
The Ferragnez: la mia recensione
Warning e disclaimer
“The Ferragnez” non è una serie crime e non prevede colpi di scena; riguarda eventi accaduti nel passato (si arriva a marzo 2021) quindi già ampiamente ripresi dai protagonisti e dalla stampa. Insomma: non ci sono spoiler.
cosa penso di Chiara Ferragni e Fedez
Trovo che Chiara Ferragni abbia fatto una bella parabola professionale e compiuto scelte di business corrette, da sola o con il supporto di persone competenti di cui ha avuto l’accortezza di circondarsi; approvo l’approccio pacato gentile alle critiche e ai commenti con viene gestita la sua community. Secondo me Fedez, agli inizi della sua carriera musicale, è stato un buon paroliere e aveva una cifra originale che però, quando canta, perde del tutto. È un imprenditore, le sue aziende funzionano e danno lavoro; non mi è parsa così male neanche la sua condizione di LOL.
In sostanza, non ho niente in particolare contro nessuno dei due ma mi limito a non seguirli sui social perché li trovo poco stimolanti: nel loro modo di comunicare non c’è niente che solletichi la mia curiosità, che appaghi un mio dubbio o colmi una mia lacuna, che mi diverta, mi rilassi, mi ispiri.
cosa penso di “the ferragnez”
La serie, prodotta da Amazon e disponibile su Prime Video, è un reality con pretese di approfondimento articolata in 8 episodi per un totale di circa 4 ore. Io ci ho messo un po’ di pause pranzo e un episodio di insonnia per terminarla: diciamo che la mia idea di binge watching passa da produzioni un po’ più interessanti. Ecco, l’ho già detto.
Immagino che, nel mettere in piedi la produzione -oltre al mero compenso economico-, Chiara Ferragni e Fedez si fossero posti degli obiettivi di personal branding: nobilitare la famiglia Ferragnez e incrementarne la carica aspirazionale? Normalizzarla e renderla più relatable? Non lo so, ma nessuno dei due è stato raggiunto, a mio parere.
L’espediente narrativo utilizzato, quello della terapia di coppia, non è originalissimo ma aveva un suo potenziale: trovo che sia stato sfruttato male, sia in termini di script -la gestione del terapeuta è banale e paternalistica- che a livello di montaggio. Io non sono mai stata in terapia di coppia, ci terrei a provare questa esperienza e non escludo quindi di farlo, ma se avessi dei dubbi dopo questa rappresentazione non ci andrei di sicuro.
Partiamo dal presupposto che detesto vedere le persone battibeccare davanti a me: detestavo che lo facessero i miei genitori, detesto che lo facciano gli amici, mi sono resa detestabile facendolo anche io davanti ad altre persone. Quindi, per me, le prime puntate, incentrate quasi interamente sulle loro (micro)dinamiche di coppia, sono altrettanto detestabili: mi sembra che dal confronto entrambi escano addirittura peggiori di quanto probabilmente sono. Lei bisognosa di essere sempre intrattenuta e circondata dalla famiglia, di avere un programma possibilmente entusiasmante, incapace di stare nella noia ma anche solo nel momento. Lui scostante se non palesemente infastidito dalla presenza altrui, insicuro e ansiosissimo, forse perché, come sostiene, è stato scottato da delusioni provenienti da persone di cui si è erroneamente fidato in passato. A proposito di amicizie e partner, le uniche persone a fare un figurone in “The Ferragnez” sono Francesca Michielin e Dargen d’Amico: creativ* ma attaccat* alla terra, brillanti, intelligenti, indipendenti. Dargen è anche un mio sogno erotico, lo dico per trasparenza
L’estetica di “The Ferragnez”
Meno urticanti, devo dire, sono state le puntate in cui Chiara e Fedez sono dispensati dall’interagire e in cui ciascuno ha tirato fuori alcuni lati di sé, seppur con un livello di introspezione limitato. Ma, a quel punto, avrei voluto un po’ di aspirazionalità: perché non mi fanno sognare nemmeno mezzo secondo? Perché sono vecchia e stramba, e mi sto trasformando nella signora Ceppo di Twin Peaks?
Sto per dire una cosa impopolare e malinterpretabile, ma non c’è niente del loro lifestyle che mi piaccia. È tutto lontanissimo dai miei standard, ma anche dai miei gusti e dai miei sogni: discorsi vacui, passatempi e intrattenimenti noiosi, figuriamoci edificanti, ragionamenti poco lucidi (in particolare quelli sull’educazione della prole). Detto così, sembra che io legga solo scritti inediti di Kierkegaard in lingua originale, ma no, vi assicuro che sono scema come le pietre e rido pure alle barzellette di Pierino.
In realtà trovo respingenti anche alcuni elementi di natura puramente estetica: mobili e quadri trash, giocattoli orrendi, outfit e make-up discutibili. Forse perché sono ancora (stupidamente, infantilmente) legata all’idea che il denaro possa comprare tutto, mi sanguinano gli occhi nel trovare la bruttezza in un mare di ostentata ricchezza e privilegio: possibile che con un appartamento di quella metratura, con stuoli di persone incaricate della pulizia e della cura domestica, debbano tenere in soggiorno un gigantesco box in plastica per delimitare l’area gioco di Leone? Ma poi: le transizioni con le vedute aeree del Duomo e la Madonnina. Ma veramente? Se non fosse che si intravede City Life, sembrerebbero riprese polverose di uno spot del 1987 sulla Milano da Bere.
È possibile che, non seguendoli e ricevendo sul loro conto solo aggiornamenti “passivi”, io avessi maturato delle aspettative totalmente sbagliate, ma lo ripeto: non c’è niente della loro vita che mi sembri desiderabile e che vorrei replicare. A parte i soldi, ça va sans dire.
NB Ora, non voglio fare paragoni azzardati ma per tornare all’espediente narrativo: gran parte del successo della pellicola “A marriage Story” di N.Baumbach si basa su un trailer in cui vengono montati sapientemente alcuni estratti di una terapia di coppia. Pur trattandosi di un film molto imperfetto, trovo che quelle sequenze dicano tantissimo di Charlie e Nicole, portandoci nel vivo della loro relazione molto più di quanto facciano i primi 3 episodi di “The Ferragnez”. Lo trovate su Netflix.
pollywantsacracker
Gennaio 12, 2022 at 6:03 pm
Come te non apprezzo l’estetica, veramente troppo kitch, ma senza raggiungere quell’esagerazione hollywoodiana che almeno darebbe carattere. Come te non aspiro al loro stile di vita, letteralmente claustrofobico. In generale mi sembrano meno interessanti di qualunque persona potrei fermare per strada per farci due chiacchiere.
Invece ho apprezzato il montaggio e l’elemento della psicoterapia di coppia che tengono assieme una storia inesistente, rendendo la visione un passatempo fluido e mai fastidioso.
Li seguo sui social perché li trovo rilassanti, prevedibili, quasi conosciuti. Sai benissimo quanto sono furbi nel loro specifico contesto ma hanno anche qualcosa di ingenuo, come se non sapessero niente della vita reale, per questo li trovo innocui. Tutto quello che fanno è marketing al 99% e sostanza all’1% e come donna di marketing non posso che interessarmene. E poi diciamocelo, da quando hanno capito che dovevano postare i bimbi, ci regalano anche qualche momento molto cute.
gynepraio
Gennaio 13, 2022 at 4:53 pm
A me un po’ spiace per i bambini, mentre ne parlavano durante le varie puntate della serie mi sembrava proprio che il tema dell’esposizione mediatica non se li siano nemmeno posto. Mi sento bacchettonissima a dirlo, lo so.
Federica Coccia
Gennaio 17, 2022 at 10:47 am
MI trovo completamente d’accordo su tutto, ma proprio tutto…