Discovery Channel dicembre 2017: documentari edition
L’idea di un Discovery Channel Dicembre 2017 dedicato interamente ai documentari nasce da una constatazione oggettiva: non ho altre scoperte più belle. Non è stato un mese eccitante, né particolarmente felice, né ricco di illuminazioni. Avevo già recensito questi 3 documentari su IG stories ma quello strumento maledetto del demonio ha mischiato tutte i video creando un mostro di parole privo di senso anche per me che le ho concepite. Vale la pena di riparlarne: almeno qui su WordPress la longa manus di Zuckerberg non arriva.
Discovery Channel dicembre 2017: documentario “five foot two” su lady gaga
Io non sono mai stata una fan di Stefani Joanne Angelina Germanotta aka Lady Gaga. Non sono mai stata ai suoi concerti, non ho mai ascoltato un suo album per intero e ho sempre solo pensato che fosse un interessante fenomeno di costume. Il documentario Netflix sulla sua carriera e sulle evoluzioni più recenti ha secondo me messo in luce alcuni suoi lati che ignoravo e che hanno contribuito a farmela amare. Prima di tutto il perfezionismo con cui affronta il suo ruolo da performer: c’è una bellissima scena in cui spiega ai suoi costumisti perché ha assolutamente bisogno che i body che indossa le calzino a pennello. Si tratta di una spiegazione che rivela, molto semplicemente, perché lei è diventata Lady Gaga e noi invece no. In secondo luogo, c’è la malattia, sua e della sua zia Joanne, un rumore di fondo all’intero documentario che però non “blocca” la protagonista dal fare il suo lavoro. Il documentario è ricco di performance acustiche o esecuzioni in studio, dalle quali si evince che Lady Gaga sa suonare e sa cantare.
Lady Gaga si mostra senza trucco, vestita in borghese. I suoi discorsi sull’empowerment, sulla normalità, sul valore della persona indipendentemente dal successo sono estremamente credibili. Sono credibili perché -a differenza di alcune donne dello starsystem che alcuni giornalisti hanno il coraggio di definire nomali- Lady Gaga è veramente un tipo normale: forse il suo stile di vita non lo è, ma dal punto di vista estetico sì! Non è brutta, né bella. Non è né altissima, né magrissima. Ha un naso importante, ma dei begli occhi. Ha le spalle un po’ spioventi, ma un bel seno. Insomma, un discorso sulla normalità da Lady Gaga io li accetto e li accolgo. Ultimo ma non meno importante, c’è Mark Ronson al top della sua bellezza
Su Netflix.
Discovery Channel dicembre 2017: documentario “the center will not hold” su joan didion
Joan Didion è una scrittrice e giornalista statunitense che credo in Europa non abbia ancora ottenuto la fama che merita. Partita come giornalista su riviste femminili (dove però scriveva di costume, perché a quanto pare si poteva fare), approda poi nel mondo delle inchieste e concentra gran parte dei suo sforzi analitico-investigativi sulle comunità hippy californiane degli anni ’70 e sul disgregamento della società occidentale americana in generale. Era vicina di casa di Sharon Tate e vide le ambulanze accorrere alla sua villa subito dopo l’omicidio ad opera dei seguaci di Charles Manson. Ha conosciuto personalmente di rock star come Jim Morrison. La sua casa era abitualmente frequentata da registi, autori, scrittori, sceneggiatori.
Tuttavia, a questa vita straordinariamente eccezionale fa da contrappeso una vita privata di una semplicità quasi ottocentesca: Joan Didion ha avuto un solo marito, John Gregory Dunne, anch’egli scrittore e sceneggiatore, con il quale visse una relazione simbiotica e priva di qualsiasi rivalità, durata fino alla morte di quest’ultimo, avvenuta in condizioni inaspettate per un attacco di cuore e rapidamente seguita, nel suo triste destino, dalla loro unica figlia. Ho letto poco più di un anno fa “L’anno del pensiero magico”, che racconta proprio il dolore vissuto e in parte metabolizzato nel primo anno di vedovanza.
Il documentario mostra una vecchietta stanca ma lucida, che muove ancora le mani come se stesse fumando una sigaretta appoggiata a una divano della sua casa californiana: ve lo consiglio perché, se siete scoraggiati nei confronti dell’America, è una delle poche voci che vi farà recuperare fiducia.
Bonus track: leggere questo post di Erica. Mille punti fragola a chi sa cos’è un “leotard” senza cercare su Wordreference.
Su Netflix
Discovery Channel dicembre 2017: documentario “the secret”
Qui rotoliamo rapidamente nel trash. Allora, c’è questa signora australiana pazzariella e secondo me pure un po’ drogatina che si chiama Rhonda Byrne che intorno al 2010 ha prodotto, in so quale sequenza, un libro e un documentario intitolato “The Secret”. Sarò sintetica e vi dirò che parla della legge d’attrazione, cioè di quel procedimento in tre fasi (chiedi-credi-ricevi) che consente sostanzialmente di ottenere qualsiasi cosa. La nostra mente è una sorta di magnete che attira ciò che desidera, quindi il pensiero è in grado di forgiare la realtà e di attrarre beni materiali, accadimenti, persone, opportunità. Tra i grandi sostenitori della legge d’attrazione, ci sono -hello, che combinazione!- manager, milionari e persone di straordinario successo. Insomma, detto così sembra una cacata pazzesca.
Perché va visto, allora? Per 2 motivi, principalmente. Il primo è che è un classico documentario di educazione-evangelizzazione, ispirato a un saggio che a suo modo ha fatto storia. Non vi consiglio di leggerlo, ma il documentario, mentre stirate oppure vi stirate sul divano, ha un suo perché. Il secondo motivo è l’attenzione che viene riservata alla gratitudine, che secondo l’autrice è il solo sentimento che riesce a estrarci dalla spirale di negatività che tiene lontani gli eventi positivi. Io non credo di riuscire nel breve a trasformarmi in un magnete di allegria e buonumore con la sola forza della volontà: penso tuttavia di poter uscire dal loop della lamentela fine a se stessa attraverso la pratica della gratitudine. Ci avevo già provato qui, ma dopo circa 6 mesi ho mollato. Confesso di non aver visto dei reali benefici dalla pratica, e ammetto anche di essermi concentrata nell’elencare motivi di gratitudine di natura materiale anziché spirituale o affettiva. Insomma, fino al 31-12 mi lamento ancora, poi dal 1 gennaio la pianto e scrivo 2 ragioni al giorno per essere felice. Prometto solennemente di non divulgarle su Instagram, non sono mica Pollyanna io.
Su Netflix