Marketing 8
Il genere pop fa bene al cervello
L’altro giorno ho letto questo articolo condiviso da questa blogger per poi scoprire che l’autrice del post è la cugina di una mia amica del liceo. Rapidissime riflessioni in sequenza:
- Che belle cose ci sono sul www…
- Guarda te com’è piccolo il mondo!
- Com’è che leggo così poco?
Anche io, come Marta, sono arrivata a 20 anni leggendo solo libri di autori defunti classici. Complici certe idee snob-retro-d’antan da studentessa secchiona di liceo classico avevo deciso che tutto quello che bisognava sapere l’avessero già messo nero su bianco prima degli anni ’20, dopodichè era stato solo un maldestro scopiazzare e rimescolare tipo gioco delle 3 carte nulla di nuovo era più stato prodotto. Leggevo tantissimo, anche perchè praticamente vivevo sui mezzi pubblici, ma Carver o Eugenides non li avrei affrontati mai e poi mai.
All’università avevo meno tempo per leggere, quindi ho dovuto gerarchizzare i miei gusti. Un po’ come nelle rieducazioni alimentari, ho cominciato a introdurre nel mio reading mix anche altri tipi di opere, e da lettrice bulimica (solo un genere, enormi quantità, tutte in una volta) sono diventata una lettrice onnivora (stili differenti, più libri anche contemporaneamente, sessioni brevi). Ne ho beneficiato tantissimo: i cambi di registro tipici del passaggio da un genere all’altro sono un esercizio cerebrale-emotivo che mi ha aiutato a comunicare meglio con le persone diverse da me. Occupandomi di marketing, fare ogni tanto un tuffo nei fenomeni pop è per me una forma di aggiornamento professionale. Per questi e per molti altri motivi (e.g. ho bisogno di divertirmi e rilassarmi) ogni tanto mi concedo con grande soddisfazione un po’ di chick-lit, pseudosaggi divulgativi, manualetti di self-help.
Se qualcuno cerca di farmi sentire nel torto, mi spiace, non ci riesce: un po’ perchè (altro…)
la mia personal opinion sui personal blog
Indubbiamente, un corso di content management, scrittura creativa o narrativa mi farebbe bene e mi piacerebbe pure, ma non sono pronta a prendere anche questo toro per le corna. Per compensare il fatto che non dedico alla mia formazione il tempo e le energie che essa richiederebbe, leggo tantissimi e-book, pdf, opuscoli, newsletter, che parlano di blogging.
Dopo un anno di lettura attenta e onnivora, posso affermare che tutto questo materiale è prodotto a servizio dei blog con scopo di lucro. Blog corporate, ma anche blog di imprenditori, consulenti, professionisti, artigiani, la cui finalità è attirare un potenziale cliente con contenuti “interessanti” per poi dirottarlo garbatamente verso beni o servizi a pagamento. Da marketer, continuo a pensare che i blog siano uno strumento eccezionale per parlare di sé e del proprio business, e che se ben gestiti possano davvero fare la differenza in termini di credibilità e solidità della relazione. Un ottimo esempio è questo, che fa parte di un progetto di comunicazione studiato, coeso e molto sinergico.
La maggior parte dei guru di web marketing dà consigli assolutamente sensati: scegli una nicchia tematica, delinea il profilo del tuo lettore tipo, scrivi cose interessanti per chi ti legge, esprimiti con chiarezza e per paragrafi, offri delle call-to-action irresistibil, pubblica con frequenza regolare. Altri propongono (altro…)
Nutella, assenza di
Mia madre è una buona cuoca e, avendo studiato e vissuto all’estero, cucinava cose che adesso sono normali ma che nei primi anni ‘80 erano davvero speciali, tipo i toast alla francese e il pollo al curry. I miei sono golosi e poco severi, e acquistavano anche cibi non propriamente sani come il Nesquik, il gelato, il tè solubile, i biscotti industriali.
Ma mai, mai, mai, è stato comprato un vasetto di Nutella. Non ho mai avuto i bicchieri di Titti, dei Looney Tunes, dei Puffi. I miei compagni di classe, anche quelli poveri con tanti fratelli, sì. I miei cugini sì. I bambini della pubblicità, sì.
Persino mia nonna, grande fan del passato di verdura 4 sere su 7, quando andavo a casa sua mi dava un paio di fette biscottate con la Nutella per merenda. Ovviamente ne avrei volute di più, ma temevo mia nonna come i soldati temevano Rommel, e non osavo chiederne ancora; prenderla di nascosto era escluso, perché la metteva in un ripiano in alto e comunque stava sempre in cucina a vedere le telenovelas con Grecia Colmenares e Andrea del Boca.
In segno di protesta, dichiarai che preferivo i biscotti.
Quando avevo 5 o 6 anni andavo con mio padre al Balôn (altro…)
Sulle curvy: io difendo solo la lingua italiana
Se qualcuno avesse dubbi sulla mia appartenenza politica, vi dico che, qualora il mondo dovesse improvvisamente dividersi in due fazioni, le Secche e le Tonde, io militerei nel secondo partito. Per conformazione fisica e spirito di squadra.
Sono cittadina italiana e mi faccio promotrice della cultura gastronomica più bella del mondo. Non sono figlia di magri, non sono mai stata un’acciughina né la più stretta della scuola. La frase che mi è stata pronunciata più spesso, dopo “stai zitta”, è “basta mangiare”. Sono golosa -di dolce e salato in egual misura- e mi piace cucinare. Penso che un piatto di minestra non si neghi a nessuno.
Ma, in quanto cittadina italiana, conosco la mia lingua. Ho anche intrapreso delle piccole crociate contro chi la maltratta: “piuttosto che” non ha funzione disgiuntiva, “qual è” senza apostrofo, “xkè” solo se hai meno di 13 anni.
Volevo quindi ribadire che: (altro…)
Le influencer, College e l’effetto Federica Moro
Lo so che hanno scritto di tutto e di più sull’argomento, ma sento che a questo dibattuto tema manca ancora la mia opinione. Un influencer è una persona che, in virtù della propria autorevolezza su un determinato argomento, è in grado di condizionare e dirigere le scelte della propria claque di seguaci -solitamente racimolati su social network-. Un influencer possiede uno stile di vita (laddove stile a volte è sinonimo di tenore) così bello da produrre un effetto imitazione nei suoi followers. Nel grande crogiolo dello stile di vita, rientrano l’abbigliamento, il make-up, i viaggi, la cucina, l’arredamento e in generale tutto ciò che definirei “visual”. Evidentemente, l’ammirazione, l’immedesimazione, l’imitazione, il sogno, pure l’invidia, passano tutti dalla vista.
Non mi vergogno di ammettere che leggo e seguo molte influencer. Per lavoro, perché sono una cartina al tornasole di ciò che è cool molto più rapida e intelligibile di altre fonti. Sotto sotto sono anche una persona sportiva, e trovo che ci sia una abilità sottile nel (altro…)
La valigia rossa: sex toy is the new tupperware
Quando in Erasmus le mie vicine di casa mi coinvolsero in una seduta spiritica, pensai che difficilmente mi sarei trovata in una situazione così inconsueta. Ma poi mi hanno invitato ad una serata de La Valigia Rossa, e allora forse no, mi sbagliavo. Lo schema è quello delle vendite Tupperware: un soggiorno spazioso, 20 invitate, una consulente. Un tavolo allestito con vasetti di creme, biancheria intima, scatolette varie e, sparsi ad arte, una muraglia di vibratori.
SCOPERTA N.1
What happens in Vegas, stays in Vegas, ma what happens under your lenzuola verrà condiviso with 20 galline che ne rideranno senza pietà. Niente a che vedere con quei trashissimi eventi girls only, tipo cena+striptease dell’8 marzo. Il livello di goliardia -promosso da alcune partecipanti appositamente selezionate dalla padrona di casa- era sofisticatissimo.
Stimolate da questo clima da spogliatoio di calcetto, anche le più pudiche si sono aperte, hanno fatto domande, offerto il loro contributo. Svelando che, (altro…)
caro ragazzo che vuoi fare marketing
Carissimo ragazzo che mandi il CV candidandoti per una posizione all’interno di un ufficio marketing, vorrei dirti alcune cose che si sono dimenticati di rivelarti quando eri all’università. Uno dei limiti della formazione accademica, almeno della mia, è che non mi hanno spiegato esattamente cosa fa un product manager, o un responsabile marketing. Ma neanche cosa fa un account, un copy writer, un art director e in generale tutte le mille figure professionali che gravitano intorno al marketing e di cui il marketing si serve per svolgere il suo lavoro. Se io dirigessi una business school o una facoltà di Economia, a fare le famose “testimonianze” inviterei meno imprenditori che parlano di mission e del loro sciogno e lascerei la parola ai dipendenti.
Per quanto le aziende si possano professare marketing-driven o marketing-oriented o marketing-inspired, vorrei dirti che il marketing non è il cervello dell’azienda. Il cervello, per definizione, è l’organo responsabile di tutto ma che non si sporca mai. Il cervello di un’azienda è la proprietà, o colui al quale questa ha dato delega di prendere decisioni al suo posto.
Il marketing è (altro…)
nessun catfight, teneteveli pure
Due categorie umane per le quali non ingaggerei mai un catfight con un’altra donna.
CONSUMATTORE. Soggetto ipocondriaco coscienzioso e scrupoloso, presta tantissima attenzione a quello che mangia, beve e si spalma addosso. Non pago, intraprende personali battaglie contro multinazionali e mulini a vento, armato solo della sua pertinace, costante, incrollabile capacità spaccare il cazzo il capello in quattro. Questo uomo, nei miei incubi, ha un nome ma non voglio sputare sul lavoro altrui e rivelerò solo le sue iniziali: RLP. Due volte a settimana potete leggere le sue crociate sulla newsletter de “Il fatto alimentare”. Costui passa la sua vita (altro…)