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By gynepraio30 Gennaio 2020In BooksPersonale

Libri in 3 parole: parità in pillole

Parità in pillole di Irene Facheris me lo sono comprato da sola perché mi interessava, quindi niente di niente, né paid advertising e nemmanco un misero gifted. L’autrice, da lungo tempo presente online (sia su Youtube e Instagram con il nome Cimdrp sia tramite l’associazione Bossy di cui è fondatrice) in veste di attivista e divulgatrice su parità, diritti delle comunità LGBTQ+ e delle minoranze in generale e ovviamente, femminista. Ha già pubblicato un’altra opera per Tlon Edizioni dal titolo “Creiamo Cultura Insieme: 10 cose da sapere prima di iniziare una discussione” che ho acquistato ma non ancora letto. Non la seguo neppure da molto, quindi ecco, se volete un giudizio rotondo e completo sulla figura autoriale di Irene temo di non essere la persona migliore.

La storia

Si tratta di un’opera di divulgazione e non di un romanzo, quindi più che di storia parlerei di intento. Esistono alcune forme di discriminazione note e vecchie quanto il mondo: quella razziale o quella nei confronti del genere femminile. Dopo secoli, non solo queste due macro-discriminazioni sono cambiate (passando fondamentalmente da una forma più palese ad altre più subdole) ma alla grande famiglia delle disparità si sono aggiunti i figli che nel frattempo sono nati: il lavoro, il corpo, la malattia, il linguaggio. Mi piace immaginare Parità in pillole come una guida semplice e chiara per orientarsi nell’intricato mondo della diversità, educarsi a stanare le diseguaglianze ovunque esse si annidino e fornire ad esse una risposta concreta, utile e soprattutto umana.

parità in pillole

parità in pillole: ravvedimento

Credo sia questa la lezione migliore di Parità in pillole: chi possiede un’alta consapevolezza sulle disparità o una forte apertura mentale nei confronti del diverso, non è nato così ma è stato educato o si è educato in tal senso. Parlando di me nello specifico, sento di avere ricevuto una formazione involontariamente femminista basata sull’esempio positivo: la mia famiglia è laica, piena di donne che hanno studiato e lavorato, dotate di una visione aperta su corpo e sessualità, in cui si viaggiava molto e dove non si sono mai dette eresie tipo “gli omosessuali sono contagiosi”, o “non vogliamo inquilini africani”. Il grosso è stato fatto, ma questo non mi ha impedito di maturare posizioni giudicanti sui comportamenti sessuali altrui o il loro peso, o disinteressarmi dei diritti civili solo perché ne godo appieno. Credo però che -a meno che voi non siate la figlia di Chimamanda Ngozi Adichie, fortunelle voi- la vostra situazione non sia così diversa dalla mia.

Niente è in egual misura gratificante e mortificante come rileggere o ripercorrere le proprie posizioni passate (Irene Facheris lo fa, riproponendo vecchi status Facebook di cui non va molto orgogliosa) e apprezzarne l’evoluzione: godendone a maggior ragione visto che si tratta di un percorso effettuato in autonomia poiché non è oggetto di un vero e proprio percorso di studi e non te l’ha nemmeno ordinato il dottore. Quindi ecco, l’apertura mentale è un muscolo volontario e come tale va esercitata regolarmente e progressivamente, perdonandosi quando si ricade vittima delle proprie rigidità, ottusità e preconcetti.

parità in pillole: chiarezza

Niente di ciò che ho letto era autenticamente nuovo alle mie orecchie (tranne le pagine relative alla comicità e all’ironia, tema che a questo punto dovrei approfondire) ma questo non è un aspetto negativo, anzi. La mia traballante coscienza si è formata negli anni, accumulando sapere da fonti e voci diverse, addirittura in lingue diverse: Parità in pillole è una summa ben strutturata e fruibile di quanto sapevo, arricchito da esempi concreti e contemporanei. Analogamente a quanto fatto da Giulia Blasi in Manuale per ragazze rivoluzionarie (che è giustamente menzionato più volte dalla stessa Irene Facheris), il risultato è quello di mettere a fuoco alcuni temi sui quali non si dovrebbe vacillare. Si può vacillare nel buio della propria stanza: dubitare e ravvedersi è un diritto che tutti hanno. È più grave se si vacilla durante una discussione o un’argomentazione che potrebbe andare “a buon fine” ma che per essere autenticamente convincente richiede sicurezza, familiarità con l’argomento, capacità di gestire le obiezioni più ricorrenti.

Non sto dicendo che si tratti di un’interrogazione, ma la consapevolezza diventa autenticamente utile quando si è in grado di trasmetterla e divulgarla a gesti e parole. Non dovremo intervenire al Gran Galà della Parità, ma le occasioni di aprire bocca non mancano: per azzittire chi fa commenti inopportuni o, più semplicemente, per spiegare al vostro unico figlio di 3 anni e mezzo faticosamente educato a giocare con la sua cucinina montessoriana che il rosa non fa schifo perché è da femmine e che i suoi compagni della sezione dei Gialli non dovrebbero dire così, eh no.

parità in pillole: motivazione

All’interno di Parità in pillole ritorna il tema della reason why. Perché non basta sincerarsi di non perpetrare volontariamente nessuna discriminazione macroscopica per ritenersi a posto? Perché autoeducarsi a riconoscere le disparità e battersi proattivamente contro di esse, anche e soprattutto nel caso in cui si goda di privilegi tali da non trarne nessun beneficio?

La risposta di Irene Facheris è molto semplice: per essere autenticamente umani, cioè per ampliare e portare al limite la nostra capacità di accogliere l’altro, specialmente se debole e bisognoso. Perché questo consente anche di comprendere la violenza o altri comportamenti socialmente dannosi che della discriminazione sono conseguenza e non causa. Perché, come ampiamente dimostrato, una società e una legislazione che protegga la parità e la consideri un valore (anziché un grattacapo) sarà in grado di offrire una qualità della vita migliore per tutti, non solo per le categorie protette.

Quando ho cominciato a fare caso al carico di aggressività e disprezzo che si libera in certe conversazioni (due uomini che commentano il comportamento sessuale di una donna), alla perversità di posizioni comunemente considerate accettabili anche tra le donne (colpevolizzare una vittima di molestia perché provocatoria), al grado di sopportazione che io stessa ho inspiegabilmente manifestato dinanzi a comportamenti prevaricatori (questo era un mio intervento sul mansplaining scritto l’anno scorso per la Giornata Internazionale della Donna), ho provato moltissimo disgusto. Quindi, giacché si è capito non sono la figlia di Chimamanda Ngozi Adichie, la mia reason why è molto più low end: educhiamoci per fare un po’ meno schifo.

Parità in pillole è edito da Rizzoli e lo potete acquistare per voi e regalare alle vostre amiche del cuore. Nell’improbabile ipotesi che non riusciate a trovarlo in nessuna libreria indipendente, potete acquistarlo qui. Con il ricavato proveniente da questo affiliate link di Amazon e degli altri link presenti nell’articolo comprerò un po’ di copie di questo vinile vintage e le distribuirò ai maschi della sezione Gialli.

 

svgDiete, Intuitive Eating e Grassofobia
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svgAttività per bambini dai 3 anni in su

2 Comments

  • Valentina

    Gennaio 30, 2020 at 11:55 am

    come sempre offri spunti a volontà. Leggendo il post mi sono vergognata più di una volta e, alla fine della fiera, mi rendo conto di parlare con troppa leggerezza e invece ogni parola dovrebbe essere ponderata. Spesso non c’è malizia o malignità, ma questo non toglie nulla all’idiozia e inutilità di alcune mie uscite. Quindi sì, lo leggero per fare meno schifo. Grazie Valeria!

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    • gynepraio

      Febbraio 8, 2020 at 11:51 am

      Spero ti piacerà, è molto scorrevole e per niente noioso!

      svgRispondi

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