
Entrare nel merito
Direi una bugia se affermassi che non ho mai giudicato o denigrato le persone per il lavoro che fanno, o per il loro percorso di studi, o per la quantità di anni che ci hanno messo a laurearsi, o per i voti conseguiti, o per non aver semplicemente ottenuto i grandi risultati (?) che ho ottenuto io.
Da quando lavoro, cioè da 12 anni mi sono resa conto che ci sono persone e persone, che all’interno di una categoria professionale ci sono abili e inetti, che si può non studiare e avere un talento della madonna ed essere più bravi di chi si è ammazzato sui libri, che si può essere bravi nella media ma al contempo dotati di un intuito speciale ed essere in grado di cogliere le occasioni meglio di tutti. O che ci sono doti come la resistenza, l’ostinazione, l’ambizione che compensano le lacune accademiche, oppure che le abilità relazionali come serenità ed empatia -o la banale e sottovalutatissima simpatia- si rivelano più vitali di un 30 in matematica finanziaria.
Non è stato facile capire questa cosa perché l’ho scoperta a mie spese e ho testato l’effetto che fa sulla mia pelle sensibile. Mi è accaduto che stagisti talentuosi quanto me ma più volenterosi e caparbi ottenessero un lavoro -e io no-, che colleghi senza un titolo, per abilità incontestabili, ottenessero succulenti premi di fine anno -e io scatole di cioccolatini-, che vicine di scrivania inesperte ma meno inclini al lamento e alla perdita di tempo entrassero nelle grazie della direzione -più di me-.
Sarei molto ipocrita se dicessi che ho accolto queste scoperte come preziose lezioni di vita, perché la verità è che mi sono girati i coglioni vorticosamente. In particolare, scoprire che quel fenomeno puramente meccanicistico che ormai davo per scontato grazie alla mia linearissima carriera scolastica e che vi riassumo così
sono intelligente e sveglia –> studio il giusto –> prendo 30 –> sono la più brava clap clap clap
nel mondo del lavoro improvvisamente diventa
sono intelligente e sveglia –> lavoro il giusto –> salvo disgrazie non mi licenziano –> sono come gli altri
La conclusione che ne ho tratto è che il mondo delle persone che lavorano, altrimenti noto come mondo degli adulti o mondo reale, è infinitamente più complesso, sfaccettato, variante e variabile di quello che conoscevo prima. Superato lo scoglio iniziale e la delusione per non essere stata eletta presidente di Confindustria a 27 anni, mi è rimasta addosso una delle conquiste più belle della mia età adulta: la voglia di sapere come funziona il mondo, la curiosità indiscriminata per le storie altrui, il desiderio di comprendere e assorbire dagli altri ciò che io non possiedo. Il che non significa che io non non pensi di essere un genio incompreso almeno 2 o 3 volte al giorno: non ci si spoglia facilmente di una certa forma mentis, e nel mio torace batterà sempre un cuore presuntuoso e convinto di meritare di più più più più e ancora di più.
Ho smesso però di pensare, classificare e inscatolare le persone decidendo che questa era interessante, quella era degna di credito, quella era della mia squadra, quello invece no, sulla base di informazioni puramente anagrafiche tipo la laurea conseguita, l’origine o l’età. Il che non significa che mi piacciano tutti o che non nutra delle sanissime idiosincrasie, ma si tratta di sentimenti ad personam, motivati o motivabili. Non c’è nobiltà in questo, ci tengo a dirlo: scoprire che il reale è magnificamente complesso, che ci sono opportunità di apprendimento e crescita ovunque, e che i pregiudizi sono carta da culo non è stato un mio merito e non fa di me una persona speciale.
Però è vero il contrario: chi -nonostante tutte le straordinarie opportunità offerte da questo mondo vario e interconnesso- si priva del piacere di entrare nel merito delle cose, di discernere, di giudicare in modo imparziale, è un poveretto e come tale va compatito, o aiutato. Particolare supporto morale andrebbe fornito a coloro che, anziché riempirsi i polmoni del profumo inebriante della complessità, continuano a pensare che le cose si possano fare in un solo modo, che non ci sia del bello e dell’utile anche in ciò che non conoscono e non utilizzano.
Il cambio dell’ora mi ha regalato ben 60 minuti e mi concederò pertanto il vezzo di sprecarne 5 per stilare un elenco, non esaustivo ma spero rappresentativo, di alcune di queste persone
- giornalisti che pensano che i blogger non meritino credito (e gli rubino il mestiere)
- baroni aziendali che credono che i giovani siano tutti cojoni (e gli rubino il mestiere). Ne ho scritto qui
- scrittori convinti che i blogger non dovrebbero scrivere libri (e gli rubino i lettori, dei quali agli scrittori mediamente importa una sega mentre ai blogger, guarda un po’, dei lettori importa un sacco)
- maschi eterosessuali che non capiscono la necessità del femminismo contemporaneo
- veterolettori convinti che il Kindle ucciderà la carta
Contro alcune combatto, ma come capirete, si tratta di un lotta senza quartiere che non posso portare avanti da sola.
Paola
Ottobre 29, 2018 at 12:00 pm
Sempre saggia! É veramente un piacere leggerti.
Adele Meccariello
Ottobre 29, 2018 at 12:13 pm
E infatti non sei da sola.
Margherita
Ottobre 29, 2018 at 1:41 pm
Valeria, non sei sola!
Daphne
Ottobre 29, 2018 at 10:25 pm
Ciao,
Mi piace molto l’onestà e la franchezza con cui descrivi lati del tuo carattere non perfetti. Mi riferisco al catalogare le persone in base a dati simil anagrafici.. fosse più diffusa questa capacità di osservarsi nel bene-e soprattutto- nel male, il mondo sarebbe un posto migliore. Io ho preso clamorose cantonate pensando che la collega biondo platino sempre con tacchi e unghie smaltate fosse un’oca.. e invece non era vero! Ero io che ero piena di pregiudizi! E poi la più grande scoperta che non ci sono regole: conoscere e innamorarmi del mio futuro marito.. io con laurea 110 e lode e PhD, lui che per svariate ragioni non ha finito le superiori. Ho imparato che classificare è pericoloso! Si perde troppo in sfaccettature e complessità
Giulia
Ottobre 31, 2018 at 2:19 am
Cara Valeria,
Non riescoa non pensare quando li leggo che i tuoi post potrei averli scritti io, ma decisamente meno fruibili e con periodi infiniti.
Ho smesso di usare sovrastrutture per giudicare le persone (e forse ho smesso quando ho percepito di essere io giudicata perché donna e per giunta bionda in una facoltà di ingegneri civili), ma non sarebbe onesto dire che non le giudico più,semplicemente mi affido più ai sensi che ai retaggi.
Baci,
Giulia
http://www.diariodiunexstacanovista.com
Valeria
Novembre 8, 2018 at 3:35 am
Ciao Valeria,
Completamente d’accordo con te.
Vorrei aggiungere di come certe cose vadano poi rivalutate non appena si esce dal nostro bel Paesello (e non sono ironica sul bel). Io subito dopo la laurea in tempo con lode e tutto quanto sono andata a lavorare all’estero, e mi sono resa conto che a tutti i miei coetani stranieri dai voti che io avevo tanto faticato per ottenere interessava ben poco. C’erano persone che a 22 anni sapevano 5 lingue si erano laureate mettendoci in mezzo pure una missione umanitaria e la creazione di una stat up. Il punto e’ che io non mi sentivo meno intelligente di loro, anzi. Perche’ io avevo metodo e dedizione, ma loro erano i famosi “problem solver” e sul lavoro, scontato dirlo, vincevano loro. Pero’ se si riesce a cambiare prospettiva per tempo quando si ha una buona base (si vede che ho fatto il classico?) secondo me ce la si fa, ma il tempo speso a lagnarsi va impiegato in qualcosa di utile. E dopo 7 anni sono ancora all’estero. E quando leggo (o ascolto nelle tue stories, aka you will never walk alone) quello che scrivi o dici su baroni o giornalisti preoccupati di perdere la poltrona l’Italia non mi manca per nulla. Anche perche’ tutto cio` riguarda in particolare la mia categoria, quella degli avvocati, dove il sovranumero ha fatto si che il titolo ad oggi conti davvero poco, ma onestamente per certi aspetti davvero meglio cosi. Perche’ cosi non si hanno scuse e si deve cercare la via.
Grazie per il post (e scusa per lo sfogo/story of my life).
Valeria
gynepraio
Novembre 8, 2018 at 10:34 am
E’ un mio rimpianto non aver lavorato all’estero e credo che sul fronte talento-studio-priorità mi sarebbe stato davvero utile… adesso forse sono troppo vecchia per provarci.