Madre 9
Io non mi fido dei cattolici
Io non ho ricevuto una educazione religiosa vera e propria perché mio padre (ora purtroppo-o-per-fortuna imborghesito) è un ex comunista anticlericale, mentre mia madre non l’aveva a sua volta ricevuta e quindi non era particolarmente interessata al tema.
I miei non sono sposati in chiesa, non ci sono manco mai andati, non è mai venuto il prete a benedire casa mia. Non si sono mai affrontati argomento come la vita dopo la morte o il misticismo. Morale, anch’essa abbastanza scarna e riconducibile a pochi principi di buon senso: in privato fa’ quel che vuoi ma in pubblico comportati in modo da non farci vergognare, rispetta vecchi/ malati/ disabili, non danneggiare i beni altrui ivi compresi quelli di proprietà dello Stato, sii generosa ma non cretina.
A dispetto di questa formazione spirituale un po’ lacunosa, sono stata battezzata, (per quieto vivere di chissà chi), frequentavo l’ora di religione e ho fatto anche la Comunione. A chi mi chiede come mai i miei mi abbiano sottoposta alla trafila del catechismo, non so rispondere. Credo che (altro…)
Mia madre e il foglio bianco
Mia mamma è una donna incredibilmente saggia e capace di fare i conti con la realtà. Pensate che quando non le vengono le parole crociate, travisa vocaboli, produce neologismi e riesce creativamente a incastrarli. Ad esempio, una volta la definizione era “7 lettere, ne soffrono le puerpere” e decise che la parola era ORCHITE. Non mi chiedete come, ma completò comunque lo schema.
Non so se sia il suo realismo, o la sua proattività, sta di fatto che solo lei è capace di vendermi la verità, e farmela digerire in un modo che la fa apparire quasi interessante. Una volta, consolandomi alla fine di chissà quale racconto strappalacrime, mi aveva avvisata che le prossime relazioni sarebbero state molto più difficili. Hai trent’anni e non sei più di primo pelo, figliola, scordati di trovare un altro foglio bianco. Il foglio bianco, nel dizionario sentimentale della mia genitrice, è un uomo che
La noia, questa sconosciuta
Quando ero bambina, mi annoiavo di rado. Stavo a scuola tutto il giorno e non mi faceva poi così schifo, perché ero cerebralmente attiva e circondata da coetanei. Poi alle 16:30 andavo dalla tata e guardavo la TV: ero felicissima se c’erano i cartoni da femmina (“E’ quasi magia Johnny”, “Milly un giorno dopo l’altro“), un po’ meno se c’erano quelli da maschio (“I cavalieri dello zodiaco”, “Holly e Benji”), ma comunque li guardavo. Nel weekend stavo attaccata al culo dei miei perché durante la settimana li vedevo poco. A volte accadeva che mia madre o mio padre mi intrattenessero e organizzassero per me attività emozionanti, a volte no. Se non accadeva, lo consideravo parte dell’ordine costituito. Probabilmente, nei momenti di noia, mi sedevo sul letto e mi dicevo “Boh, tiriamo fuori Barbie Benetton e vestiamola da mignotta, tanto per ammazzare il tempo”.
Quando si è bambini si è più preparati ad accettare i vuoti, gli alti e i bassi, come parte del flusso del tempo. La noia secondo me arriva da adolescente, quando si verificano 2 prese di coscienza: (altro…)
Nutella, assenza di
Mia madre è una buona cuoca e, avendo studiato e vissuto all’estero, cucinava cose che adesso sono normali ma che nei primi anni ‘80 erano davvero speciali, tipo i toast alla francese e il pollo al curry. I miei sono golosi e poco severi, e acquistavano anche cibi non propriamente sani come il Nesquik, il gelato, il tè solubile, i biscotti industriali.
Ma mai, mai, mai, è stato comprato un vasetto di Nutella. Non ho mai avuto i bicchieri di Titti, dei Looney Tunes, dei Puffi. I miei compagni di classe, anche quelli poveri con tanti fratelli, sì. I miei cugini sì. I bambini della pubblicità, sì.
Persino mia nonna, grande fan del passato di verdura 4 sere su 7, quando andavo a casa sua mi dava un paio di fette biscottate con la Nutella per merenda. Ovviamente ne avrei volute di più, ma temevo mia nonna come i soldati temevano Rommel, e non osavo chiederne ancora; prenderla di nascosto era escluso, perché la metteva in un ripiano in alto e comunque stava sempre in cucina a vedere le telenovelas con Grecia Colmenares e Andrea del Boca.
In segno di protesta, dichiarai che preferivo i biscotti.
Quando avevo 5 o 6 anni andavo con mio padre al Balôn (altro…)
Still Alice, still Valeria
Pensare ai possibili scenari della mia morte, nuova frontiera dell’autolesionismo. Grande classico, Charlie di Lost che, mentre il livello dell’acqua si alza progressivamente in un ambiente sigillato, apprende che i suoi amici cadranno vittime di un grave complotto, ma non può dirglielo perché, appunto, sta annegando.
Segue a ruota l’incubo di svegliarmi nel cuore della notte mentre dei malviventi stanno girando per casa. Oltretutto, mica muoio battendomi contro i ladri che vogliono sottrarre le mie candele Ikea da 1,99€ e i miei stracci di Zara presi in saldo, bensì di crepacuore, attanagliata dall’idea della mia proprietà privata calpestata da sconosciuti (ciao Verga! ciao Mazzarò!).
Ma di tutte le paure, la più grande è avere una malattia mentale. Come molte altre splendide ventenni mie coetanee, dedico circa un’ora della mia giornata a bistrattare il mio povero corpo perchè brutto/ grasso/ pallido/ flaccido/ malfunzionante/ peloso, mentre considero la mente come un cane da guardia, un vigile urbano, una bidella, una portinaia. Una che sta lì, fa il suo dovere, senza infamia e senza lode, spesso sottopagata. In pratica, do per scontato il privilegio di essere me stessa. Quello che ti viene meno quando arriva una malattia mentale, che ti infligge giorno dopo giorno delle piccole umiliazioni, dei microtraumi -non ricordarsi una parola, non riuscire a legarsi le scarpe, non trovare il bagno-. E i traumi non sono constatazioni amichevoli, sono dolori. Credo che il malato mentale, nei suoi momenti di lucidità, provi nostalgia per il vecchio sé.
Sarà che, pur essendo bella come un angelo di Victoria’s Secret, ho erroneamente (altro…)
Il mio primo inutilities giveaway
- Vale, come facciamo per il trasloco?
- Chiamiamo un amico di mio padre che ha il furgone. Magari fa prima casa mia e poi viene da te.
- Io, se mi presti la macchina, con due giri faccio tutto.
- Ah, ho capito! Fai come San Francesco! Prima del trasloco vai in Piazza Castello e distribuisci tutti i tuoi averi ai poveri, per sancire l’inizio di una nuova vita fatta
di stenti e privazionid’amore e spiritualità. Ma davvero, non sentirti giudicato, se questo serve a farti entrare nel mood della convivenza, io non ho nulla da dire - Cretina, ho solo libri e vestiti. 5 scatoloni e 4 valigie, più computer e sci.
- Cioè, la tv non è tua? Il divano? La copertina del divano? Lo spremiagrumi?
- No, erano già lì. Saranno della padrona di casa. Tu, piuttosto, vedi di alleggerirti. Ad esempio, quel gatto cinese tignoso potresti lanciarlo dalla finestra.
- Ehi, ehi, ehi, il gatto non si tocca.
- E tutte quelle cazzate da cucina di cui non ti fai niente?
- Piano con le parole. Non sono cazzate, sono oggetti di uso non proprio quotidiano.
- In ogni caso occupano spazio. Non li usi qua, non li userai là. Buttali, regalali, meglio ancora vendili.
- Adesso vedo, non è che posso dare via anni di vita, così, come se nulla fosse…
- Vale?
- Sì?
- Nella casa nuova, la roba del tuo matrimonio precedente non la voglio.
La mia verginità perduta
Quando tornai dalla mia vacanza dell’amore, cioè quella in cui mi innamorai davvero su serio realmente, passai nella ridente Romagna a trovare mia nonna e sua sorella, la zia Wilma. Scritto proprio con la W, come quella dei Flintstones: e tra tutti mi miei antenati, non me ne sovviene una più cinematografica. Magra come un chiodo, ipocondriaca, un matrimonio lampo alle spalle, capelli lunghi rossi, svariate parrucche nell’armadio, sempre con una sigaretta lunga in bocca, costantemente rintanata in una mansarda dove cuciva su una Singer degli anni ’50 (che lei chiamava “il mIo atelier”) tranne rare comparsate nel pollaio dove era solita ammazzare a mani nude galline e conigli.
Mi vide e disse. (altro…)
il compleanno di mia madre
Vivere con mia madre è come stare in un salotto insieme a tutte le donne più divertenti della TV. Ha l’appetito di Roseanne Barr, la tenerezza di Cindy Walsh, l’autorevolezza di Claire Robinson, la memoria di Supervicky, l’intuito di Jessica Fletcher, la passione della dottoressa Quinn, l’irriverenza di Zia Assunta, l’energia di Lorelei Gilmore. Ha l’abilità diplomatica di Maria de Filippi, il repertorio musicale di Loretta Goggi e le doti culinarie di Wilma de Angelis. Il biondo di Caterina Caselli e le tette di Sofia Loren.
aplomb
G. “Vede dottoressa, a me piacciono le persone perpendicolari”.
D. “Temo di non aver afferrato il senso, cosa intende con queste parole?”.
G. “Veramente a me sembra di essere chiarissima, ma visto che insiste le spiego. Sono attratta dalle persone composte, che nelle situazioni non perdono il loro aplomb. Sa cosa vuol dire aplomb, o le devo spiegare anche questo?”
D. “Lo so, stia tranquilla. Perpendicolari in quel senso, adesso è chiaro. Come sono fatte le persone perpendicolari?”
G. “Ma sì, li conosce anche lei. Sono quelli che all’università, prima dell’esame, non partecipavano all’isteria collettiva e sembrava non gliene fregasse nulla, poi prendevano 30. Li vedi tornare dal lavoro integri, niente affatto sgualciti o sfatti. Stanno seduti dritti, in treno o in metropolitana. Mangiano poco e con eleganza. Sono padroni della situazione ma non danno mai l’impressione di sgomitare e faticare. Alle provocazioni non reagiscono, non danno soddisfazione all’interlocutore. Non alzano la voce quando sono alterati. Soprattutto, (altro…)