Io, una volta, ero una persona felice cui non importava nulla né di voi né delle vostre agende. Una volta, delle vite degli altri io me ne fottevo. Invece, da qualche tempo, sono invidiosa.
Tutto è iniziato quando sono andata d’urgenza a recuperare Elia al nido: aveva la febbre, meglio portarlo a casa. Il piccolo ha lottato contro i suoi demoni a suon di paracetamolo e nel giro di 5 giorni era come nuovo. In compenso, ha attaccato a me e a suo padre l’influenza più appiccicosa, noiosa e mefitica del mondo. Ognuno di noi l’ha subita nel modo che gli è più somaticamente congeniale: Michele ha scelto la strada di vomitare, autocommiserandosi sul divano avvolto in un sudario di pile e sottoponendosi a dolorose punture di Plasil.
Io, invece, ho optato per un approccio negazionista e mi sono ridotta a una specie di bradipo intontito che però vuole mantenere una pretesa di normalità e quindi si ostina a uscire, lavorare, cucinare. A completare il quadretto, un bambino moccioso in piena fase esplorativa e con una certa propensione a infilarsi in bocca i paraspigoli in gomma che teoricamente dovrebbero proteggerlo dagli urti.
Da 10 giorni, ogni sera intorno alle 5 sento arrivare la febbre. La saluto affettuosamente, le canto “hello fever my old friend, I’ve come to talk with you again“. É una pesantezza cerebrale unita a un gran caldo, che mi provoca dolore ai bulbi oculari e mi fa venire voglia di stendermi a letto per 36 ore, ma siccome non posso eclissarmi -se no il bambino si soffoca coi paraspigoli, vi ricordo- la ignoro secondo la mia tecnica “aspettare che passi“. Il mio corpo, ormai estremamente risentito, mi ha comunicato il suo dissenso dapprima con intensi dolori alle ossa, poi con una sinusite acuta, infine facendomi spuntare sul labbro superiore due herpes grossi come chicchi d’uva Pizzutella delle Puglie.
Per 3 weekend consecutivi siamo stati malati (prima Elia, poi Michele, adesso io) e sono quindi 3 weekend che io non faccio niente: non esco, non comunico, non mangio un panino fuori, non vado a una mostra, non vedo nessuno che non siano Elia, Michele o i miei genitori. Oltretutto, nemmeno mi riposo: ogni qual volta faccio per stendermi un attimo e distrarmi, mi immagino protagonista di un caso di cronaca e istantaneamente mi scuoto dal mio torpore.
Ed è in quel momento che rimpiango di avere un account su tutti i social dell’universo mondo, perché così potrei ignorare le vite degli altri o quanto meno eviterei di sapere che:
- Anna e Marco sono andati a sciare e hanno beccato un giornata della Madonna
- Paolo e Francesca sono a Santo Domingo
- Laura e Nek hanno cenato in un ristorante stellato
- Domitilla si è comprata cose vintage bellissime
- Gaspare ha pubblicato il suo romanzo d’esordio
- Rosaria ha appena cambiato sesso e si trova bene
Provo quella sensazione tremenda di essere esclusa dalle conversazioni, dai luoghi che contano, incapace di godere della mia vita: mi sembra che i miei anni migliori siano saliti su un treno e stiano passandomi davanti facendomi ciao ciao con la mano da dietro al finestrino.
Eppure, ci vorrebbe così poco a stare meglio! Basterebbe raccogliere il coraggio a due mani, mettersi in testa un berretto di lana e invitare un’amica a fare una colazione tardiva, anzi, un brunch. Chi se ne frega se è tardi, su, le cose last minute improvvisate spesso sono le più belle! Ma sì, la vita è bella, la primavera è alle porte e per svoltare la giornata basta un nonnulla. Corro a prendere il telefono, adesso chiamo subito le mie amiche…quand’ecco, inaspettatamente arriva un messaggio.
E penso che sicuramente è la mia amica che m’invita a uscire, ancor prima che la chiami io. Che suono celestiale, quel trillo di Whatsapp: perché no, il mondo non si è dimenticato di me! Sono sempre quella di un tempo, solo meno presente e più febbricitante! La vita va avanti, e io con lei. Evviva il brunch, abbasso la malattia.
Invece no, è mia madre che mi ricorda che se sto di merda è sostanzialmente colpa mia.
12 Comments
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Fran
Febbraio 20, 2017 at 11:17 am
Anche io mi sento così, con la differenza che non ho ancora figli. Non va bene, sto male a stare così.
gynepraio
Febbraio 23, 2017 at 12:00 pm
Il pregio della mia situazione di primipara è che ho poco tempo per stare sui social, altrimenti rosicherei da qui all’eternità.
Gio
Febbraio 20, 2017 at 11:38 am
Questo virus terribile ha compito anche me, e prima di me le mie sorelle, il fidanzato di una di loro, e ora l’ho brillantemente passato al mio compagno.
Sono settimane che ci soffiamo il naso, tossiamo l’anima, misuriamo la febbre e non facciamo altro che passare da un cucchiaio di sciroppo a una bustina di fluidificante.
Passerà, ovvio, ma la domanda è: quando?!? 😛
gynepraio
Febbraio 23, 2017 at 12:01 pm
Apparentemente, i bambini fino a 3 anni sono una sorta di viluppo di orridi germi. Mi sto mettendo l’anima in pace.
Erica
Febbraio 20, 2017 at 11:59 am
I feel you! Anch’io tutta la settimana chiusa in casa con l’influenza. E quando cerco un’amica sono tutte a controllare che i figli non mangino i mobili. EHM. Per il resto sono costretta a passare la mia vita sui social perché “è lavoro”.
Che vita grama, eheh!
gynepraio
Febbraio 23, 2017 at 12:01 pm
Almeno i social mi dessero il pane, invece no, ci spendo il tempo e anche il denaro.
Antonia @azzetazeta
Febbraio 20, 2017 at 2:28 pm
Ringrazia i Social mia cara perché è proprio per le persone che li frequentano e che puoi frequentare anche ammalata e blindata in casa che la tua vita prosegue con un minimo di parvenza di normalità. Senza i Social ti sembrerebbe di essere rinchiusa in una catacomba. E fatti quegli aerosol diamine te l’avevo detto pure io su Snapchat altro che tua madre. I rompiballe ci sono anche sui Social. 🙂 (guarisci presto)
gynepraio
Febbraio 23, 2017 at 12:02 pm
Grazie Antonia, sono già due giorni che giro intorno all’aerosol. Sto prendendo confidenza col mezzo, diciamo così.
Icly
Febbraio 20, 2017 at 3:36 pm
Ciao, sono una torinese emigrata al nord, ti leggo sempre e ho una nana di pochi mesi piu’ grande di Elia… Ti assicuro che la sensazione di catacomba sparira’ presto! Poi tornera’… poi sparira’ di nuovo… Ma diventa sempre un po’ piu’ facile. Per i paraspigoli ho due soluzioni:
– attack super forte
– non metterli e sopravvivere a 3-4 infarti finche’ il pargolo impara da solo a evitare il pericolo
Noi abbiamo attuato un mix delle due… la nana e’ sopravvissuta 🙂
gynepraio
Febbraio 23, 2017 at 12:04 pm
Niente attack per noi, perché se rovino a vita la libreria Rexite probabilmente io ed Elia saremo venduti al circo.
Luk
Febbraio 22, 2017 at 3:49 pm
Ciao, esperienza di bi-Papà: finchè l’ultimo pargolo non avrà raggiunto i 6 anni (o la prima elementare) sarà un circolo batterico/virusoso autoalimentante per tutto il nucleo abitativo familiare. Superata questa tappa si torna alla vita (ho pure smesso di fare il vaccino antiinfluenzale).
Dopo i 6 anni lo sport meglio ancora se all’aria aperta fa miracoli, almeno questa è la mia esperienza.
Per gli spigoli consiglio di lasciare che il piccolo sperimenti una piccola, vigilata e poco cruenta esperienza con una suppellettile di casa, vale molto di più di paraspigoli e raccomandazioni orali. 😉
Buona Fortuna !
gynepraio
Febbraio 23, 2017 at 12:05 pm
Infatti adesso sono del partito pro-craniate istruttive. Grazie mille!