2017 at 9:25 pm
Ma sei stata molto soft in questo commento, altrochè! L’idea che la diplomazia -intesa come “esprimersi in modo soft”- venga insegnata come abitudine a me piace un sacco.
Vale
Febbraio 7, 2017 at 10:00 am
Io mi aggiungo al grupppo dei “cani&porci” e sono volata a Copenhagen solo la settima scorsa per motivi di lavoro. Non ho avuto molto tempo per visitarla e soprattutto ho scansato la sirenetta e qualsiasi posto affacciato sul mare per evitare l’ibernazione durante i tre dei giorni più ventilati e al tempo stesso più nebbiosi dell’anno (credo). Sinceramente non ho sofferto la mancanza di luce (se solo non ci fosse stata la nebbia di cui sopra) nè l’agghiacciante rivelazione che della loro lingua non capivo una parola neanche a vederla scritta. OK arrivo al punto: quanto sono visibilmente e bellamente felici i Danesi?!?
Mi facevano venire voglia di sorridergli tutto il giorno e di invitarli ad una festa a casa mia. Sarà anche tutto un fake, ma preferisco essere circondata da sorrisi biondi anziche da musi lunghi e facce scontente. Non condivido il commento sul cibo: io ho mangiato benissimo (e carissimo) e tutto aveva una qualità altissima. Allo stesso prezzo a Ginevra mangio un kebab di terzo taglio… quindi non bisogna andare così in alto per rimpiangere le bontà nostrane.
Brava come sempre soprattutto per i due Danish boys..fortunella! Fortunata anche ora eh…per carità.
Ovviamente di bambini è meglio che io non parli… lo faccio per il loro bene.
gynepraio
Febbraio 12, 2017 at 3:58 pm
A Copenhagen io sono finita ad una sorta di festa di quartiere ed era bellissima, piena di famiglie, coppie, single, tutti intenti a mangiare e spostarsi senza spintonarsi!
Quanto all’alimentazione, anche a me piace abbastanza la cucina scandinava ma la trovo un po’ ripetitiva e molto cara. A Copenhagen infatti abbiamo mangiato molto frugalmente, diciamo.
Paola
Aprile 29, 2017 at 7:11 pm
Che bello stile di scrittura che hai! Molto divertente… 😉
gynepraio
Aprile 30, 2017 at 9:24 am
Ti ringrazio, spero vorrai leggere ancora!