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By gynepraio24 Marzo 2022In BabyPersonale

Includere le persone piccole

Alcune settimane fa volevo organizzare un pranzo domenicale per festeggiare il mio quarantesimo compleanno (che è oggi, ehilà!) assieme ad alcuni amici e ho cercato di prenotare in un ristorante situato in una località piemontese non lontana dalla Valle d’Aosta. All’e-mail mi è stato risposto che per il tipo di menu e la durata del pasto non sarebbe stato un luogo particolarmente adatto ai bambini: si è trattato di una replica scritta con garbo e sufficientemente vaga da lasciare la decisione finale all’avventore.

Non voglio fornire troppi dettagli su questa struttura, perché l’obiettivo non è recensirla aspramente o ridicolizzarne la policy ma forse, parlando di mero marketing (che è peraltro il mio campo), pranzare la domenica in una fattoria a conduzione famigliare collocata in un luogo appartato di campagna non raggiunto dai mezzi pubblici non mi sembra esattamente il tipo di scelta che farebbe un ventitreenne neolaureato con contratto di stage senza auto di proprietà che la sera prima è andato a letto alle 6 dopo essersi sfondato d’alcol ai Murazzi. A occhio, mi sembra esattamente il luogo in cui si recherebbero delle coppie sopra i 35 anni con reddito medio dotate di automobile e, probabilmente, dotate di bambin* in età prescolare. Se questo ristorante fosse mio cliente, proporrei una target analysis più accurata.

Dismettendo i panni di marketer e indossando quelli di genitore, vorrei ragionare sul concetto di inclusione quando parliamo di bambin* e famiglie. Sono certa che, tra le persone che mi leggono e mi seguono (e anche tra quelle che frequento!) vi è chi non gradisce la presenza di persone piccole in alcuni contesti perché le considera fonte di disturbo. Io vorrei confermare questa tesi: molto spesso, questa cosa è vera. Per diversi motivi -spesso connaturati alla sua immaturità comportamentale, talvolta attribuibili a un’educazione migliorabile- un* bambin* può condizionare negativamente alcune esperienze.

Vorrei però rivelare che, ogni volta che cercate deliberatamente (seppur in modo gentile come in questo caso) di escluderl* non state facendo un torto a nessun* bambin*. A nessun* bambin* interessa un bel niente del vostro menu esperienziale, della vostra concettualissima mostra, della vostra imperdibile presentazione letteraria: a loro piace molto di più stare a casa a guardare “Toy Story” e mangiare pasta in bianco col parmigiano, arrampicarsi di un albero e rotolarsi in un parco cittadino dove qualche cane avrà previamente svuotato le viscere. Di tutte le belle cose per cui giustamente vi fate pagare, a loro non importa assolutamente nulla.

Le persone che soffrono e talvolta si arrabbiano per queste policy poco inclusive sono i genitori: nella maggior parte dei casi, sono persone cui la vita ricorda già abbastanza spesso la difficoltà del ruolo che hanno scelto. In aggiunta a questo, devono in qualche modo digerire la frustrazione di non avere un’agenda ricca come quella che avevano prima di divenire genitori. Il messaggio sotteso a questo tipo di esclusione (forte è la tentazione di usare il termine discriminazione, ma come vedete resisto) è: non puoi occuparti della cura dei tuoi figli e anche avere una vita sociale/culturale appagante, devi scegliere.

Siccome nel nostro Paese gran parte del lavoro di cura ricade sulle donne, sono esse le principali e prime vittime designate di queste manovre. Il lavoro di cura, lo dico per chi non ne ha mai fatto, è faticoso, anche se è stato scelto: è una condizione molto ricca d’amore e di scambi emotivi, ma spesso povera di divertimento e intrattenimento. Oltre alla ormai conclamata penalizzazione professionale e retributiva, anche la vita extralavorativa ne esce svilita: non prendere un aereo o non andare a una mostra per timore di “disturbare”, oppure rinunciare all’effetto rigenerante della compagnia o del confronto con persone coetanee perché il ristorante -magari lo stesso che è miracolosamente riuscito a panificare con la farina di sorgo e quinoa- non ce l’ha proprio fatta a inserire una pastasciutta nel menù e mettere un tappeto per terra in un angolo vuoto.

In realtà, quando dite o lasciate intendere che un* bambino* non è ben accett*, state dicendo che dovrebbe stare a casa con sua madre. Quando questo messaggio sotteso arriva da una istituzione polverosa gestita da vecchi tromboni novantenni  (non uso intenzionalmente l’asterisco), dico “che vuoi farci, è gente che sta fuori dal paese reale, che percezione vuoi che abbia della contemporaneità? Vanno compatiti”. Se al contrario a farsene portavoce è un’impresa giovane e vestita a festa di ideali positivi, rimango molto delusa. Mi riempiono di disappunto anche coloro che suggeriscono di prendere una babysitter, come se fosse una soluzione economicamente sostenibile da chiunque, come se il tempo della famiglia e il tempo del lavoro non viaggiassero già su binari sufficientemente diversi, come se la delega a persone terze fosse qualcosa che si fa così, puff, schioccando le dita. Per quale motivo, esattamente, una madre che sta a casa con i figli è oggetto di lode mentre un’altra che se li vuole portare dietro (per fare cose peraltro normalissime) deve essere scoraggiata?

Non nascondo, oltre a questo, di essere dispiaciuta e spaventata nel rilevare lo sprezzo e il disprezzo che alcune persone adottano nel parlare di bambin*. Quando va bene, sono ridotti a moleste appendici dei genitori, quando va male a pura fonte di fastidio: come se fossero problemi con le gambe e non persone, come se non fossero -ad esempio- coloro che erediteranno il mondo, e forse lo cambieranno, come se un giorno non dovessero camminare le nostre stesse strade e vestire i nostri stessi panni.

Ognuno sceglie su chi riversare la propria benevolenza e, come tutti anche io ho le mie preferenze e inclinazioni: il mio amore è molto meno ecumenico di quanto sembri, e me ne vergogno spesso. Ma non posso fare a meno di chiedermi come ci si possa riempire la bocca di buoni propositi, come si possa pretendere di accettare e prendersi cura delle persone ultime – quelle che arrivano da lontano, sporche, arrabbiate, a volte indifendibili – se non si riesce a includere le persone piccole.

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svg“Non ti disunire”: ripensare la conciliazione ed essere felici

31 Comments

  • Barbara

    Marzo 24, 2022 at 12:32 pm

    Brava Valeria! Sono mamma di due ragazze adulte e, sebbene la questione non rivesta più un problema per me, aderisco totalmente al tuo pensiero. I piccoli sono il nostro futuro, chi non si cura di loro non ha a cuore il nostro domani.

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    • gynepraio

      Marzo 24, 2022 at 1:13 pm

      Più che altro che miseria intellettuale, denigrare e disprezzare persone che fondamentalmente non possono difendersi e non hanno contezza di sé.

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  • Daniela

    Marzo 24, 2022 at 12:35 pm

    Ciao Valeria, non potrei essere più d’accordo col tuo post. In un mondo in cui si fa un gran parlare (giustamente) di inclusività, apertura al prossimo, tutto ciò sembra sempre non riguardare i bambini. Eh sì, per me un ristorante, un locale per cui i bambini non sono ben accetti, è discriminatorio, esattamente come quei locali in cui “i gay non possono entrare”, e io personalmente non voglio averci nulla a che fare (con l’uno e con l’altro) se poi devo scegliere un posto per andare da sola con le amiche, col marito o con chi ti pare. Penso che possiamo chiamare le cose col loro nome.

    I bambini possono essere insopportabili? Assolutamente. Non tutti i luoghi e i contesti sono adatti a loro? Verissimo, e siccome i genitori per primi non voglio avere sbattimenti, tendenzialmente sono essi stessi a evitare situazioni che possono diventare problematiche. Non porto mia figlia in posti che reputo siano troppo stancanti per lei (e per noi). Ma sono in grado di capirlo da sola, e in effetti da luoghi come quello che hai descritto (ho avuto anche io esperienze simili in hotel insospettabili) mi aspetto un minimo di disponibilità e accoglienza. Altrimenti forse alcune persone dovrebbero interrogarsi meglio sulla loro idea di business, e io sono felicissima di portare i miei soldi in luoghi che ci fanno sentire benvoluti. As simple as that!
    Scusa il pippone, ma hai toccato un nervo scoperto!
    Tanti auguri 🙂

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    • gynepraio

      Marzo 24, 2022 at 1:14 pm

      Anche io sono la prima a evitare di coinvolgere mio figlio in esperienze che non sono alla sua portata. Ma certamente lo faccio per me e non per far stare sereni gli altri avventori 🙂

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      • Daniela

        Marzo 25, 2022 at 10:57 am

        Hai ragione, nell’impeto della foga forse mi sono espressa male: penso che la maggior parte dei genitori sappia come regolarsi col proprio figlio, quello che è in grado di tollerare e quello che no. Con mia figlia ho viaggiato tranquillamente in aereo o in treno per tratte che reputavo fattbili: un volo di 15 ore magari per ora glielo evito, sapendo che per lei (magari per un altro no) sarebbe troppo stressante. Ma a volte basterebbe davvero poco per far sentire i genitori accolti e spiace vedere, nonostante le belle parole di cui ci si riempie la bocca, tanta chiusura e intolleranza. Qui il motto su tutti i livelli sembra sempre: figli tuoi, problemi tuoi (che poi tuoi=madri 9 volte su 10). Quanta strada da fare

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  • Marta Braccia

    Marzo 24, 2022 at 1:24 pm

    Che dire…un applauso a te, Valeria! E tanto disappunto ai gestori del ristorante. Firmato: madre di duenne che viene portata in giro a cena/pranzo fuori da quando è nata

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    • gynepraio

      Marzo 24, 2022 at 1:57 pm

      Sono certa che sono state tutte cene felici! A presto

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    • Marghe

      Marzo 24, 2022 at 3:10 pm

      Uno dei tuoi migliori post!
      Condivido tutto e aggiungo anche che non apprezzo i luoghi che escludono, più o meno velatamente, i bambini.
      E non sono una madre.

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      • gynepraio

        Marzo 24, 2022 at 3:21 pm

        Grazie mille, anche io pure prima di averli non li ho mai trovati molesti (e non sono mai stata una grande appassionata di infanzia, lo confesso)

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  • Consuelo Miele

    Marzo 24, 2022 at 2:51 pm

    Valeria, che dire..
    Per quanto riguarda le attività di ristorazione ed intrattenimento..beh, basta notare la diffusissima assenza del fasciatoio nei bagni per capire quanto la situazione sia triste. C’è da dire che ci sono alcune realtà che dell’accoglienza famigliare hanno fatto il loro marchio di fabbrica, come il Trentino Alto Adige, dove gli hotel sono mediamente a misura di famiglia e allo stesso tempo gastronomicamente ed esteticamente appaganti per gli adulti(no gonfiabili, no plastiche, no cena a base di cotoletta e patate fritte). Spiace dirlo ma molti esercizi di montagna piemontesi avrebbero tanto da imparare, invece di continuare a lamentarsi. Buon compleanno!

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    • gynepraio

      Marzo 24, 2022 at 3:25 pm

      Sono totalmente d’accordo con te e vorrei vedere nelle nostre valli un altro modo di accogliere i più piccoli. Una cosa che mi piace molto del Trentino AltoAdige è che, anche nei posti non posizionati come family friendly, è normale che ci sia uno standard di accoglienza base.
      Devo dire che le formule per famiglie (che ho provato e amato tantissimo quando Elia era piccolo) le trovo a loro modo ghettizzanti, cioè adesso che ho un bambino più grande non le sceglierei più. Io auspicherei che ogni luogo della socialità fosse “sufficientemente” pronto ad accogliere un bambino anche se non specificatamente studiato per farlo divertire. Ci vuole anche poco, tra l’altro

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      • Consuelo

        Marzo 24, 2022 at 6:30 pm

        Esatto. Noi l’anno scorso abbiamo avuto una piacevolissima esperienza in un hotel con annesso ristorante di un certo livello in Val Gardena, non specificatamente dedicato alle famiglie. Quando abbiamo fatto presente che avevamo una bimba di sei mesi a inizio svezzamento, ci hanno detto “benissimo, saremo felici di preparare le sue prime pappe!”. Al nostro arrivo abbiamo trovato il suo posto dotato di un seggiolone ed un bavaglino di cotone. La bimba ha pianto durante le cene? Si, certo. come ogni bimba di sei mesi. Ci si alzava e la si portava da un’altra parte. Ma alla fine del nostro soggiorno abbiamo dovuto fare il giro dei tavoli perchè tutti volevano salutarla! Alla fine si, basta veramente poco.

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  • Jennifer Toso

    Marzo 24, 2022 at 4:14 pm

    Ciao Valeria!
    Sono d’accordo, assolutamente. Avrei potuto scriverlo io(forse con meno efficacia narrativa), fino a 6 anni fa.
    Poi mi sono trasferita all’estero e mi sono resa conto che il problema, ben lungi dall’essere universale, è invece tipicamente italiano. Il che lo rende ai miei occhi ancora più fastidioso. I bambini a quanto pare sono considerati una fastidiosa rottura solo da noi. In 6 anni di UK, con esplorazioni in molteplici paesi europei ed extraeuropei, non mi è mai più capitato. E sai che c’è? Che se i bambini non sono solo tollerati, ma bene accetti e i genitori addirittura incentivati a uscire e portarseli dietro, succede che i bambini sono mediamente molto più abituati a uscire, hanno sempre qualcosa a disposizione per intrattenersi senza disturbare e una proposta culinaria appropriata. Win-win situation, come si dice 😉

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    • gynepraio

      Marzo 25, 2022 at 4:22 pm

      Il loop virtuoso che si creerebbe è assolutamente evidente, e io l’ho vissuto personalmente con mio figlio che adesso addirittura “chiede” di andare a cena o a fare l’aperitivo perché gli piace l’esperienza di uscire (anche se non è affatto un buongustaio anzi fondamentalmente mangia pasta al pomodoro anche nei ristoranti stellati!). Quando Sa che si esce, pensa da sé a portarsi uno zainetto di giochi o giornalini o libri (o anche audiolibri al telefono, se necessario). Va detto che me ne sono sempre abbastanza fregata del giudizio altrui e che è un bambino piuttosto accomodante, non so se sarei stata altrettanto convinta della mia posizione se fosse stato meno collaborativo…

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  • Daniela Fraire

    Marzo 24, 2022 at 9:46 pm

    Come non essere d’accordo? Con il primogenito di sei mesi abbiamo scoperto che possono esistere alberghi “gestiti dalla stessa famiglia da tre generazioni” che, in tutta lunga storia familiare, non hanno mai sentito l’esigenza di dotarsi di un lettino e un seggiolone (ma la camera è grande se volete portarlo voi…). E perfino ristoranti che hanno matrimoni e pranzi associativi come core business ma ciò nonostante non ritengono utile un fasciatoio nel loro immenso bagno…
    E tanta insensatezza anche quandi ci sono buone intenzioni. Come quando la mia amica consigliere comunale nel mio paese di ottomila anime mi ha chiesto fiera: hai visto che abbiamo creato i posti rosa in tutti i parcheggi per agevolare le mamme? E ha scoperto che 1) era meglio regalare un fasciatoio ai bar e 2) se i posti rosa sono grandi esattamente come gli altri e non hanno spazio intorno, allora non servono a nulla.
    Io boh….

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    • gynepraio

      Marzo 25, 2022 at 4:25 pm

      Ci sono molte professioni che girano attorno all’usabilità: qui parliamo di genitori e infanti ma potrebbe anche trattarsi di altre categorie di utenti. Vale sempre il solito discorso: pensi che se tra i geometri addetti alla pianificazione urbana del tuo comune ci fosse stata una mamma di neonati non ci avrebbe pensato? Lasciami indovinare: erano tutti maschi.

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  • Sara

    Marzo 24, 2022 at 11:29 pm

    Io trovo veramente vergognoso che i bambini non vengano proprio considerate persone. Vengo di recente da un lussuoso matrimonio in villa, il cui personale era quindi a conoscenza del numero degli invitati e di quanti menù bambini erano stati conteggiati, che non era provvisto del numero di seggioloni sufficienti per i bimbi… Nello specifico ne aveva 2 per 140 ospiti… Manco te lo racconto che nei 15 bagni enormi non c’era neanche un fasciatoio… E i treni? Sull’alta velocità i bambini fino a 4 anni viaggiano gratis, seduti comodamente in braccio all’accompagnatore… Almeno lasciassero la possibilità di scegliere se pagare un posto o farsi -chessò- 6 ore di viaggio con 15 kg sulle gambe a bloccarti la circolazione…

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    • gynepraio

      Marzo 25, 2022 at 4:28 pm

      Quando dico che un bambino è considerato una fastidiosa appendice dell’adulto, mica scherzavo. Magari spendono il PIL di un Paese africano per mettere le tende in pura seta da bachi gioiosi, e poi non riescono a mettere a budget 300 per comprare 10 seggioloni Ikea.
      A me fa doppiamente incazzare leggere le about page di questi luoghi, dove sembra che facciano la messa in piega ai ciuffi delle carote per renderle più felici e poi si scordano di far sedere i bambini. Mi manda in bestia.

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  • Antonella Questa

    Marzo 25, 2022 at 1:09 pm

    Le persone piccole sono figl* di tutt*, questo andrebbe scritto OVUNQUE: nei bar, ristoranti, panetterie, aeroporti, autogrill …
    Sai quanto spesso chiedo alla madre di turno in difficoltà, che magari viaggia con una personcina piccola, se ha bisogno di aiuto? E lo faccio incazzata dall’indifferenza che la circonda, dalla gente che sbuffa …
    E comunque tanti auguri! 🙂

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    • gynepraio

      Marzo 25, 2022 at 4:29 pm

      Non lo fa mai nessuno, perché alla fine il figlio è tuo, l’hai voluto e te lo gestisci tu.

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  • Daphne

    Marzo 25, 2022 at 10:22 pm

    Anche a me è piaciuto molto questo articolo. Mi ha fatto riflettere molto. Vivo in Germania da 2 anni e prima ero in Svizzera, dove mio figlio di 5 anni è nato. Non ho mai vissuto in Italia da mamma e quando rientro per delle vacanze la differenza è incredibile.
    Ormai noi siamo ‘viziati’ dall’avere 10 parchi giochi bellissimi tra cui scegliere in un paese di 25000 abitanti alla periferia di Monaco. Ho conosciuto una persona che di lavoro faceva il creatore di parchi giochi cittadini! In italia, abitavo in un paese da 25000 abitanti in Lombardia e c’era solo 1 parco giochi, mal tenuto senza ombra e con 2 giochi in croce. Forse le grandi città come Milano e Torino hanno luoghi stimolanti per bambini, ma l’hinterland milanese è deprimente. E mi domando, perché? Dove vuole andare un paese che non investe nei bambini? E perché sembra che in Italia sia culturalmente così difficile capire che i bambini vanno cresciuti con rispetto senza trattarli come scomodità? I bambini si meritano stimoli adeguati anche per diventare indipendenti prima! Mi manca l’italia ma non la sua cultura dell’infanzia.. Sembra che ci sia una scelta conscia (lo è? Boh) che la vita senza figli sia quello su cui si debba investire. Un po’ come se il marchio dell’Italia modaiola e perennemente giovane non sia solo qualcosa da esportare ma che debba essere anche la realtà di chi ci vive.
    Senza strutture di supporto la vita già dura dei genitori è ancora peggio. Non so come farei qui senza un biergarten in ogni angolo con parco giochi annesso. Non saranno chic ma di sicuro rendono noi genitori più leggeri!
    Scusate mi è partito lo sfogo!

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    • gynepraio

      Marzo 26, 2022 at 11:11 am

      Ma che scusarti, sei nel giusto. Purtroppo devo solo contraddirti: l’ideale dell’italian* giovane e modaiol* è ormai morto ed estinto da tempo (posto che sia mai esistito). Le famiglie non sono cadute nell’oblio per un semplice motivo: si da per scontato che i genitori, dove con genitori si intende le mamme, vivano in uno stato di abnegazione tale da rinunciare alla vita sociale, cioè che la riorganizzazione delle priorità sia così radicale da smettere, semplicemente, di avere un’esistenza out of home.
      Quindi, in sostanza, patriacato puro.

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  • Miriam

    Marzo 26, 2022 at 12:46 pm

    Figlia di due anni, usciamo pochissimo perché molto vivace e non ama stare nel seggiolone, indi per cui passo le serate a rincorrerla nel ristorante, motivo per cui le uscite sono molto limitate. Unico ristorante babyfriendly trovato finora: un ristorante giapponese della profonda provincia pontina, accoglienza super fin dall’ingresso, seggioloni, menù baby friendly (ovviamente esotico, no pasta al pomodoro, ma le bimbe hanno mangiato), stanza dei giochi con tappeti… Ah, la proprietaria era donna e incinta.

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    • gynepraio

      Marzo 27, 2022 at 11:31 am

      Come volevasi dimostrare se una famiglia Sa di avere bambin* che malsopportano alcune situazioni se ne tiene in qualche modo lontana; penso in generale che nessun* di noi voglia delegare ai ristoranti la cura o l’intrattenimento della prole, a me già basta sapere che non mi rendono il compito più difficile. Brava la signora giapponese

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  • Monica Ferlisi

    Marzo 26, 2022 at 7:57 pm

    Parole sante. Dissento solo su una cosa: il loro target non è il 26enne strafatto, ma la coppia 37enne laureata masterizzata che spende quello che io spendo in pannolini, da natura si e in degustazioni, e che ha scelto di non avere figli. E quindi non vuole subire gli schiamazzi dei miei di figli. E il fatto che abbiano il diritto di tagliarmi fuori fa ancora più male

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    • gynepraio

      Marzo 27, 2022 at 11:35 am

      Ho la sensazione che i ristoratori stiano sovrastimando l’irritabilità delle altre persone. Io conosco coppie che corrispondono alla tua descrizione anagrafica e non ho la sensazione che non riescano a sopportare la presenza di altri bambini.
      Riconosco di vivere in una bolla felice, ma ecco, se non ci fossero questi sbarramenti iniziali credo che tutt* se ne farebbero una ragione, e stop.

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    • Francesca

      Marzo 31, 2022 at 4:10 pm

      Ho pensato esattamente la stessa cosa: anche la mia impressione è che gli intolleranti verso i bambini siano persone più o meno come me: senza figli, istruite, della mia età (ho scoperto che io e l’autrice di questo blog abbiamo un giorno di differenza!). La prima volta che una coppia di amici ci ha detto, tutta compiaciuta, che sarebbe andata in vacanza in un hotel childfree, mi è sembrata tanto una posa – e anche un po’ da sfigati, se devo essere sincera. Pure io e il mio compagno non abbiamo e non abbiamo mai desiderato figli, ma francamente le volte (per altro rare) in cui mi sono innervosita per azioni/rumori di altri esseri umani in vacanza, al ristorante, in treno…, tali esseri umani erano praticamente sempre persone adulte.

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      • gynepraio

        Aprile 1, 2022 at 4:40 pm

        Concordo, spesso le persone (miei o altrui, non conta) mi fanno innervosire ma mai quanto quelle grandi.

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  • Marta

    Marzo 28, 2022 at 5:12 pm

    Mi ritrovo molto nel tuo commento e vorrei aggiungere la mia piccolissima esperienza:
    – Figlio uno, nato nel 2015, e’ cresciuto frequentando ristoranti e mostre. Avevamo l’accortezza di scegliere ristoranti spaziosi e di andare fuori orario di punta con amici compiacenti. Ricordo ancora una mostra di Picasso a Palazzo Ducale quando lo gnomo aveva due anni. Mi sono divertita tantissimo a sentire le sue interpretazioni dei quadri. Lui era interessato, socializzato e tranquillo e lo e’ ancora.
    – Figlio due, nato a fine 2018 e cresciuto in pandemia. Niente ristoranti, niente mostre. Ha passato la maggior parte della sua vita “cosciente” in casa o all’aria aperta. Ora che stiamo tornando alla “vita di prima”, il mio treenne e’ uno di quelli che “disturbano” : non e’ abituato, non gli piace e non capisce perche’ non possa correre ovunque come a casa o al parco.
    La mia conclusione, quindi, e’: includete le persone piccole e piccolissime in queste attivita’! Se ci crescono dentro non vi accorgerete nemmeno della loro presenza, vi diranno che questo quadro sembra una giraffa, quella e’ la stessa giraffa ma con i baffi, gioiranno quando proporrete un museo e ancora di piu’ alla notizia di una visita guidata.
    Altrimenti poi tocca “educarli”, “abituarli” e, per gli altri, “subirli”.

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    • gynepraio

      Aprile 1, 2022 at 4:44 pm

      Penso che, al netto delle botte di fortuna o di sfortuna (che come sappiamo ci vede benissimo) che a volte toccano inaspettatamente, la tua teoria sia molto veritiera.

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  • Virginiamanda

    Aprile 2, 2022 at 4:27 pm

    Cara Gynepraio, intanto tanti auguri! Come si sta a 40 anni? Mi sembra di capire con la vena polemica inalterata, quindi BENE, compagna!
    Questo post mi tocca particolarmente, ma mi tengo dal dire “avrei potuto scriverlo io” perché io l’avrei di sicuro scritto peggio e con maggior turpiloquio.
    Devo ammettere che mia figlia è nata in un Paese, l’Australia, dove recentemente si sono fatti passi da gigante per includere le mamme (massì, non diciamo “genitori” che per quanto bravi, presenti e megliodeinostripadri si smazzano la prole il 60% in meno di noi) e nei suoi primi mesi di vita sono rimasta spesso stupita dal poter trovare bagni apposta nei centri commerciali, non solo con fasciatoi ma anche con salette e poltrone per l’allattamento. Ho abitato anche in Svezia, e per quanto all’epoca non avessi figli, notavo il loro approccio inclusivo nei confronti delle famiglie. Sapevo bene perciò che non appena tornata in Italia non avrei trovato lo stesso trattamento.
    A dire la verità, sono stata invece piacevolmente stupita dalla provincia: abito nella provincia veneziana e sono spesso andata al ristorante con la bimba: seggiolone e fasciatoi quasi sempre disponibili.
    Quello che invece mi ha fatto venire il sangue amaro è stato il settore alberghiero. Ho cercato per settimane un albergo in una zona termale famosissima che avesse sia una culla che una piscina adatta anche ai bambini. Eravamo disposti a spendere? Sì. Io volevo un week end di puro relax, farmi dei trattamenti etc, mentre la bimba se ne stava con il padre, con la tranquillità che l’ambiente fosse adatto a lei. Impossibile. Mi hanno persino detto che anche se sul sito c’era scritto espressamente di essere un hotel per famiglie, “quello era tanti anni fa, ora non più”, e che “la bambina dovrebbe dormire in mezzo a voi”…
    Naturalmente sui siti degli stessi alberghi tantissima pompa per “accettiamo i vostri amici a 4 zampe, perché tutta la famiglia si diverta”!
    Il target “genitori” è una parte di clientela di cui si vuole fare a meno? Veramente!?
    Io non chiedo che tutti gli esercizi diventino kids friendly “alla svedese” ma vorrei che culturalmente ci si rendesse conto che i bambini “rompono” soprattutto quando sono in ambienti non adeguati alle loro esigenze. Da Roadhouse come prima cosa portano un seggiolone, 4 colori e un foglio per colorare. Minima spesa, massima resa e genitori che ci ritornano felici.
    Il mese scorso siamo andati in Val di Fiemme in un albergo adatto. Come dici tu, l’esperienza potrebbe essere “ghettizzante” ma ci siamo sentiti tutti accolti.
    È davvero così difficile?

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