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By gynepraio28 Maggio 2019In BooksPersonale

Libri in 3 parole: Due figlie e altri animali feroci

Due figlie e altri animali feroci mi è stato consigliato da Maddalena, più fine conoscitrice e lettrice più esperta di graphic novel di me. Perché io sono molto meno onnivora di quanto si possa credere e in vita mia ho forse letto 5 libri illustrati, e nemmeno con particolare entusiasmo. Adesso che sapete quanto sono impreparata sul tema, scioriniamo subito la bella notizia: “Due figlie e altri animali feroci” è solo in minima parte costituito da tavole di fumetti, mentre il resto è semplicemente un racconto autobiografico. Si tratta sostanzialmente di lettere che documentano i due mesi trascorsi dai coniugi Ortolani in Colombia per portare a termine l’adozione di due bambine, che su proposta di Sperling&Kupfer è diventata un’opera unica uscita nel 2011.

Ormai da tempo introvabile, il volume è stato riproposto da Bao Publishing un mese fa in un’edizione arricchita da 50 tavole inedite e una copertina tutta nuova e, diciamolo, molto più bella dell’originale.

Che dire, sono carine queste storie in cui una persona improbabile si ritrova a fare il genitore, vero? Magari una persona con poco istinto materno, o paterno, una persona che mai avrebbe pensato di riuscire in pochissimo tempo ad affezionarsi a un piccolo sconosciuto! Ora che mi viene in mente, c’è un altro romanzo la cui protagonista fa per un po’ di tempo la vice-mamma di una bambina: s’intitola “Se tu lo vuoi” e, incredibile a dirsi, l’ho scritto io! Io se fossi in voi lo leggerei tipo ORA.

la storia

Leo Ortolani e la moglie Caterina si recano in Colombia per concludere il percorso di adozione internazionale che li congiungerà con Johanna e Lucy, due sorelle di 5 e 3 anni finora allevate da una lontana parente. Nei due mesi trascorsi in Colombia, Leo Ortolani scrive lunghe email ad amici e famigliari raccontando loro come si svolgono le loro giornate: a queste lettere affida, oltre che la cronologia dei -pochi, pochissimi- eventi susseguitisi in quei giorni, anche le innumerevoli scoperte sul fronte della genitorialità e alcune riflessioni, più ampie, sull’esperienza dell’adozione.

due figlie e altri animali feroci

Due figlie e altri animali feroci: attesa

Si percepisce che adozione internazionale fa rima con pazienza fenomenale. L’attesa è lunga, spossante: prima di essere ritenuti idonei, prima che venga assegnato un bambino, prima che il bambino possa essere condotto a casa per cominciare una nuova vita insieme. Questa attesa -durante la quale bisogna continuare a vivere, eh!- è un lungo purgatorio, un test pluriennale attraverso la quale l’individuo e la coppia devono passare indenni per potersi rilassare. Anche se poi, intuitivamente, al relax si può dire addio per i seguenti 18 anni, se va bene.

I due mesi trascorsi in Colombia sono un lungo tergiversare, un modo per riempire i tempi morti in attesa che la macchina burocratica si metta in funzionamento e che la famiglia possa lasciare il Paese. Si percepisce lo spossamento crescente: le giornate sono calde, la stanza dell’hotel è angusta, non si può disporre pienamente del proprio tempo perché, letteralmente in qualsiasi momento, i documenti potrebbero essere pronti. Non si è neppure indipendenti, perché la Colombia e la sua capitale Bogotà, dove si svolgono gli ultimi giorni, non invitano certo i turisti ad andare in giro da soli o prendere troppe iniziative. La maestria narrativa sta proprio nel raccontare l’assenza di vicende facendola però apparire densissimo di fatti: perché la miriade di micro accadimenti di quei giorni è profondamente interessante, perché raccontata con realismo e umorismo, che oh oh oh oh, sono appunto le altre due parole.

Due figlie e altri animali feroci: realismo

Leo Ortolani è della mia squadra: quando si tratta di bambini, dice le cose come stanno. Non risparmia nessuno dei buffi ma più spesso inquietanti dettagli della condizione di neonato-padre di bambine assolutamente-non-neonate: è come se si ricordasse costantemente, di essere un miracolato ma avesse contemporaneamente chiaro di essersi appena aggiudicato una valigia piena di problemi. Anzi, in questo caso due valigie. Parla della sua voglia di allungare un paio di scapaccioni ben assestati, della stanchezza di alzarsi nel cuore della notte per assistere una bambina con una tosse cronica

Ciao Leo, l’abbiamo fatto tutti

Intuitivamente, sviluppare una relazione con bambini che possiedono già un bagaglio di esperienze, traumi, ma anche di apprendimento, gusti, inclinazioni, cioè che sono sostanzialmente delle persone formate, è un compito arduo, complicato anche dall’ostacolo della lingua che in questo caso separa anziché unire. Johanna e Lucy sono bambine che mangiano, ridono, si svegliano di notte, piangono, parlano, si cagano addosso, scappano, si ribellano, abbracciano, ripetono le parolacce. Fanno tutte le cose dei bambini normali: però gli Ortolani scoprono nel giro di due giorni quello che un genitore classico apprende in 3 anni.

Leggere l’esperienza-lampo di questa famiglia e a questa curva di apprendimento così folle, ti fa ripensare al valore del tempo, quello stesso tempo che sembra non passare mai e invece passa troppo in fretta: ne avevo parlato in un post sul privilegio di avere figli.

Due figlie e altri animali feroci: UMORISMO

Leo Ortolani -per fortuna sua, di sua moglie e delle sue figlie- è dotato di un senso dell’umorismo fuori dal comune. Lo humour è secondo me la dote più malinterpretata e sopravvalutata del mondo: lo dico da persona che pensa, immodestamente, di esserne dotata.

Tutti pensano che sia uno strumento per vivere meglio: ma vi dirò, le persone dotate di umorismo non sono quasi mai dei cuori contenti. Non vivono meglio degli altri. Mentre si verificano le sfighe, gli inconvenienti, i contrattempi, gli eventi grotteschi, chi ha senso dell’umorismo si incazza e bestemmia esattamente come gli altri. Io addirittura di più, perché sono irascibile.

Ma c’è un momento in cui, dando una momentanea tregua alla rabbia o al disappunto, la persona con humour esce virtualmente dalla stanza e osserva da fuori quello che sta accadendo, si dimentica che il protagonista di quella scena penosa è lui stesso, e si fa grassissime risate. Se, oltre allo humour possiede anche qualche dote artistica, riesce a immaginare come starebbe quella conversazione su una tavola a fumetti, o su una pellicola, o sulla pagina di un romanzo. Se ha un quadernino in borsa, se lo segna. Poi la sera torna a casa e lo mette in bella.

Così me lo immagino Ortolani: incazzato e sudato durante il giorno, ma quando a note fonda scrive una email di riepilogo a parenti e amici ride da solo fino alle lacrime, ripensando alla figlia che fa esplodere un pannolino pieno nella piscina dell’hotel a 5 stelle in cui soggiornano.

Due figlie e altri animali feroci fa ridere, tantissimo, dalla prima all’ultima pagina. Se siete tristi, vi regalerà un senso di benessere che poche opere portano con sé.

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