
Posta del Cuore Settembre 2019
Posta del Cuore Settembre 2019: GIOVANNELLA
Giovannella conduce una vita normale ma è, per sua stessa ammissione, un po’ introversa: i momenti di solitudine le sono necessari per pensare e riequilibrarsi. Il suo essere poco assidua nei rapporti affettivi l’ha portata, ora che ha 28 anni, ad avere pochissime amiche d’infanzia: al contrario, è stato solo in età adulta che ha conosciuto e stretto un legame forte con alcune persone, scoprendo la bellezza di un rapporto d’amicizia e la bellezza dell’intimità. Giovannella, felicissimi tutti che tu ti sia ricreduta!
Una di esse ha recentemente avuto un bambino e da allora tutto è cambiato: sembra impossibile concordare incontri. Durante i pochi appuntamenti -sempre in presenza del marito- non è riuscita ad avere una conversazione che esulasse dai temi della maternità né a “legare” col piccolo visto che suddetto marito presenziava con aria giudicante. A Giovanella questa situazione così inedita pesa, non sa come interagire e non capisce se si sta comportando egoisticamente o se può avanzare pretese di qualche tipo.
In difesa delle neomadri che subiscono metamorfosi kafkiane e divengono irriconoscibili agli occhi degli amici, dico 2 cose: la maternità isola e rincoglionisce. Isola, perché la neomamma sta molto in casa, spesso sola, con un essere col quale non può propriamente conversare e che nella sua inerme piccolezza monopolizza i suoi giorni e le sue notti, caricandola di una responsabilità civile/penale/emotiva/economica mai provata prima: ridurre i contatti col mondo limita i suoi argomenti e, inevitabilmente, la porta ad avvitarsi e considerare la sua condizione come esclusiva, totalizzante, unica e meritevole di infinita attenzione (questo non vale solo per le neomadri, eh, ma per moltissime altre categorie umane che subiscono isolamento). La maternità rincoglionisce perché il corpo della gravida -e poi della gestante- produce ormoni che la portano a concentrarsi sul neonato, a sviluppare un livello di sensibilità, resistenza e cura che prima non aveva: questo non lo dico io, che sono sostanzialmente la casalinga di Voghera, ma lo dice la scienza. Gli stessi ormoni che le danno la forza sovrumana di non dormire per mesi le creano una specie di paraocchi che rende invisibile l’inessenziale (ciao Saint Exupery). Interessarsi ai fatti delle amiche, in un certo verso, diventa secondario rispetto al rischio di eritema sul sederino di suo figlio. Tutto questo dura un po’: quanto, dirai tu? Dipende da molti fattori, non ultimo il carattere, l’entourage che circonda la mamma, l’indole del bambino, il segno zodiacale, la cabala. Quello che possiamo fare noi -oltre ad augurarle un bambino dormiglione- è agevolare il passaggio dalla sua religione bambinoteista a una esistenza nuovamente “policentrica”, se lei lo vuole. Se allatta al seno e a richiesta, aspettarsi che con un neonato venga a un appuntamento da sola o che sbatta fuori di casa il marito col bambino è pura fantascienza. Ma andarla a trovare quando il marito lavora recando con sé un tupperware di lasagne, una teglia di muffin e un po’ di gossip è una buona idea. Se digerisce ed è reattiva ai gossip, allora la prossima volta si può osare con una puntata di una serie TV o con la richiesta di un consiglio. Se è in forma fisica e fa bel tempo, una lunga passeggiata -in orario da concordarsi- è un’ottima idea e la restituirà alla vita domestica rinnovata e riposata. Quando ho scritto se lei lo vuole, intendevo dire che dovrai capire tu di cosa lei ha bisogno facendo ricorso a una sensibilità che, sottovalutandoti, non sai di avere.
Dopo un po’, tutte le neomadri esauriscono le botta di ormoni, si stancano del loro culto e tornano ad essere quelle di prima (a volte anche meglio!): abbi fede. Però io penso che vengano esercitate su di loro così tante pressioni da diverse fonti che il ruolo delle amiche sia quello di rendere loro la vita più facile: le mie, anche quelle senza bambini, l’hanno fatto e io l’ho molto apprezzato. Sii come loro.
Suggerimenti di visione: “The Letdown”, serie australiana disponibile su Netflix che racconta i primi mesi di vita e ripresa di una neomamma contemporanea. Fa ridere e stimola l’empatia.
Posta del Cuore Settembre 2019: angie
Angie lavora, unica e taciturna italiana, in una chiassosa ed esuberante impresa di Madrid. Ha una collega di 13 anni più giovane immediatamente distintasi per essere un’autentica vipera. Ipercritica nei confronti dei colleghi, velenosa con tutti, leccaculo (porta cioccolatini per i capi), in grado di stimolare la cattiveria all’interno del team. Questa collega, che è indubbiamente sveglia e pronta ad apprendere, è dichiaratamente provocatrice, aggressiva e orgogliosa di esserlo: si è ingiustamente lagnata con i capi della formazione ricevuta da Angie, si impadronisce della cancelleria senza chiedere, si allarga e si arroga diritti che non ha. Dopo solo 3 mesi, le è stato affidato un ruolo manageriale e quindi non è più affiancata ad Angie, che teme di non poter mai avere un percorso di carriera così brillante e rapido. Angie, in sostanza, vorrebbe menarla.
Con te, Angie, condivido quel sentimento ibrido di paura e ammirazione per le persone dotate di una spiccata aggressività professionale. Ne ho parlato con la psicologa al tempo della mia prima terapia: avevo una collega bulla, spietata e intimidante: il suo atteggiamento mi atterriva letteralmente e mi tramutava in un agnello pieno di rabbia. Era inelegante e violenta nei modi, moltissimi la detestavano ma nessuno le teneva realmente testa, tantomeno la direzione visto che ricopriva un ruolo di grande responsabilità.
La dottoressa mi disse che questa persona probabilmente proveniva da un percorso di vita più accidentato del mio, forse costellato da prove e delusioni di cui sapevo poco, e che io, borghese figlia di papà col curriculum impaginato ad arte, mai avrei posseduto il suo approccio, il suo desiderio di rivalsa professionale e il suo bisogno di affermazione, di conferma del suo valore. Mi spiegò che dovevo compatire questa persona perché dietro al suo stile c’era un vissuto che potevo solo immaginare e delle rinunce (ad esempio, il sonno tranquillo, l’affetto dei colleghi, la stima dei collaboratori) che io non sarei stata in grado di compiere. Quindi, nel caso in cui ti stessi chiedendo cos’abbia lei che tu non hai, ora lo sai. Inoltre, sappi che tutte le organizzazioni hanno necessità di figure poco bisognose di approvazione: alla prima occasione utile, la persona priva di remore morali viene sfruttata per i compiti incresciosi, tipo comunicare che sono stati sospesi i premi di produzione oppure licenziare in tronco un appartenente alle categorie protette. Queste persone hanno vita aziendale abbastanza breve: una volta che il loro potenziale stimolante si è esaurito (es. quando smettono di suscitare competizione) si annoiano e vogliono cambiare aria, oppure quando la direzione si accorge che non fanno più il bene dell’organizzazione ma generano solo malcontento trovano modo di allontanarle. Aspetta e vedrai.
Ma come si può agire per convivere con queste persone senza fare loro del male fisico? Io farei 2 cose: ridurre al minimo i contatti e rappresentare una concreta alternativa. Il fatto che non dobbiate più collaborare è una manna per il tuo benessere e risolve il grosso del problema, ma anche in futuro io ti suggerisco, semplicemente, di non parlarle e non incontrarla. Per le persone provocatorie, competitive e amanti del conflitto non c’è peggior inibitore del mancato contatto: non ti dico di diventare Gandhi, ma sii consapevole che, se non la vedi, stai meglio. Stalle lontana e non ossessionarti, non sviluppare un interesse morboso nei suoi confronti perché ti fa male, si percepirebbe all’esterno ed è un fianco perfetto per una pugnalata.
Rappresentare una concreta alternativa significa continuare a comportarti secondo coscienza, senza adottare i metodi che tanto disapprovi, senza rispondere pan per focaccia, senza attuare una guerriglia aziendale: di nuovo, prendi atto che il tuo stile professionale è un altro, che ricorri ad altri strumenti, che sono altri i tuoi punti di forza e i motivi per cui ti sei creata una reputazione aziendale. Di questa persona tu forse ammiri o invidi i risultati (visibilità? promozioni? aumenti?) ma non sei disposta a condividere i metodi, quindi, a meno che tu non voglia farti violenza per diventare come lei, ti conviene farti una lista dei motivi per cui pensi che lavorare con te sia una gran figata, impararla orgogliosamente a memoria e ripeterla tipo mantra nei momenti di difficoltà. Devi essere tu, per prima, convinta di essere nel giusto.
Suggerimenti di lettura: “Il metodo antistronzi” di Robert Sutton, un testo recente ma già storico utile per riconoscere queste figure aziendali e i segnali che preludono al manifestarsi dello stronzo; contiene anche indicazioni per quando ci si trova a gestire un team o un’organizzazione con uno stronzo all’interno.
Posta del Cuore Settembre 2019: trinacria
Trinacria, che come immaginerete non viene dal Trentino, ha 27 anni. Da quando 2 anni fa a sua sorella è stato diagnosticato un tumore, il loro rapporto -già intensissimo- si è molto rafforzato e lei nutre un forte timore di perderla; Trinacria è anche fidanzata con un ragazzo straordinario che, oltre ad averla sostenuta in questo momento difficile, vorrebbe pianificare un futuro con lei via dalla loro città. Il loro amore è autentico, ma Trinacria non vuole venire meno alla sua famiglia né a sua sorella che sta vivendo un post-malattia emotivamente difficile: d’altro canto, si rende conto che anche il suo fidanzato potrebbe stancarsi dell’attesa e lasciarla.
Allora, Trinacria, mi mancano alcune menzioni importanti: mi permetto di supporre che tua sorella abbia superato la malattia e che stia avviandosi verso una ripresa completa della sua vita, ma in tutto questo non capisco cosa vorresti fare tu. Qual è il tuo desiderio autentico? Se la tua famiglia non avesse subito questo scossone, ti saresti già trasferita con il tuo fidanzato?
Se il tuo desiderio è andartene dalla tua città io penso che tu debba assecondarti: non è restando che impedirai alla sorte di mandarti altre sfighe, se vorrà farlo. In ogni caso dovrai uscire di casa, lavorare 8 ore al giorno (+pausa pranzo + spostamenti = 10 ore), andare in vacanza, assentarti: insomma, quella di restare a fare la custode di tua sorella (semicit.) non è un piano sostenibile per sempre. Se invece lasciare la tua città non era nei tuoi piani neppure prima, le motivazioni profonde che ti legano a questo luogo sono altre, magari legittimissime e vanno oltre la malattia di tua sorella.
Tornando ai punti oscuri: dove pensi di trasferirti? In Patagonia o in un’altra città d’Italia? Perché l’assiduità si può mantenere in molti modi: (video)chiamando, scrivendo e pianificando dei ritorni più frequenti o accogliendo i tuoi famigliari in visita. Forse non potrai fiondarti in ospedale a ogni prelievo, ma non credo neanche che tua sorella o i tuoi genitori vogliano questo per te. Appurato che sei felice all’idea di trasferirti altrove con il tuo fidanzato e che la tua famiglia non ha niente in contrario, io sceglierei una deadline che stia bene a tutti (fidanzato, sorella, genitori e te stessa) e inizierei a fare qualche piano. Senza riempirti di ansia, ma dando a tutti un segnale che stai lavorando in un’ottica di ripresa. Un abbraccio anche a tua sorella.
Suggerimenti di visione: “Me and Earl and the Dying girl”, tradotto in italiano in “Quel fantastico peggior anno della mia vita”. Non c’entra niente con la tua vicenda, il finale è meh ma è uno dei pochi film sulla malattia che consiglio a tutti, perché é autentico e pieno d’amore.
alemarcotti
Settembre 17, 2019 at 7:40 am
Avevo davvero bisogno di leggere queste parole…..non sai quanto….e con qualche risatagra,ie
gynepraio
Settembre 17, 2019 at 10:23 am
Beh, dai meglio una risata agrodolce che i lacrimoni dolenti
FrencyF
Settembre 17, 2019 at 7:58 am
Una delle cose che mi piacciono di più della tua posta del cuore, contenuti a parte, è il format. Che la rende del tutto originale nel panorama delle rubriche. E cioè tu non pubblichi la lettera di chi ti scrive seguìta dalla tua risposta, ma riassumi tu le vicende che ti vengono racontate da chi ti scrive, e lo fai con uno stile narrativo che fa diventare le vite altrui dei racconti brevi, e una capacità di sintesi così lucida che già questo costituisce un aiuto a chi ricorre a te: prima ancora di rispondergli nel merito, gli offri una descrizione lucida e ordinata dello stato dell’arte. Che è sempre il primo passo per trovare il bandolo della matassa quando si è confusi e incapaci di “vedersi”. Brava! 🙂
gynepraio
Settembre 17, 2019 at 10:22 am
Grazie mille per queste parole (in effetti le comunicazioni sono sempre molto lunghe, piene di dati sensibili e quindi riportarle integralmente non sarebbe fattibile!)
Elena
Settembre 23, 2019 at 10:12 am
Non avrei saputo esprimerlo meglio. Brava davvero!
Gynepraio
Settembre 17, 2019 at 1:52 pm
Grazie!! Sei sempre molto attenta a tutte le sfumature degli eventi!!
Anna
Settembre 20, 2019 at 4:54 pm
Grazie. Non sapevo di avere bisogno delle parole che hai scritto nella seconda storia finché non le ho lette.