
Posta del Cuore Gennaio 2019
Posta del Cuore Gennaio 2019, magistrata
Dopo un matrimonio trentennale e 2 o 3 anni di discussioni, i genitori di Magistrata si sono recentemente separati per via di alcuni tradimenti paterni che sua madre è decisa a non perdonare. Durante il periodo di “riassestamento famigliare” Magistrata ha iniziato una relazione con un ragazzo che la rende molto felice ma che sua madre non accetta pur non conoscendolo. Prima di tutto perché fa l’operaio e avrebbe uno stile di vita incompatibile col suo che invece ha un futuro da avvocato, poi perché la loro relazione è iniziata in un momento di debolezza di Magistrata e quindi non su presupposti paritari.La sta sostanzialmente mettendo in guardia dagli stessi errori che ha commesso lei: legarsi da giovane a un uomo -suo padre- con una visione della vita diversa, solo perché si è mostrato nobile e affettuoso in un momento di bisogno. La mamma di Magistrata si dimentica di avere comunque avuto un matrimonio felice e tende a guardare al passato come un macroscopico errore e valutare in quest’ottica le scelte di sua figlia. Magistrata non sa come uscire da questo gigantesco empasse.
Io ti capisco perché i miei genitori, pur non avendo mai apertamente ostacolato nessun mio amore, hanno sempre pensato che i miei fidanzati non fossero abbastanza a) belli b) orientati all’obiettivo c) brillanti per me. Quindi forse tua mamma sarebbe stata comunque scettica anche se non fosse reduce da una separazione! A parte ciò, io capisco anche il suo punto di vista perché, analogamente a tua mamma, sono una che tragifica il passato: se ripenso a certe relazioni mi vengono in mente solo le cose brutte e fatico a ricordarmi quelle belle anche se, ovviamente, non mancavano (comunque, secondo me, sempre meglio di quelli che sublimano tutto ed edulcorano i ricordi per darsela a bere, eh).
Lei ha solo te, credo, e c’è ben poco d’altro cui possa rivolgere l’attenzione: il rischio è che tua mamma si crei una immagine falsa e ingigantita del tuo ragazzo, che covi in seno l’astio ingiustificato che prova in questa fase (non possiamo darle torto: ha di che essere risentita con la vita!) e che non riesca a incanalarlo nella giusta direzione. Detto tutto ciò, io credo che l’unico modo per farle comprendere che non c’è nessuna coazione a ripetere trasmessa attraverso il DNA, per evidenziare che tu non sei lei e per marcare la differenza tra il tuo ragazzo e tuo padre è farglielo conoscere. Tanto, prima o poi, dovrà accadere!
Se il tuo ragazzo è la persona bella e corretta che tu sai essere, non c’è motivo per cui queste sue caratteristiche non debbano risultare evidenti anche a tua madre. L’obiettivo tuo, mi sembra di capire, non è che a fine cena lei lo abbracci dicendogli “benvenuto in famiglia” ma che comprenda che, semplicemente, non è tuo padre. Non mi sembra un risultato così fuori dalla tua portata. Se nemmeno questa mossa funziona, penso che dovrai proseguire questa relazione senza la benedizione di tua madre: ce la farai anche in questo caso. In bocca al lupo
Suggerimenti di lettura: “Quello che non ti ho mai detto” di Celeste NG, da me recentemente recensito
Posta del Cuore Gennaio 2019: LOLITA
Lolita è una giovane studentessa universitaria; ha avuto un ragazzo per due anni e ora, dopo una fase di libertà, ha una storia con un uomo decisamente più grande di lei con il quale è felice, da cui si sente compresa e con il quale condivide sogni e progetti. È cosciente di precludersi alcune opportunità (non vivere pienamente la sua vita di fuori sede, non flirtare quanto vorrebbe e potrebbe) ma lo fa nella consapevolezza che non c’è niente che in questo momento le interessi di più che mandare avanti questa relazione. Sapendo come la penso in merito alle storie iniziate precocemente, Lolita mi chiede se vedo qualcosa di scorretto in questa storia e se non sarebbe stupido privarsene in nome di quella che io genericamente chiamo “esperienza”.
Lolita, per me fai benissimo a portare avanti la tua storia e viverla con tutto il trasporto del caso. Se agisci nella consapevolezza di ciò che ottieni vs ciò a cui rinunci, per me sei nel giusto: a te questo trade-off (paroloni eh) è chiaro e mi sembri padrona della situazione. Ma a molte altre ragazze meno consapevoli o intelligenti di te non lo è!
Vedo intorno a me tante giovani coppie nate a 15 anni che alla soglia dei 20 hanno già instaurato delle dinamiche relazionali che mi fanno sbadigliare perché mi ricordano i miei nonni. Cosa mangiamo per cena, dove andiamo in vacanza, abitudinari e ripetitivi. Secondo te, quante ragazze mantengono i propri interessi e gusti personali? Secondo te, una ragazza diciottenne che abbia lo stesso fidanzato da quando ne ha 16, al momento di scegliere quale università frequentare, cosa sceglierà a parità di condizioni? Quella prestigiosa a 8 ore di treno, o quella “normale” nel capoluogo di provincia in cui vive? Quante probabilità ci sono che faccia un’Erasmus o uno tirocinio formativo all’estero? Molto basse, te lo dico io, perché questo tipo di scelte implica da parte di entrambi un livello di fiducia, maturità e rispetto reciproco che dei diciottenni (ma anche ventiduenni) difficilmente hanno.
Quello che io chiamo genericamente esperienza non è solo concedersi promiscuità sessuale e irregolarità sentimentale (che comunque secondo me ha una sua importanza nella dinamica di autocoscienza e scoperta del proprio corpo) ma vi rientrano altre cose: ti ho menzionato la gestione del tempo e la presa delle decisioni, ma anche quella generica capacità di affrontare la vita da soli che, quando si è vissuto un rapporto precoce e spesso simbiotico, non si coltiva abbastanza. Se non fosse chiaro, a me dei maschi non importa, perché loro hanno già il mondo dalla loro parte: a me stanno a cuore le ragazze, che invece il mondo devono sempre andare a prenderselo.
Suggerimenti di lettura: “Le italiane si confessano” di Gabriella Parca. Vedrai come il conflitto tra autonomia e amore fosse un tema caldo già moltissimi anni fa.
Posta del Cuore Gennaio 2019: MEDEA
Medea ha quasi trent’anni e ammette di avere uno scarso desiderio di maternità. Sente di voler padroneggiare il suo tempo e coltivare i suoi interessi, teme l’idea del “per sempre” e, non ultimo, non si sente pronta né serena sul “clima” attuale. Pur disponendo delle condizioni per avere figli (coppia consolidata, nonni a disposizione) le manca la spinta definitiva. Mi chiede cosa penso dell’equazione figli=tappa obbligata.
Io non penso che i figli siano una tappa obbligata ed è legittimo chiedersi chi me l’ha fatto fare nei momenti di maggiore difficoltà. Per dire, ogni tanto io torno con la memoria alle mie domeniche pomeriggio di libri-passeggiata-cinemino d’essai-tagliere di salumi-tornare a casa di qualche anno fa e cerco di evocare con tutte le mie forze quel lontano (e sottovalutatissimo) senso di benessere.
Secondo me, tranne rari casi di donne spontaneamente appassionate di maternità e dotate di quel desiderio di darsi e dedicarsi ai piccoli (ce ne sono, le conosco e le stimo!), in quasi nessuna circostanza esiste una spinta razionale alla genitorialità. Perdere o accantonare quello stile di vita del quale finalmente arriviamo a beneficiare con discreta fatica, costituisce un deterrente fortissimo. Anche la narrazione epico-catastrofica della maternità alla quale ci hanno abituati le gallery di Facebook (I più grandi disastri combinati dai bambini) e quel coglione del Signor Distruggere non aiutano. Virtualmente penso che una coppia possa bastare a se stessa ed esistere in una bolla di condivisione, benessere e autosufficienza per tutta la vita. Io stessa, prima che arrivasse il mio bambino, ero felice e avrei potuto continuare a stare così ancora molti anni.
Credo che però arrivi un momento in età matura, in cui il desiderio di dedicarsi 24/7 a se stessi si può ritenere soddisfatto: i viaggi transoceanici non sono più una prospettiva così eccitante, la vita notturna viene a noia, si è raggiunto un punto di realizzazione professionale rispetto al quale difficilmente ci saranno grandi incrementi. Anche la vita di coppia smette di essere emozionante: continua a essere un rifugio rassicurante, ma è come se addosso ai suoi membri restasse un surplus di amore e cura del quale il coniuge, onestamente, non ha più un gran bisogno. È lì, che dovrebbero esserci dei bambini da accogliere, accudire, educare: spesso, però, è troppo tardi per averne, e la coppia è costretta a reinventarsi ancora e ancora, per mantenersi in quello stato di attività psico-fisica che sta alla base di ogni felicità.
Non so se per te questo momento arriverà -e ti auguro di no, visti i tuoi desideri- ma è difficile escluderlo. Parlatene e fatevi domande, non posso dirti altro.
Suggerimenti di lettura: mi autocito con questo post sul privilegio di avere figli
virginiamanda
Gennaio 18, 2019 at 1:37 am
Tu sei stato bravissima a rispondere a tutte, io commento solo per dire che a quella mamma lì, alla mamma di Magistrata, che dopo 30 anni di matrimonio si ritrova cornuta e mazziata, sola e con una figlia ormai grande che si fa la sua vita, ecco…
vorrei portarla al cinema e a fare l’aperitivo.
Un abbraccio!
gynepraio
Gennaio 31, 2019 at 10:15 am
Anche io, ho una forma di solidarietà per la categoria “adulti che scoprono le brutture troppo tardi”.
Camilla
Gennaio 20, 2019 at 1:25 pm
Che bello l’ultimo paragrafo dell’ultima lettera. Non avevo mai visto la cosa da questa prospettiva, davvero acuta. Credo siano parole che mi faranno molto riflettere prossimamente!
gynepraio
Gennaio 31, 2019 at 10:15 am
Grazie, spero ne scaturiranno pensieri belli!