Rabbia 3
Quando ho aperto un blog
Il 4 giugno del 2013, durante la pausa pranzo, in ufficio, comprai per 18 USD questo dominio. Quando ho aperto un blog, era uno dei momenti più brutti della mia vita perché la storia che stavo vivendo si avviava inesorabilmente alla fine. Nell’aria c’era tensione. Non era una tensione che si poteva palpare: diciamo pure che si poteva tagliare con una mannaia. Eravamo due foglie aggrappate su un ramo in attesa che uno dei due prendesse la decisione di chiudere. Spoiler: non fui io.
Non racconto nulla di nuovo dicendo che, quando (quella che credevi) la storia a più alto potenziale amoroso dell’universo mondo ti si sgretola tra le mani, si sta malissimo. Specialmente se non l’hai voluto tu, specialmente se ci avevi investito l’anima, specialmente se sei insicura non hai la spina dorsale drittissima ed è facile instillarti dubbi. Il risultato è che si guarnisce la torta dell’abbandono (che di per sé è già tanta roba da mandare giù) di alcune glasse decorative: il sentirsi una buona a nulla, ad esempio. C’era una voce subdola, dentro di me, che mi diceva che se fossi stata più carina, intelligente, simpatica, brillante, indipendente, magra, ___________ (aggiungere aggettivi a vs scelta), sarei stata capace di trattenere a me una cosa così bella, no? Quantomeno, non sarei stata scartata come un sacco di abiti sgualciti destinato alla Caritas, ecco.
Ma le disgrazie non vengono mai da sole: non c’erano solo l’abbandono e l’inutilità. C’era anche una rabbia antica, violenta, barbarica: “Come osi tu fare questo a me, a questi 60 kg di fortuna magicamente capitati nella tua vita? Possa tu morire contorcendoti in preda al senso di colpa e all’istinto impellente di mangiarti le tue stesse, colpevoli, stupide mani”. L’alternanza tra crisi d’autostima e delirio di onnipotenza (che Dio ve ne scampi) non solo mi attirava gli sguardi costernati di amici&famigliari convinti che fossi una povera squilibrata, ma (altro…)
L’espressione della rabbia
Due weekend fa io e voi-sapete-chi abbiamo litigato. Cioè abbiamo avuto una discussione alle 20:00 di venerdì sera i cui postumi si sono trascinati fino alle 20:00 di domenica sera. 48 ore in cui, per preservare una parvenza di civiltà, abbiamo fatto le cose normali: colazione, pranzo, cena, cinema, mostra, pizzeria, genitori e amici. Tutto questo, nella condizione di semi-litigati.
Semi-litigati significa che non è accaduto niente di così grave da lanciarsi i piatti o dormire sul divano, ma che c’è un non-detto che aleggia per casa e si riesce a toccare perfettamente. Il disappunto non-detto, come dice la parola stessa, non viene verbalizzato ma solo comunicato attraverso le espressioni facciali. Per aiutarvi a scegliere quale espressione arrabbiata adottare in base alla circostanze, ho realizzato una gallery delle principali facce disponibili ciascuna corredata da linee guida. Per l’occasione ho reclutato una modella d’eccezione, scelta per la grande versatilità del suo muso: me stessa.
indifferente. Questa espressione, spesso associata al mutismo selettivo, obbliga chi la adotta a scegliere un punto nel muro e (altro…)
MI STAI DILUDENDO
L’altra volta ero buona e ho parlato di redenzione. Oggi invece sono triste e inutile come la foto del presidente nell’atrio dei licei, quindi parlo di rabbia. Se siete giocondi come Pollyanna, andate pure a intrecciare canestri di vimini da un’altra parte. Vi consiglio, come colonna sonora, Giovanni Allevi che esegue “Io penso positivo” con la pianola Bontempi, chissà che senso del ritmo. Per tutti gli altri, invece, c’è in fondo una playlist Spotify by me medesima dall’evocativo titolo Nonciovoglia. Se non avete Spotify, unitevi pure al team degli intrecciatori di canestri, ma in silenzio. Oggi sono profondamente arrabbiata con chi mi ha deluso. La prezzolata signora a cui racconto i fatti miei un’ora a settimana si è presto resa conto del drammatico effetto di 3 anni di Scuola Salesiana in età preadolescenziale sul mio lessico emotivo. Uno dei primi vocaboli che ho studiato è DELUSIONE. Se pensate che sia “disappunto dinanzi ad aspettative non soddisfatte”, (altro…)