
Libri in 3 parole: “L’educazione”
La rubrica Libri in 3 parole affronta “L’Educazione” di Tara Westover, una poco più che trentenne americana trapiantata in Inghilterra. Solito discorso fatto per Sally Rooney: sono mortalmente invidiosa degli esordi altrui e quindi appena esce un’opera prima acclamata e tradotta in circa centordici lingue sono subito in libreria a investire la mia paghetta.
Anche qui, soldi ben spesi per una storia originale, quasi del tutto autobiografica, e così incredibile da suonare impossibile. Insomma, c’era di che tirare fuori un librone e, visto che la ragazza sa scrivere, direi che ci è riuscita. Belli, eh, quei romanzi che stanno in piedi da soli grazie a una solida vicenda! Contrariamente a certi romanzi in cui la storia è semplice o riconducibile all’ordinario, e che quindi per meritarsi il loro posto a scaffale devono puntare su esili mezzucci tipo la simpatia dell’autrice, l’ironia, i giochetti di parole, le citazioni, cose così: non nascondo che ad alcuni piacciono questo tipo di storie, anzi le ricercano! Una per esempio si chiama “Se tu lo vuoi” e l’ha scritto Valeria Fioretta, o Violetta Fiore, o Fiorella Valeri, boh, non ricordo. Ma andiamo al sodo.
LA STORIA
Tara e i suoi 7 fratelli nascono da genitori Mormoni osservanti e crescono in una zona montuosa e rurale dell’Idaho senza frequentare scuole, altri bambini e senza conoscere nessuna istituzione. Il negativo evolversi dei rapporti con i genitori e con i fratelli, insieme ad alcuni sprazzi di XXI secolo che le si aprono occasionalmente davanti mentre la sua famiglia aspettava l’Apocalisse, la induce a desiderare un’educazione universitaria che si guadagnerà totalmente da sola e le aprirà le porte del mondo.
Peculiare ma secondo me corretto l’utilizzo tutto anglosassone della parola “educazione” in luogo della nostra più secca “istruzione”. La parola educazione rimanda al saper condurre la propria esistenza e, in senso lato, allo stare al mondo. All’università Tara imparerà anche a lavarsi con il sapone, per dire.
L’EDUCAZIONE: AMERICA
Ogni volta, mi sconvolge questa nazione in cui la tutela delle minoranze e delle comunità autonome è tale da sfiorare l’assurdo. Puoi risiedere nel centro di New York, frequentare asili da 80.000 dollari l’anno, prendere la patente a 15 anni e studiare sugli stessi banchi di Stephen Hawking, oppure nascere nella Pennsylvania Occidentale, essere istruito a casa, guidare una carrozza e farti estrarre i denti con le tenaglie da idraulico, oppure puoi venire al mondo nello Utah, non essere registrato all’anagrafe, non aver mai visto una persona afroamericana, eppure sei statunitense allo stesso modo degli altri.
L’America è lo stesso Paese in cui una ragazzina che non ha frequentato le scuole superiori può aggirare la burocrazia e dimostrare di avere studiato a casa (farlo davvero!) ed essere ammessa al college senza sapere cosa sia l’Olocausto (!), poi laurearsi (!!)e diventare docente universitaria di storia (!!!). Non i parcheggi comodi, non i frigoriferi giganti, non la brezza di San Francisco né le spiagge di Miami: l’unica cosa che invidio terribilmente degli Stati Uniti è questa esaltazione del possibile.
Che è vera, amici, che ci crediate o no.
L’EDUCAZIONE: VIOLENZA
Ci sono alcune società in cui la vita umana vale poco. Me ne resi conto, ad esempio, quando durante un viaggio in Senegal sentii il tono con cui una mamma raccontava di aver perso diversi figli: non penso che non le importasse della perdita, ma che nel suo sistema di valori fosse relativamente normale che, su un certo numero di bambini, qualcuno morisse presto. Analogamente, notavo come i piccoli razzolassero vicini ad animali potenzialmente aggressivi, precipizi, specchi d’acqua o altre fonti di pericolo per la loro incolumità. Considerando che passo una buona fetta del mio tempo genitoriale a controllare che Elia non si fracassi ossa a caso -in questo confortata anche da altre madri- mi risulta davvero incomprensibile come potessero vivere serene sapendo che i loro figli giocavano con ferri arrugginiti, detriti sporchi e attrezzi taglienti.
Tara e i suoi fratelli lavorano e vivono in condizioni più che precarie, facendosi continuamente un gran male: ustioni, ferite, escoriazioni, brutte cadute. C’è il racconto dettagliato di incidenti sanguinosi e infortuni sul lavoro: ogni qual volta la vittima sopravvive, il commento paterno è sempre “Dio l’ha protetto”. Perché il primo, vero artefice di violenza è lui, il capofamiglia. Un uomo abbrutito dalla fatica, dal clima ostile e, ci lascia intendere Tara, affetto da una sindrome bipolare faticosamente controllabile che lo porta a momenti di esaltazione di stampo morale-religioso. La sua autorità -che nel romanzo non si accompagna mai all’uso della violenza domestica, non so se sia trattato di una omissione volontaria da parte dell’autrice- porta allo spegnimento progressivo della moglie, che rappresenta inizialmente un valido contraltare al suo fanatismo ma che perde di energia adagiandosi in una situazione sempre meno sostenibile.
Questa figura paterna mi ha ricordato tre altri padri ingombranti: quello de “L’ibisco Viola” di Chimamanda Ngozi Adichie -anch’egli fanatico, questa volta cattolico -, quello de “La vita felice” di Elena Varvello -che si intuisce essere affetto da un grave disturbo della personalità- e quello de “La più amata” di Teresa Ciabatti -che propendo però a classificare nella categoria dei mascalzoni e basta-. Però adesso basta parlare di padri che poi ci sto male.
L’EDUCAZIONE: MEDICINA
La madre di Tara è esperta di erbe e medicine naturali, che coltiva e mixa personalmente in casa: a un certo punto, diventa un’abile levatrice e fa nascere un gran numero di bambini della valle (rigorosamente Mormoni, rigorosamente a casa). Inizialmente, possiede l’approccio che piace a me, e credo anche a voi: agisce fin dove può arrivare con i suoi rimedi, ma quando il male va oltre riconosce il ruolo della medicina tradizionale. Questa sua abilità, che le vale la stima dei concittadini, subisce una progressiva e folleggiante deriva: comincia a chiedere a Dio cosa fare e ricava una risposta dallo schiocco delle dita. Da erborista diviene una sorta di sensitiva: smette di curare le infezioni, ma si limita a chiedere a Dio se la ferita si è infettata.
A darle manforte, il padre di Tara convinto che la salute sia fondamentalmente in mano di Dio e che è stolto temere la malattia quando è la Salvezza che dovremmo volere: ma va oltre! I medici, infatti, non vogliano curarti bensì ucciderti: essi fanno parte di quel grande complotto ordito dallo Stato (li chiama gli Illuminati) e dalle sue istituzioni volto a rendere i cittadini stupidi, schiavi, vittime del sistema. Insomma, basta avere fiducia nella medicina! Basta andare in ospedale se hai un’ustione di terzo grado o se una trinciatrice ti ha squartato un braccio! Niente chemioterapia, meglio 20 gocce di tintura madre di scutellaria! E soprattutto, per l’amor di Dio, basta vaccini.
Non vi viene in mente niente? A me sì.
Alice
Agosto 27, 2018 at 2:42 pm
Il libro era già nella mia Wishlist… ora è in cima alla mia Wishlist!!! Grazie Valeria, un abbraccio
gynepraio
Settembre 2, 2018 at 2:57 pm
Grazie e buona lettura!
Elena
Agosto 27, 2018 at 2:59 pm
Vai, l’ho appena comprato, speriamo sia bello come il tuo! Senti che coincidenza, qualche giorno fa ho sentito alla radio (abc, vivo a perth) l’intervista della Westover rilasciata in occasione del Sindney writers’ festival. In effetti era una n racconto molto originale.
Inizio subito a leggerlo così al prossimo book club me la tiro un po’ e lo consiglio alle mie amiche molto radical chic!!!
gynepraio
Settembre 2, 2018 at 2:57 pm
Brava, vai e digli che quel libro te l’ha consigliato Valeria
Giulia
Agosto 27, 2018 at 5:38 pm
Letto lo scorso mese. Da medico , è da mamma che passa spesso ore a litigare su fb con mamme no vax l’ho trovato in alcuni punti tremendamente profetico . È vero che certe situazioni in Italia sarebbero difficili se non impossibili, eppure il fatto che dopo l’incidente del padre e il suo essere sopravvissuto la madre sia diventata famosa e abbia iniziato a fare video su YouTube mi ha fatto molto riflettere !
gynepraio
Settembre 2, 2018 at 2:56 pm
Anche a me, nel senso inquietante del termine…
Chiara
Agosto 31, 2018 at 11:44 am
Grazie Valeria! Non conoscevo questo libro, ma grazie alla tua recensione è finito direttamente nella mia wishlist. A proposito di famiglie e genitori, ho visto che hai suggerito qualche libro che, come questo, parla di padri ingombranti: sapresti consigliarmi qualche titolo che invece parla di madri di questo tipo?
gynepraio
Settembre 2, 2018 at 2:59 pm
Le madri non sono mai ingombranti e violente, purtroppo solo i padri tendono ad esserlo per questioni legate al patriarcato temo. Però “Eleanor Oliphant sta benissimo” ha una madre molto ingombrante: se non ti urtano i libri trendy e di gran moda, è una bella lettura!