
“Non ti disunire”: ripensare la conciliazione ed essere felici
Quella che segue è la trascrizione di un mio intervento di circa 20 minuti tenutosi durante LeaderShe Camp, un “laboratorio di consapevolezza” dedicato alle giovani donne che ha avuto luogo a Cagliari dal 15 al 18 marzo 2022. Il brief che avevo ricevuto riguardava la difficile conciliazione tra vita lavorativa e vita privata, con la richiesta di affrontare il tema da una prospettiva di genere.
LA PAROLA DICE TUTTO
La conciliazione è prima di tutto un vocabolo giuridico che in tempi recenti designa anche un fenomeno di natura sociale. Essa descrive il processo mediante il quale due parti risolvono una controversia, da sole o con il supporto di istituzioni; in ambito sociale indica le azioni tramite le quali si cerca di mitigare l’incompatibilità dei tempi del lavoro con i tempi privati, con particolare riferimento al tema della cura. A proposito di cura, penso che nonostante l’uso sempre più diffuso che si fa di questo temine, sia utile una precisazione: sotto questa parola rientrano le attività di accudimento ed educazione, sorveglianza e compagnia, assistenza sanitaria e domestica nei confronti di persone appartenenti al nucleo famigliari che sono tipicamente minori, ma anche malate, anziane o con disabilità.
Cosa succede nel nostro Paese
La normativa cardine in materia è rappresentata dalla legge 8 marzo 2000, n. 53: la conciliazione sembra essere un tema rilevante per il futuro del nostro Paese, tanto che esiste un apposito “Dipartimento per le politiche della famiglia”, all’interno della Presidenza del Consiglio dei ministri. Mi permetto però di insinuare che non sia esattamente in cima alle priorità, visto che il posto da dirigente è, nel momento in cui sto scrivendo questo intervento, ancora vacante.
È una poltrona nella quale vedrei molto bene una leader, se non altro per l’apporto di natura personale che sarebbe in grado di offrire: sono le donne infatti, a vivere la conciliazione come un problema. Lo conferma il report “Conciliazione lavoro e famiglia” redatto da ISTAT, 18-11–2019 di cui riporto un paio di dati significativi.
Ad esempio, è stato chiesto a persone con figli occupate e d’età compresa tra i 18 e i 64 anni, se avessero modificato la propria vita professionale per conciliare lavoro e famiglia. Ha risposto sì il 38,3% delle madri, e solo l’11,9% dei padri. Mentre per un uomo essere anche genitore “agevola” l’occupazione (la percentuale di occupati dai 25 ai 52 anni sale dall’83 all’89% se parliamo di padri), per una donna sembra sia d’ostacolo (la percentuale di occupate scende dal 72% al 57% se parliamo di madri).
La conciliazione: attori e leve
Il processo di conciliazione include 3 attori, con ruoli diversi:
- stato: istituisce strumenti legislativi ed economici
- aziende: recepiscono questi strumenti e li inglobano nel proprio sistema organizzativo
- famiglie: accolgono queste opportunità, contribuiscono a migliorarle col feedback
Per favorire le politiche di conciliazione, a servizio di stato e aziende ci sono diverse leve: organizzativa, economica, dei servizi e culturale. All’interno di esse sono ricompresi interventi e misure molto diversi per diffusione e notorietà, che riporto qui sotto per chi volesse scoprirli o approfondirli).
Le parole sono importanti
Chi parla male, pensa male e vive male, diceva Nanni Moretti: per questo motivo non amo il termine conciliazione. L’idea che si debba conciliare lavoro e cura significa che essi siano in contrasto tra di loro, cioè siano due forze antitetiche che tirano in direzioni opposte e tra loro concorrenti per procurarsi le risorse scarse per definizione: tempo-denaro-attenzione.
Dovremmo tutt* rassegnarci al fatto che questa tensione non cooperativa ci sia e che si debba mettere in atto una mediazione, anzi, diciamolo, una negoziazione, come se entrambe le parti dovessero cedere e incontrarsi a metà strada con il risultato di essere, di fatto, tutti un po’ scontenti? Io dico di no.
NON TI DISUNIRE
La risultante di questa opposizione di forze è, quasi sempre, una scissione: metto su OFF la me accogliente e amorevole, metto su ON quella più produttiva e calcolatrice. La fatica è fisica, intellettuale ma anche emotiva: si abdica, a turno, a un ruolo e a una parte di sé, in favore di un’altra che viene accolta salvo poi essere nuovamente accantonata. Per usare un termine caro a Sorrentino, ci si disunisce.
Quindi, il mio invito, prima ancora di scoprire se hai diritto a un part-time o se puoi concordare un telelavoro, è: non ti disunire. Smetti di pensare a te stessa come una cassettiera a compartimenti stagni e inizia a sentirti una persona sola. Reclama il diritto di essere te stessa in tutti gli ambienti che frequenti.
La scissione di cui si parla di più è quella tra “tempi del lavoro” e “tempi della cura” e le prime a pagarne le conseguenze sono le donne con figli. Ma, a prescindere dal genere, molte persone soffrono la scissione tra vita privata e vita professionale.
- persone felici sul lavoro ma dalla vita affettiva misera, con una rete di relazioni povera
- persone soddisfatte dei rapporti famigliari ma infelici, isolate e avvilite sul lavoro e dal lavoro
- persone prosciugate dal lavoro e pertanto prive di energie da spendere nella vita privata
- persone così assorbite dalla famiglia da dedicare al lavoro le briciole della propria attenzione
CONCILIAZIONE: E QUINDI?
Ti invito ad attivarti su 4 fronti, fin da subito, anche se hai solo 19 anni e non ti sei mai posta il problema prima d’oggi.
- Pensa te stessa: il recipiente della felicità è potenzialmente senza fondo. Inizia a sentirti una persona intera, un unicum di desideri. Concediti il diritto di essere felice su tutti i fronti, non solo uno e non solo a fasi alterne. Diffida da manager o mentori che ti vorrebbero in un modo dalle 9 alle 18, e in un altro dalle 18 in poi; non cedere a partner che accettano una parte di te e ne respingono un’altra, o che percepiscono il tuo sacrificio come un dovere;
- Le persone della tua vita: richiedi rispetto e amore per la persona intera. Scegli bene le persone della tua vita (amic*, partner, collegh*), affinché ti spingano o ti trainino verso l’unica direzione che conta: la tua felicità e realizzazione personale;
- La lotta e la sorellanza: strumenti di sensibilizzazione e cambiamento. Spenditi per sensibilizzare le persone, specialmente donne, che ancora soffrono per l’incompatibilità tra vita lavorativa e vita familiare e per estendere le buone pratiche e le tue conquiste a chi ancora non ha completato il tuo percorso di consapevolezza;
- Le scelte pratiche: l’immaginazione a servizio della felicità. Le leve pratiche e organizzative per agevolare una sintesi tra vita privata e vita lavorativa esistono: se non esistono, le creerai insieme alle persone della tua vita. Immagina l’esistenza che vuoi: è il primo modo per progettarla e fare in modo che accada.