
Com’è che non riesci più a volare
È una settimana che mio padre non c’è più. 15 mesi è durata la sua malattia, un linfoma che di tutti i tumori è il meno clamoroso, il più schivo, il più difficile da scovare ma terribilmente impietoso. Mi è capitato di pensare che la sua malattia, in qualche modo, gli somigliasse. Era un tipo silenzioso, non istrionico ma dotato di una personalità pervasiva. Si sentiva che c’era anche se stava zitto, insomma.
Due mesi è durato il suo ricovero, tanto -o tanto poco- è durato il suo percorso di esaurimento della vita o di avvicinamento alla fine. L’unico lato positivo di questo bimestre in discesa, di questa fine annunciata è l’avermi preparata. Rispetto ad una scomparsa improvvisa, si ha il tempo di catalogare ricordi, mettere da parte alcune storie belle, accantonare le questioni da risolvere e attendere, semplicemente. In questi momenti si capisce se sei della squadra di quelli che sublimano il passato, o di quelli che lo tragificano. Io appartengo al secondo team: pensare che il passato faccia schifo è il mio piccolo sciocco personale metodo per autoconvincermi che il futuro sarà migliore.
Una morte imprevista non impone questo percorso progressivo, preserva i ricordi intatti. Si rimane belli come Rosa Del Valle nella Casa degli Spiriti. Si rimane simpatici, teneri, affettuosi, generosi, se così si è stati in vita. La malattia invece trasforma e trasfigura, lascia essere ma non lascia fare. Privati della possibilità di agire, spogliati del vestito che ci rendeva socialmente accettabili -lavorare, viaggiare, produrre- rimaniamo inerti, in compagnia della nostra natura più autentica. Che, all’avvicinarsi della fine, si arricchisce di risvolti mai visti prima, come la paura o il pentimento. Io non avevo mai associato i verbi temere o rimpiangere a mio padre. Neppure piangere, e invece.
Di questi mesi ricordo molti viaggi in auto, la spola ufficio-ospedale, ospedale-casa. Durante questi tragitti ho parlato da sola per la maggior parte del tempo, processando un po’ tutti, arringando le folle, rivangando il passato, pronunciando le invettive che mi erano rimaste in gola per via del mio stupido esprit de l’escalier. L’utilità di questi miei discorsi era scaricarmi per arrivare meno arrabbiata in quella stanza d’ospedale, dove comunque mi sarei arrabbiata di nuovo. Ma non potevo arrabbiarmi con lui, non nel momento in cui doveva affrontare la sua fine, non nel momento in cui il mio dovere era farlo sorridere e lasciargli intendere che la situazione era sotto controllo. Meglio arrabbiarmi preventivamente in auto.
Sapete chi avrei voluto davvero prendere a testate? Le allegrone, le contentone, le felicione. Le profetesse del se tu vuoi puoi, del prendi la tua vita per le corna e fanne ciò che desideri, del tuo obiettivo è a portata di mano. Le Pollyanne del web, con le loro maniche rimboccate e il sorriso sempre in faccia. Perché vedete, tutte quelle storielle sul futuro da forgiare e i progetti da realizzare smettono improvvisamente di essere credibili -ammesso che siano mai state vere- quando perdi serenità, quando il tuo sguardo sul futuro si appanna e l’agenda diventa carta da culo a quadretti. Però si scordano di dirtelo, le fatine dell’ottimismo, che il benessere di chi ti circonda è importante quanto il tuo, e che il dolore di chi si ama è quasi più ingestibile del proprio.
Di questo percorso mi resta addosso -oltre all’odio per certe strade, semafori, rotonde, odori- una stupita e stupida gratitudine per chi ci ha donato professionalità, presenza, affetto, telefonate. Il piacere di scoprire che mentre le mie giornate scorrevano lente e brutte, il mio bambino imparava chissà come a dire pane, succo, pera, latte, a scendere tre rampe di scale senza ruzzolare, a fare il verso del somaro.
Un’incredibile voglia di fare, muovermi, menare le mani. Camminare, scrivere, telefonare, con i secchi di vernice colorare tutti i muri, case vicoli e palazzi, adesso, subito, perché va a sapere domani cosa succede.
Mi è persino tornata la voglia di mettermi ai fornelli, e l’altra sera ho preparato i tacos dopo mesi in cui non cucinavo e se cucinavo bruciavo e se bruciavo bestemmiavo. A mio papà sarebbero sicuramente piaciuti.
alemarcotti
Aprile 12, 2018 at 8:30 am
Buoni i tacos
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:19 am
Erano deliziosi, davvero!
Valentina
Aprile 12, 2018 at 9:05 am
Ciao Valeria, sarà un’ora che penso che voglio scriverti ma non so esattamente cosa. Quindi perdonami se procedo un po’ a casaccio. Intanto ti abbraccio, perché in questa fase gli abbracci e l’empatia non sono mai troppi. Domani sono esattamente 19 anni che mio padre non c’è più. Io ne ho 35. Più di metà della mia vita io l’ho trascorsa senza mio padre. Però mi sento di dirti che la storia del “se vuoi, puoi” non è proprio una cazzata 🙂 Io ci lavoro da un anno su questo e alle volte ancora mi stupisco di come si possa essere sereni, a tratti anche felici, nonostante il dolore. Datti tempo e nel frattempo insulta pure chi vuoi e reagisci come meglio credi: adesso tutto è consentito.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:19 am
Sono passate due settimane e sono già meno arrabbiata. Felice, insomma. Un abbraccio
Giulia
Aprile 12, 2018 at 10:33 am
Mi sono venute le lacrime . Da medico ho visto tante troppe persone spogliate di tutto . Da donna il dolore è sempre qualcosa che ti spiazza. È condivido tutto quello che hai detto . Ti abbraccio Valeria , non ti conosco ma ti seguo quotidianamente da due anni e quindi un po’ è come se.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:17 am
Grazie Giulia, non oso immaginare quante storie come la mia dobbiate vedere voi medici.
Cristina
Aprile 12, 2018 at 10:39 am
Cosa scrivere dopo un post così bello e straziante? Niente… Ti abbraccio
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:17 am
Ti abbraccio anche io!
Silvia
Aprile 12, 2018 at 10:43 am
Ciao Valeria, ti mando un enorme abbraccio prima di tutto. Il dolore deve essere incredibile, io ho provato un assaggio perché mio padre stava per morire all’improvviso ma poi si è ripreso. Adesso devi piano piano elaborare il tuo dolore ed è normale che tu provi tutte quelle emozioni che sono venute fuori dal post. Sono una life coach, e non mi piace il modello americano , yes you can, però ti posso assicurare che l’attitudine è tutto nella vita e si può ottenere grandi cose.
Ti mando di nuovo un grosso abbraccio
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:16 am
Grazie a te, ricambio il tuo abbraccio
Pallupalù
Aprile 12, 2018 at 11:16 am
non inizierò con “ti mando un abbraccio”, perché quando capitò a me – nel 2011, a 24 anni – avevo solo voglia di stare da sola, in silenzio, lontana dal contatto umano. Ero ubriaca di pensieri, di emozioni, di ricordi e storie che ogni suo amico e amica mi lasciava sulla porta di casa: entravano in lacrime e uscivano con un sorriso. Forse dovrei iniziare così: ti mando un sorriso stropicciato. Dalla scoperta al giorno della sua morte sono trascorsi 46 giorni, dal primo dicembre al 15 gennaio. Nell’averlo potuto salutare mi sono sentita fortunata, privilegiata, pensa te!
Anche lui aveva un male che gli somigliava, grosso come era grosso lui, che me lo ha reso piccolo come un ragazzino che arriva a casa sudato come un pollo da una corsa con gli amici.
La mia canzone per lui, invece, è stata “il suonatore jones”
Ho imparato a viverlo nell’assenza: quanto gli piacevano le pere, il crodino, assaggiare nel piatto degli altri, la musica, buscaglione, quanto odiava le coste e la ricotta.
Mi riconosco in queste emozioni e nelle tue parole.
Se mi vedesse, adesso, in lacrime con il sorriso stropicciato, mi direbbe “piantala lì che ti do un pugno sulla testa”.
Sono sicura che anche voi avete avuto il vostro “pugno sulla testa”
😉
grazie 🙂
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:15 am
Grazie a te, anche mio papà odiava le coste e le verdure verdi in generale tranne le cime di rapa con molto aglio e l’acciuga. Ecco, adesso mi viene da piangere…
Sabrina g.
Aprile 12, 2018 at 11:30 am
Mio zio é morto 12 anni fa, di un tumore che ha cercato di combattere per quasi un anno. Per noi era importante la sua presenza, essendo scapolo infatti passava da noi quasi tutti i pranzi domenicali. Le feste e o compleanni. Ricordo che mi prefissai di sembrare non disperata davanti ai suoi occhi e a quello dei muei familiari. Gli chiedevo pareri sulla politica, anche se lui non sarebbe andato a votare. Sono sollevata dall’aver fatto del mio meglio in quei mesi ma non so se sia meglio andarsene piano piano, o salutare tutto all’improvviso. Ti abbraccio, e concordo comunque sulla questione felicione del web.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:14 am
Mio padre è riuscito a votare in ospedale il 4 marzo, mi dispiace che abbia dovuto vedere quello che ha visto! Un abbraccio
Cristina
Aprile 12, 2018 at 12:04 pm
Sei sempre perfetta. ❤️
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:12 am
Addirittura? Grazie
Angelica
Aprile 12, 2018 at 12:07 pm
Buongiorno Valeria, quanti ricordi leggendo il tuo post questa mattina.
Ed è da allora che rimugino se e cosa scrivere.
Per quello che mi riguarda la malattia è stato un grandissimo dono, se non ci fosse stata il mio rancore sarebbe rimasto cristallizzato lì, fermo, immobile, finché morte non ci separi.
Al contrario quei pochi mesi sono stati “bellissimi” mi è stato concesso il perdonare, l’affetto, il bene.
È stato un percorso di avvicinamento totale nel lasciarsi.
Grazie per avermi fatta riflettere e sorridere amaramente in questo piovoso giovedì.
Ti sono vicina
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:12 am
Ciao Angelica, la parte del perdonare e liberarsi da certi rancori vecchi per me purtroppo non si è ancora conclusa, e credo che avrò bisogno di aiuto per portarla a termine.
Ma negli ultimi giorni di mio padre sento di avere fatto molti passi avanti. Un abbraccio
Chiara
Aprile 12, 2018 at 1:18 pm
Mi è successa la stessa cosa con mia nonna. Si è ammalata e l’abbiamo scoperto a giugno, nei mesi è gradualmente peggiorata ed è mancata un paio di settimane fa. In questi mesi ci siamo viste spesso e ci siamo divertite tanto insieme. Sono stati mesi brutti in cui ad ogni telefonata ad orari insoliti pensavo che fosse giunto il momento, ma ringrazio di averli avuti, perché mi hanno dato modo di salutarla e, in qualche modo, prepararmi.
Un abbraccio 🙂
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:10 am
Un abbraccio anche a te!
antonsesfemmina
Aprile 12, 2018 at 2:53 pm
La mattina del 6 febbraio se ne è andato mio fratello. La persona migliore che conoscessi, la mia persona preferita. Non lo dico per retorica mortuaria, lo dico perchè è così, Carlo era stratosferico.
Aveva 26 anni, era alto due metri, se l’è mangiato vivo un tumore di merda poco più grande del suo mignolo, che si era insediato nel suo midollo spinale. Due anni, l’ha combattuto, ne abbiamo avuto di tempo per prepararci, ma a me non è bastato credo.
Capisco così bene quello che stai passando. Il dolore degli altri (i nostri genitori, mio marito, gli amici nostri e suoi, le famiglie) mi risulta ancora più impossibile e inaccettabile del mio, che pure è accecante e mi leva il fiato. Perchè cazzo ti ho scritto ste cose davvero non lo so. Per quello che serve detto da una sconosciuta, ti sono vicina. Tanto. La vita fa schifo ma in qualche modo andrà un po’ meglio, spero: Elia è bellissimo e può più di quanto ti aspetti da un involtino di ciccette sotto il metro d’altezza.
Ti abbraccio.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:10 am
Una mia amica mi ha detto che i lutti famigliari si elaborano, mediamente, in 2 anni. Te lo dico perché è giusto sapere che cosa ci attende. Vado ad farmi confortare dal mio rotondetto, nell’attesa.
Un abbraccio anche a te
Antonia
Aprile 12, 2018 at 3:29 pm
Ci sono passata due anni fa con mio padre. Stesso percorso diverso tumore ma il risultato non cambia.
Non posso dirti nulla per consolarti, non posso dirti nulla che tu non scoprirai da sola con il tempo a volte con stupore.
Posso solo dirti una cosa: alcune persone “positive” ad ogni costo del web indossano spesso solo una maschera.
Per me è così, mi pongo sempre con il sorriso anche se non ho voglia di sorridere e i sorrisi che dispenso agli altri per non far pesare i miei problemi, li dispenso anche sui Social.
È per tenere a bada la paura,
Ti abbraccio forte, ♥️
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:06 am
Ma tu Antonia sei super partes, non c’è niente di artificioso nella tua positività. Sai bene che è un altro il genere di ottimismo che mi fa venire l’orticaria…Un abbraccio anche a te
Antonia
Aprile 12, 2018 at 3:30 pm
Ci sono passata due anni fa con mio padre. Stesso percorso diverso tumore ma il risultato non cambia.
Non posso dirti nulla per consolarti, non posso dirti nulla che tu non scoprirai da sola con il tempo a volte con stupore.
Posso solo dirti una cosa: alcune persone “positive” ad ogni costo del web indossano spesso solo una maschera.
Per me è così, mi pongo sempre con il sorriso anche se non ho voglia di sorridere e i sorrisi che dispenso agli altri per non far pesare i miei problemi, li dispenso anche sui Social.
È per tenere a bada la paura,
Ti abbraccio forte, ♥️
Deborah
Aprile 12, 2018 at 5:35 pm
Solo un grande e fortissimo abbraccio.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:05 am
Ricambio un sacco!
incorporella
Aprile 12, 2018 at 6:36 pm
E niente. La malattia fa schifo.La morte fa schifo. Facciamo quello che possiamo per tenerci stretta la bellezza e tutto l’amore possibile. Abbracci grandi, Vale, e vediamoci ASAP per chiacchiere, spritz, carboidrati, varie ed eventuali.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:05 am
Certo, anche perché ho un progetto di cui devo parlarti per cui prima ti ubriaco e poi ti estorco opinioni in libertà!
giulia
Aprile 13, 2018 at 1:01 pm
tatona, mi fai piangere in ufficio 🙁
tanti baci
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:04 am
Baci anche a te, puoi capire perfettamente
Saretta
Aprile 13, 2018 at 1:20 pm
Tesoro mio, mi ritrovo tanto nelle tue parole e rivivo questi sentimenti ancora oggi, nonostante siano passati quasi 4 anni e vorrei tanto farti sentir meglio con una frase ad effetto ma so per esperienza che non ci abitua mai a certe perdite.. Ho tanta voglia di vederti e di sorridere su ciò che di bello ci ha donato la vita invece, i nostri piccoletti, che in qualche modo ci aiutano con le loro faccette buffe ed il loro amore incondizionato, tanti tanti baci e…”Call me baby!!!”
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:03 am
Sabato con la Caramella stavamo valutando una trasferta in val di Susa! Quindi tieniti pronta a una invasione.
Saretta
Aprile 17, 2018 at 3:46 pm
Siete sempre le benvenute, perciò.. Vi aspettiamo
Alda
Aprile 13, 2018 at 3:21 pm
Ciao Valeria la positività a tutti i costi ci ha proprio stancato , la vita spesso e volentieri è pelle chiusa in una cerniera e certo tiriamo avanti e certo poi viene anche il bello per fortuna. Il mio di papà ne aveva 53 di anni e la voglia di vivere di un ventenne ma … come diceva a volte lui: non si possono dare pugni in cielo. Ti abbraccio cara .
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:04 am
Me la segno sul diario segreto, questa massima dei pugni!
M. E.
Aprile 13, 2018 at 5:35 pm
Cara Valeria, una piccola cosa che mi ha dato conforto dopo la morte del mio babbo amatissimo è stata il libro Livelli di vita di Julian Barnes (secondo The Independent: «Chiunque abbia amato e sofferto il dolore di una perdita, o piú semplicemente amato e sofferto, dovrebbe leggere questo libro e poi rileggerlo. E poi leggerlo ancora»). La condivido con te, con un abbraccio.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:02 am
A breve devo fare acquisti su Amazon, l’ho messo in lista! Grazie per il consiglio
Vero
Aprile 13, 2018 at 7:49 pm
fa male . Fa schifo. Ma in qualche modo la consapevolezza del dolore, sentirlo così forte e presente, che ti spezza in due, ti fa sentire ancora più viva.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:02 am
Spero riusciremo a recuperare tutti vitalità ed energia, una volta che sarà passata.
Giulia
Aprile 14, 2018 at 11:34 am
Ti abbraccio.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:01 am
Come non ricambiare?
Simona
Aprile 14, 2018 at 5:32 pm
Il mio papà l ho perso quando avevo 19 anni…Era la prima esperienza con la morte e mi ha segnato tutta la vita prima con rabbia poi con paura e timore nel futuro. Piangevo forte perché avevo il timore che lo avrei dimenticato dopo 15 anni invece so con certezza che sarà sempre dentro di me con tutta la sua sofferenza.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 10:00 am
Come potremmo mai dimenticarlo? Impossibile.
Gi
Aprile 14, 2018 at 10:18 pm
Cara Valeria, ti ho scoperta quest’estate e ne sono felice. Come ti dico sempre, sei la nostra guru del mondo mamma-bambino, ma non solo. Queste tue parole sono così semplici, così asciutte, così vere. Hai scritto che “il dolore di chi si ama e’ quasi più ingestibile del proprio”. Nella mia piccola esperienza (sono anche un medico) ho imparato che è proprio così. Spesso ho pensato che se dovesse succedermi qualcosa mi dispiacerebbe soprattutto per le persone che lascerei qui. La mia mamma, il mio compagno, mio figlio, mia sorella. Ho imparato anche che il lieto fine spesso non esiste, che la sofferenza di certe storie è straziante. Ma ho anche imparato che la vita torna prepotente su tutto, nonostante tutto. Questo è quello che ti sta già succedendo. Un abbraccio grande a te, che hai il dono e trovi il tempo di scrivere così
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 9:59 am
Io davvero penso che la salvezza di noi tutti, in questo momento in cui vedevamo la vita andarsene via, era avere un bambino in piena fase di crescita. Avere il futuro in casa, diciamo
Anna (Tillipulli)
Aprile 29, 2018 at 4:33 pm
Quant’è vero! Quand’ero incinta della mia bimba è mancata la mia (ultima) amatissima nonna, a due mesi dal parto. Ha sofferto, era da un mese in ospedale per rottura del femore ma sembrava si riprendesse. In certi momenti il dolore era insopportabile ma mi sentivo sempre protetta, i miei sentimenti erano quasi edulcorati dal fatto che in me c’era una vita, che già mia nonna aveva amato, e che quel piccolo futuro mi avrebbe dato forza per superare qualunque ostacolo.
Ora sono passati quasi due anni e mezzo, non so se ho digerito del tutto il lutto, ma la ricordo con infinita dolcezza.
gynepraio
Aprile 30, 2018 at 8:52 am
Spero di arrivare anche io a quel punto, prima possibile
Nina
Aprile 15, 2018 at 12:35 pm
Grazie per aver condiviso tutto questo con noi.
gynepraio
Aprile 17, 2018 at 9:58 am
Grazie a te per avere letto!
Federica
Aprile 17, 2018 at 3:43 pm
Grazie per questo post, è di una bellezza straziante. Un abbraccio
gynepraio
Aprile 20, 2018 at 9:30 am
Grazie Federica
virginiamanda
Aprile 18, 2018 at 6:05 pm
Non so cosa dirti, perché ho vissuto qualcosa di molto simile negli ultimi mesi (con l’aggravante di essere ad una inutile ed incolmabile distanza geografica). Non ci sono parole per descrivere la sensazione di perdita irreparabile ed inevitabile. E neanche la rabbia può fare molto.
Non ti dico di incanalarla (ne uscirebbero comunque cose che non vorresti più vedere) ma di iscriverti a un corso di kick-boxing e/o di scarabocchiare furiosamente senza pensare.
Quando successe alla mia più cara amica, presi un volo per raggiungerla, l’obbligai ad un pomeriggio di chiacchiere in cui ridemmo e basta. Ridere, di sciocchezze, e poi scoppiammo a piangere tra le risate. Fu una catarsi, spero un pochino utile. Magari prova.
E parlaci. Digli quello che non sei riuscita a finire di dirgli.
Ti meriti la pace.
Ps: Le idiote del web tutto rosa, zuccheri, unicorni e felicità si possono mettere tranquillamente nella differenziata.
gynepraio
Aprile 20, 2018 at 9:29 am
Le mie amiche mi stanno assistendo con una solerzia ammirevole! Spero che passi presto, e di incanalare la rabbia in modo produttivo (e di tornare dalla psicologa prima possibile, NDR)
Eva
Aprile 19, 2018 at 11:19 pm
Ciao Valeria, ho faticato a finire questo tuo racconto .. ho faticato perché sentivo mia ogni tua parola! La disperazione è la prima emozione che si prova in questi casi poi subentra la rabbia.. la rabbia ti permette di rimetterti in moto e io ringrazio la rabbia per avermi dato la forza di affrontare situazioni veramente difficili… un padre morente e una mia malattia.. il tempo nel frattempo ha fatto il suo dovere… ha lisciato gli spigoli! Un abbraccio
gynepraio
Aprile 20, 2018 at 9:28 am
Spero che funzioni anche con me, e che ora tu stia bene. A presto
Mavie
Maggio 3, 2018 at 12:05 pm
Alla fine, come sempre, hai salvato la tua naturale tendenza a provare a sorriderci su, anche se prima hai dovuto arrabbiarti e monologare guardando il parabrezza. Forse è proprio questo diventare “grandi”, forse ha a che fare con l’imparare a soffrire e a raccogliere quelle cose belle che continuano a venire lo stesso e che vorremmo ignorare? Tu l’hai fatto: coi tacos, con le parole nuove di Elia, con questo spazio tuo. E, beh, io ti sono grata. E tante persone, come me, ti sono grate e vicine. Ti abbraccio forte ❤️
gynepraio
Maggio 15, 2018 at 5:04 pm
Grazie Mavie, attendo la tua visita con trepidazione!
Anna
Maggio 18, 2018 at 11:13 am
“Il dolore di chi si ama è quasi più ingestibile del proprio” è quello che mi auguro per mia mamma, volata via lo scorso anno dopo 14 mesi di malattia combattuta come una leonessa. Quante volte ho pensato: se sto così male io, da non poter respirare, da sentire un coltello nel cuore, figurati come può stare lei.
Anche a me è rimasta una voglia incredibile di fare, di creare, di viaggiare, di vivere. La penso ogni secondo e non credo di essere riuscita del tutto a rielaborare il lutto (mi rasserena sapere che ci vogliono in media due anni, sono ancora in tempo) ma questa smania di vita è sempre con me. Mio figlio aveva un mese quando lei ha scoperto di essere malata, quando è mancata ho potuto iniziare a fare la mamma con una sererità che non avevo ancora provato e questa senza dubbio è stata la mia salvezza.
gynepraio
Maggio 21, 2018 at 2:57 pm
Anna, mi dispiace tanto. Spero che il tempo necessario a elaborare il lutto passi in fretta e sia ricco d’amore, o di ciò che vuoi tu.