Premetto che non ho voglia di infilarmi in un discorso periglioso ma soltanto di tirare le fila su un argomento di natura etico-salutistica sul quale mi sono interrogata molto negli ultimi anni: quello del vegetarianesimo.
Il mio approccio al mondo dell’alimentazione meat-free è iniziato una decina di anni fa perché ho avuto la fortuna, per oltre 5 anni, di lavorare nel marketing di un’importante azienda italiana del biologico dove ho curato il lancio di moltissimi prodotti destinati a un target di vegetariani e vegani. Non per menarmela, ma io conoscevo bene quel mondo before it was cool. Ho lanciato -a volte con successo- piatti pronti a base di tofu e seitan, pasta proteica, linee di cereali e zuppe, biscotti senza latte né uova. Com’è possibile che in quell’ambiente, sovraesposta a un gran numero di informazioni tecnico-scientifiche e posta nelle condizioni di scegliere il meglio, io non sia diventata vegetariana? Penso che sia sostanzialmente una questione di gusti: a me la carne piace sconsideratamente. Sono cresciuta in Piemonte: qui la carne si mangia preferibilmente cruda. Mi vuoi vedere felice come un maialino nel fango? Semplice, m’inviti a una grigliata e mi fai un tagliata di Fassona. É il mio compleanno e vuoi prendermi un gioiello? Vai sul sicuro con una collana di salsicce di Bra.

Una testimonianza del mio amore
RIDURRE IL CONSUMO DI CARNE: LE MIE RAGIONI
Dal punto di vista etico, la questione che ha maggiore appeal su di me non è quella animalista: a me dispiace molto per gli esseri viventi maltrattati e non ammazzo nemmeno le zanzare, dopodiché non riesco a provare autentico senso di colpa per un animale macellato per fornirmi il cibo. Forse ci riuscirei se visitassi un allevamento intensivo, ma non mi è mai capitato e c’ho già abbastanza materiale da lettino d’analisi senza bisogno di autoprocurarmi un altro trauma.
Idem la questione salutistica: anche nella mia fase di massimo carnivorismo non ho mai mangiato carne due volte al giorno, comunque non rossa e tendenzialmente non grassa. In altre parole, ho gli esami del sangue di un bambino di 5 anni per cui mi riesce difficile decidermi a diventare vegetariana per motivi di salute.
L’unico punto a favore del vegetarianesimo che io trovo davvero convincente, unito agli innegabili benefici sul sistema cardiocircolatorio, è quello sulla sostenibilità ambientale: sul medio-lungo periodo l’industria dell’allevamento e dei mangimi produrrà tanti e tali danni a livello ambientale che non sarà più possibile per noi occidentali mangiare carne con la frequenza con cui lo facciamo ora, e preservare contemporaneamente le pianure e foreste. Bisogna ridurre il consumo di carne subito, e tutti.
RIDURRE IL CONSUMO DI CARNE: COME HO FATTO IO
Ho ridotto la carne come ho smesso di fumare: per gradi, mettendoci anni. In questo mi ha aiutata il fatto di non essere capace di cucinarla: ho deciso di comprare solo il pollo e di tenere per cene o occasioni speciali le altre carni. Siccome mangio molto più a casa che fuori, finisco col non consumare carne rossa anche per 2 settimane di seguito. Amo i salumi, ma compro solo quelli magri e li mangio di rado. Sono abbastanza convinta di risparmiare, ma confesso di non aver mai fatto seriamente i conti quindi mi riservo di approfondire.
Non mangio praticamente mai i cibi per vegetariani come tofu, seitan e tempeh perché non mi piacciono: o meglio, mi piacciono in modiche quantità mischiati ad altri ingredienti (mangio volentieri, ad esempio, del riso saltato con tofu affumicato e cavolo rosso) ma non come protagonisti di un piatto (rinuncio altrettanto volentieri a un arrosto di seitan).
Oltre a consumare tantissima verdura, a proposito della quale credo di avervi ammorbato oltremisura con la storia della vaporiera, ho introdotto alcuni alimenti proteici e vagamente alternativi che vi riporto qui:
- bulgur di soia (raccontato qui)
- mix di cereali e legumi (raccontati qui)
- pasta di legumi (raccontata qui).
Vi segnalo che i discount sono una insospettabile fonte di questi prodotti: ad esempio un’ottima pasta di legumi, come segnalatomi da Alice, si trova all’MD a prezzi ridicoli. Idem per il bulgur di soia, i mix di cereali&legumi, il latte vegetale alla vaniglia.
Se per caso vi chiedete come sia possibile mangiare carne e pesce solo 1 volta alla settimana, ecco lo schema: dei 7 pasti proteici da colmare, ne risolvo 2 con i legumi, 1 con le uova, 1 col formaggio, 1 col pesce e 1 con la carne. Il settimo pasto è la cena della domenica, dove consumo yogurt e frutta per pentirmi del pranzo troppo abbondante. Onestamente non mi sembra un regime insostenibile, no?
RIDURRE IL CONSUMO DI CARNE: ANDARE FUORI A CENA
Un punto dolente è quello della ristorazione. Proprio perché volevo capire meglio come funzionano i ristoranti veggie, sono stata in diversi posti, che vi riporto sotto. Il mio parere complessivo sulle esperienze, tutte molto diverse ma non importa, è positivo: a me un pasto anche privo di carne o ingredienti animali, se ben cucinato e piacevolmente presentato, piace e sazia. Dal punto di vista emotivo, però, trovo sempre deludente che i piatti nobili della cucina vegan, veggie o crudista debbano essere uno scimmiottamento di quelli tradizionali al confronto dei quali, per ovvie ragioni, fanno una figura barbina. Parlo di abomini come la carbonara o l’amatriciana vegetariane, il brasato di seitan al Barolo, lo spalmabile di tofu e cose simili.
Esistono tantissimi piatti della tradizione mediterranea che sono naturalmente vegetariani e che -se cucinati come Dio comanda- sono buonissimi senza bisogno di fare incroci incestuosi: la ratatouille, la peperonata, tantissime torte salate, potenzialmente infiniti risotti/pastasciutte/zuppe/insalate. Non vedo il bisogno di creare mostri e mi chiedo se lo chef che prepara la tagliata di tempeh sia effettivamente in grado di fare una buona pasta&fagioli.
Vi segnalo questi ristoranti in cui sono stata recentemente e nei quali credo non tornerò, ad eccezione dell’ultimo.
Flower burger. É una catena, quindi penso ci sia in diverse città. Il cecio burger era buono, ma da onnivora illuminata mi concedo l’hamburger ogni 2 mesi e in quell’occasione vorrei che fosse di carne. Penso tuttavia che se l’avessi mangiato lì anziché farmelo consegnare a casa da Deliveroo sarebbe stato più caldo e quindi migliore.
Soul kitchen. Noto per essere uno dei ristoranti vegan e raw migliori di Torino (consigliatomi caldamente dalla mia amica crudista), è stato all’altezza delle aspettative: era tutto piacevole e ben presentato. Dopodiché, visto che sono una ragazza semplice e solare cresciuta in periferia, avrei preferito meno ricercatezza e più gusto. Una bella zuppa, ad esempio.
L’orto (già salsamentario). Bella posizione, ha però degli spazi un po’ angusti per noi che avevamo il passeggino. Complessivamente buono, ma con la sensazione di try too hard che ho trovato anche da Soul Kitchen. Recentemente protagonista di una puntata di “4 ristoranti” con Alessandro Borghese.
Ratatouille. Più bistrot che ristorante, ci sono stata a pranzo e per 10 euro ho preso un piatto tris vegan molto buono, completo e saziante. Mi ha dato quella sensazione di genuinità che io associo alla verdura, ai legumi, ai cereali. All’interno è presente anche una pasticceria vegan ma io sono fan del burro e non me la sono ancora sentita di testarla.