Lavastoviglie 2
una vita di stenti e procrastinazione
- l’ansia di possesso, che ci porta a bramare l’inutile e riempire la nostra vita di impegni e pensieri non essenziali
- la resistenza alle abitudini positive tipiche di uno stile di vita sano: dieta, meditazione, attività sportiva, silenzio
- l’assenza di senso delle priorità e del tempo che scorre, che ci condanna irrimediabilmente a mancare l’obiettivo
- raccogliere il bucato, piegandolo con cura certosina
- stendere il bucato, eliminando attentamente le grinze
- svuotare la lavastoviglie, ivi incluso scrupoloso controllo dei bicchieri in trasparenza
- caricare la lavastoviglie, previa rimozione e re-incastro dei piatti impropriamente messi dentro da voi-sapete-chi
- spremere arance e apparecchiare la tavola per la colazione che manco la principessa Sissi di domenica
- riordinare la casa e raccogliere oggetti fuori posto di cui in condizione normale non noterei neppure l’esistenza
- raddrizzare quadri, sprimacciare cuscini
- ripulire cartella delle foto su Iphone
- rimpolpare cartella della foto su Iphone
- fissare muro
- ripassare vecchi successi di Nada e coreografie di Non è la Rai
- sfidare me stessa, riaprire il libro di matematica finanziaria e cimentarmi in uno studio di funzione
- varie ed eventuali
Quando voi-sapete-chi mi vede mettere in piedi tutto ‘sto teatrino, gli si riempiono gli occhi di una pena infinita, perché capisce che sto facendo di tutto per non uscire di casa. Allora s’intenerisce e cerca di prendermi con le buone “Dai, Vale, basta consultare quel manuale di botanica, lo scoprirai stasera come si potano gli alberi da frutto, che poi noi manco ne abbiamo uno, su, da brava, che se entri prima, torni prima e stiamo insieme”, tutto questo tirandomi delicatamente per la giacca fino alla porta, per poi spingermi fuori al momento giusto e sbattermi sul pianerottolo con un colpo secco. Me lo immagino che si richiude la porta alle spalle e tira un sospiro di sollievo all’idea che per 10 ore andrò a disseminare altrove la mia ansia di produttività inespressa.
Ma io sono furba come una faina e certe volte, per sfuggirgli e impedirgli di porre fine alla mia deriva procrastinatrice, mi chiudo in una stanza. So che mi sta cercando per casa, e che a breve mi troverà. E quando alla fine mi recupera e riesce a farmi uscire, tutto ciò che rimane di quei minuti di terrore sono 329 provini di orridi selfies che non vedranno mai la luce.
PS Manco a farlo apposta, su Zenhabits è appena uscito questo post: pura casualità? Noi non lo crediamo affatto.
lasciare andare: l’amore e la lavastoviglie
Un anno fa stavo frignando durante una pausa pranzo con una mia collega. Scelta a caso, perché ero in una fase molto lacrimosa, in cui parlavo con le piante e avevo allestito una toilette da make-up nell’archivio dei packaging, metti mai che mi veniva da piangere e mi dovevo rifare la faccia a metà mattinata.
Questa collega -che, poverina, voleva solo fumarsi una sigaretta prima di rientrare- mi disse che lasciar andare è la cosa più difficile del mondo. Lasciare andare è accettare che ci sono cose che non dipendono dalla nostra volontà e che, a prescindere da quanto brava tu sia stata, ci sarà sempre qualcosa e qualcuno che scappa al tuo volere.
Una volta mi piaceva pensarmi come una lottatrice. Col senno di poi, questo c’entra molto con l’esser figlia di comunisti con l’assuefazione alla lotta: contro colleghi logorroici e capi tirchi, cacche di cani sul marciapiede, mezzi pubblici lenti e impiegati delle poste, cellulari che svengono, unghie spezzate, complessi edipici, clienti che non pagano, maionesi che non montano, bilance fedifraghe, arbitri cornuti, lavastoviglie che non scaricano (la mia battaglia persa di oggi NDR). Tutta questa energia convogliata in battaglie più o meno utili, è figlia dell’indignazione, dello stress, del bisogno (è questo il caso della mia lavastoviglie). (altro…)