Still Alice 1
Still Alice, still Valeria
Pensare ai possibili scenari della mia morte, nuova frontiera dell’autolesionismo. Grande classico, Charlie di Lost che, mentre il livello dell’acqua si alza progressivamente in un ambiente sigillato, apprende che i suoi amici cadranno vittime di un grave complotto, ma non può dirglielo perché, appunto, sta annegando.
Segue a ruota l’incubo di svegliarmi nel cuore della notte mentre dei malviventi stanno girando per casa. Oltretutto, mica muoio battendomi contro i ladri che vogliono sottrarre le mie candele Ikea da 1,99€ e i miei stracci di Zara presi in saldo, bensì di crepacuore, attanagliata dall’idea della mia proprietà privata calpestata da sconosciuti (ciao Verga! ciao Mazzarò!).
Ma di tutte le paure, la più grande è avere una malattia mentale. Come molte altre splendide ventenni mie coetanee, dedico circa un’ora della mia giornata a bistrattare il mio povero corpo perchè brutto/ grasso/ pallido/ flaccido/ malfunzionante/ peloso, mentre considero la mente come un cane da guardia, un vigile urbano, una bidella, una portinaia. Una che sta lì, fa il suo dovere, senza infamia e senza lode, spesso sottopagata. In pratica, do per scontato il privilegio di essere me stessa. Quello che ti viene meno quando arriva una malattia mentale, che ti infligge giorno dopo giorno delle piccole umiliazioni, dei microtraumi -non ricordarsi una parola, non riuscire a legarsi le scarpe, non trovare il bagno-. E i traumi non sono constatazioni amichevoli, sono dolori. Credo che il malato mentale, nei suoi momenti di lucidità, provi nostalgia per il vecchio sé.
Sarà che, pur essendo bella come un angelo di Victoria’s Secret, ho erroneamente (altro…)