e non riesci a esprimerlo con le parole (F.D.A)
Chissà che fine fanno la cura, l’attenzione nel fare le cose. Si rifugiano in quello stesso luogo dimenticato dove giace la voglia di lavorare e risparmiare per un futuro migliore, fare l’albero di Natale, cambiare le lampadine fulminate e andare in piscina alle 7 del mattino.
Sarà che è appena nato un bambino nuovo, che non è mio ma un po’ anche sì, perché sapevo che era maschio e come si chiamava ben prima dei suoi genitori. Beato te bambino con le fossette, che sei già lungo 53cm, praticamente come me a due anni. Altezza mezza bellezza, energia sessuale da Scorpione di seconda decade, insomma strada spianata e vai tranquillo. Sarà che sabato notte ho sognato che ero a Dolceacqua -uno dei posti più belli del mondo, quel mondo che sta nel mio cuore- e avevo una casa con una verandina sul fiume dove vivevo con un uomo che somigliava un po’ a mio padre e un po’ a un altro, ma poi quando mi sono svegliata nel letto fortunatamente c’era l’altro e non mio padre, e mi sono sentita molto sollevata oltre che eccitata.
Comunque, domenica mattina ho ritrovato del tacchino archiviato in freezer da tempo immemore e dei peperoni gialli regalati da mia madre (“prendili, faranno colore in mezzo a muschi e licheni”) e per la prima volta in 5 mesi ho tirato fuori un pasto normale.
One small step for a woman, one giant leap for Gynepraio. Siamo tutti -dove con “tutti” intendo io e il gatto giapponese a pile- in speranzosa attesa che mi torni la voglia di cucinare anche per mia madre, per mio padre, per l’altro, per il bambino che è nato quando masticherà, per quelli che mi hanno dato da mangiare mentre io mi cercavo il mondo nel cuore. Magari così mi tornano anche le parole.