
Libri in 3 parole: “Americanah”
Inauguro oggi una rubrica con cadenza temo piuttosto casuale nella quale vorrei far confluire le mie modeste opinioni in tema di libri. Modeste, perché sono una che legge poco: forse più della media nazionale, ma molto meno di quanto mi piacerebbe e dovrei, per formarmi, divertirmi, intrattenermi e passare meno tempo a spippolare un telefono. Modeste, perché cercherò di parlare di ogni libro attraverso 3 parole ad esso legate. Le 3 parole, scelte in base alla mia sempre modesta sensibilità, vorrebbero rappresentare l’anima del romanzo e costituire altrettante ragioni per leggerlo a vostra volta.
Qui rientrano solo romanzi che mi sono piaciuti, perché quelli che non mi sono piaciuti non mi sogno nemmeno di menzionarli; insomma, il tempo passato a stroncarli vorrei utilizzarlo per leggerne altri più belli, no?
Per ovvie ragioni, devo includere un abstract che, per la mia sensibilità, è spoiler free. Per iniziare senza polemiche, ho scelto “Americanah” di Chimamanda Ngozi Adichie: è un romanzo che è sugli scaffali da 4 anni quindi il reato di spoilering è ampiamente caduto in prescrizione.
LA STORIA:
Ifemelu è una giovane nigeriana trasferitasi a studiare negli USA dove, dopo una iniziale fase di difficile acclimatamento, ha ottenuto una borsa di studio a Princeton e una certa fama. Nonostante l’America le abbia portato svariati amori, Ifemelu non ha mai smesso di pensare a Obinze, il suo primo ragazzo rimasto in Nigeria. É per riprendere i contatti con lui -e con il pezzo di sé che ha lasciato laggiù- che Ifemelu decide di tornare in patria dopo 13 anni.
AMERICANAH: NIGERIA
Un Paese che non sta esattamente nella top 5 dei viaggi che farei domattina, ecco. E io amo l’Africa, ne subisco il fascino e mi incuriosisce un sacco, eppure la Nigeria mi evoca sempre petrolio, lotte fra gang, film di Nollywood che parlano di lotte fra gang, cattolici estremisti, donne con turbanti in colori sgargianti, bambine con gonnelline in lurex in colori sgargianti, poveri poverissimi e ricchi ricchissimi. Insomma, per me la Nigeria fa rima con trash e miseria.
La protagonista Ifemelu racconta la sua Nigeria in due versioni: quella pre-Stati Uniti -quando era ragazzina, il suo Paese era l’unico mondo che conosceva e sognava segretamente di andarsene- e quella post-Stati Uniti – con occhi adulti, disincantati e stanchi-. Appena atterrata a Lagos, la protagonista afferma di sentire odore di Nigeria, un mix di benzina e sudore; eppure lo dice con dolcezza. Io penso sia normale nutrire sentimenti ambivalenti nei confronti del proprio Paese d’origine: amarne visceralmente alcuni aspetti e detestarne altri. Ci sono Paesi come il nostro, dove si riesce con una certa facilità a trovare ragioni d’amore: ne avevo parlato qui, ad esempio.
Ma quando il tuo Paese non è pittoresco? Quando i petrolieri arricchiti se lo stanno mangiando? Quando fa caldo ma ci sono continui black-out che bloccano l’aria condizionata? Quando soffia l’Harmattan, l’orribile vento che deposita ovunque la polvere del deserto e riduce la visibilità? Ecco, io credo che l’autrice riesca a spiegare perfettamente la materia di cui è fatta la nostalgia di casa.
AMERICANAH: STATI UNITI
Ho amato molto il racconto di come Ifemelu cerchi di adattarsi all’America, alle sue bizzarrie e al suo splendore. Io sono stata una studentessa straniera negli USA e ho provato, mio malgrado, un senso di straniamento incredibile. Che però a me faceva prevalentemente ridere, perché le mie spese erano pagate e sapevo di poter tornare a casa in qualsiasi momento. Ifemelu deve stare in America for good, deve trovarsi un lavoro as soon as possible, deve pagare i suoi bills, scrivere i suoi papers e intanto fare attenzione al suo accento e ai suoi capelli. Mentre faticosamente e lentamente riesce a farsi strada e provvedere a se stessa, inizia a raccogliere le sue prime acute osservazioni: il fatto che quasi tutto venga imputato alla depressione o a malesseri psicologici, la facilità con cui ci si abitua all’abbondanza, la mancanza di rispetto da parte dei bambini nei confronti dei genitori, la discriminazione evidente e soprattutto quella latente riservata agli afroamericani (categoria alla quale lei non sente di appartenere ma nella quale si trova inclusa suo malgrado).
AMERICANAH: BLOG
Mi ero dimenticata di dire che la carriera di conferenziera, ricercatrice, columnist di Ifemelu negli USA inizia proprio dall’apertura di un blog: Razzabuglio, una raccolta di pensieri sulla vita dei Neri Africani e Neri Americani negli Stati Uniti. In sostanza, un crogiolo di pensieri sul razzismo e sulle infinite -candide o subdole- versioni in cui esso si manifesta. Impossibile non riconoscere nei post di Ifemelu la penna di Chimamanda Ngozi Adichie, che fu a sua volta giovane studentessa nigeriana nellla Philadelphia degli anni ’90.
Come tutte le bloggers che si rispettino, Ifemelu apre il suo blog quando è disperata e professionalmente insoddisfatta. Lo stesso giorno, smette di farsi le treccine e decide di tenere i capelli à la afro. Il tempo le dà ragione su entrambi i fronti: il blog ha uno straordinario successo di pubblico e diviene la sua fonte di reddito. I primi introiti le giungono dalla vendita di banner pubblicitari ai brand di prodotti per capelli afro. Era il 2013 e le andò bene: nel 2018, al massimo avrebbe racimolato 10 euro al mese con gli affiliate link di Amazon. Oppure, con gli astri a favore le avrebbero proposto di scrivere un romanzo.
Dell’autrice consiglio anche Cara Ijeawele, che ho recensito qui tempo fa.
Teresa
Giugno 11, 2018 at 12:09 pm
L’ho comprato perché suggerito da te nelle ig stories e mi sta piacendo molto! Credo che comprerò altri libri della Adichie
gynepraio
Giugno 11, 2018 at 9:48 pm
Se vuoi una lettura impegnata, ti consiglio L’Ibisco Viola. Un macigno sul cuore, ma bellissimo
Giulia
Giugno 12, 2018 at 6:51 pm
Ho letto americanah circa due mesi fa, un libro di cui parleresti per molto tempo perché scatena tante riflessioni e mi ha fatto conoscere cose che non sonoscevo se non superficialmente .
Approvo la rubrica sui libri !
Chicchi
Giugno 13, 2018 at 6:47 am
Bellissima la rubrica sui libri! Torno a consigliarti sempre suo “Metà di un sole giallo” in assoluto uno dei miei libri preferiti ciao
Giupy
Giugno 13, 2018 at 11:07 am
Uno dei miei libri preferiti… bellissimo!
Cami
Giugno 13, 2018 at 3:15 pm
Per quello che vale, io approvo incondizionatamente questa rubrica e adoro che tu abbia cominciato con il mio libro preferito del 2017 (pari merito con “Patria” di Aramburu, che se non hai letto ti consiglio perché Donostia non è mai stata così cupa)
Lucia
Giugno 15, 2018 at 8:53 am
Rubrica approvata! Ho letto l'”Ibisco Viola” e ovviamente mi ha colpito tantissimo, questo va nella lista. Non ho capito in che lingua scrive, sarà inglese o la sua lingua madre?
Spero parlerai anche di “Conversations with friends”, forse ne hai parlato su IG ma mi è sfuggito. L’ho letto perchè ne hai parlato tu e mi è piaciuto tantissimo, anche se non riesco a capire perchè: trama niente di particolare, incroci di coppie improbabili (no spoiler se qualcuno legge) e normalmente irritanti per me, eppure me lo sono bevuto.
Giulia
Giugno 18, 2018 at 2:33 pm
Non vedo l’ora di leggere altre tue recensioni 🙂 Di Chimamanda ho letto “Come crescere una bambina femminista” e mi è piaciuto tantissimo, l’ho trovato incredibilmente attuale e universale. Darò una chance anche ai romanzi, nel frattempo complimenti per l’accurata analisi!