Baby 34
Baby party di compleanno a basso tasso di fatica
Elia ha compiuto due anni e si vedono tutti: infatti, le sue nuove parole del cuore sono NO, BASTA, SCHIFO. Fa delle facce contrariate che sembra un cartone animato, tipo Danny la Minaccia ma più arrabbiato. Pesa quasi 15 kg, è alto 90 cm e porta il 23. Nonostante tutte le lavate cui lo sottopongo (=piange perché non vuole fare la doccia e poi piange perché lo tiro fuori dalla doccia) ha sempre le unghiette nere come un minatore; vive di pasta al pesto, gelato e gallette di riso. Gli piace guardare Alvin and the Chipmunks e suonare “Tanti auguri a te” con la sua chitarrina. Venera le escavatrici, le aspirapolveri, le betoniere, i trattori, indica con gioia le cacche dei piccioni sul selciato e saluta tutti i tranvieri.
In occasione del suo secondo genetliaco è stato indetto un baby party di compleanno al grido di minima spesa e massima resa, sulla cui organizzazione avevo promesso ragguagli. Siccome, fedele alle mie origini sabaude, non volevo farlo diventare caro come un banchetto di nozze, mi sono alleata con altre due mamme e amiche le cui figlie sono nate a pochi giorni di distanza da Elia: una sola festa, un po’ più di budget e i costi fissi completamente abbattuti visto che eravamo in 3. Nella fattispecie, poiché Elia non ha ancora dei veri amici, gli invitati erano prevalentemente famiglie amiche mie e delle altre mamme organizzatrici
Consapevoli del fatto che i bambini difficilmente avrebbero compreso la portata dell’evento, l’intento della festa era “offrire qualche ora accettabile se non piacevole per i bambini e per i loro genitori”: non dico un’esperienza memorabile ma quanto meno un pomeriggio non infernale. Secondo me ci siamo riuscite, più o meno.
Baby Party di compleanno: la location
Abbiamo affittato -per una cifra ridicola- la terrazza di Lombroso16, un centro culturale-ricreativo del quartiere San Salvario. Molto grande, rivestito di erbetta sintetica, con tante poltrone da esterno e una tettoia sotto la quale abbiamo allestito il rinfresco. Adiacente al terrazza, c’è anche una grande stanza al chiuso con bagno, dove avremmo potuto spostarci in caso di maltermpo: siamo tuttavia stati fortunatissimi perché era il weekend del Torino Pride, c’era un sole meraviglioso che ha ben pensato di adagiarsi tra i tetti verso le 17 per cui abbiamo goduto una piacevole ombra tutto il pomeriggio. Eravamo tenute ad allestire e disallestire da sole, cosa che abbiamo fatto piuttosto rapidamente. A questo proposito vi segnalo (altro…)
La piaga del senso di colpa materno
Il senso di colpa è stato una costante di buona parte della mia vita, e considero una delle mie più grandi conquiste l’essermene liberata. Mi è costato soldi e tempo, ma le svolte sono state ben due:
- Ho smesso di usarlo per impormi o ottenere ciò che desideravo. Mi vergogno di dire che in numerose occasioni ho utilizzato l’arma del senso di colpa, del pianto, della recriminazione passivo-aggressiva per denunciare il fatto che non stavo ricevendo sufficiente attenzione e fare presente ai miei fidanzati che mi stavano provocando atroci dolori. Ripensandoci, sarebbe stato molto più fruttuoso essere assertiva e dire ciò che desideravo, o più propositiva e creare occasioni di condivisione (oppure ancora, chiedermi perché questa persona non mi dava abbastanza attenzione). Tra l’altro questo mio comportamento trovava un terreno molto infertile, non soltanto perché odioso e fuori luogo, ma anche perché i miei interlocutori erano incapaci di sentirsi in colpa: ipotizzo, senza chiamare in causa chissà quali luminari di psicologia dello sviluppo e di critica femminista contemporanea, che essendo maschi fossero meno avvezzi a sentirsi manchevoli e rimettere continuamente in discussione le proprie scelte? Chiedo, eh.
- Ho iniziato a domandarmi, ogni volta che lo sentivo, da dove proveniva il mio senso di colpa: ero io a sentirmi manchevole rispetto a uno standard che mi ero data, oppure stavo male perché qualcun altro mi imponeva un metro di giudizio che non era il mio? Ci sono alcuni casi in cui il senso di colpa funziona come campanello di allarme e serve a ristabilire le priorità: ma per quanto mi riguarda deve sempre partire da un moto spontaneo personale e da una puntualizzazione altrui. In altre parole, mi devo sentire una merda io e non voglio che qualcun altro mi induca forzosamente questa presa di coscienza.
I bambini e l’influencer marketing
Sono reduce da una discussione su uno dei gruppi FB ai quali sono iscritta, dove mi sono -inavvertitamente- permessa di dire la mia opinione sull’utilizzo che molte colleghe fanno della prole sui social network. Ho affermato che trovo discutibili quei mommy blog che ricorrono in modo spregiudicato e frequente dell’immagine dei propri figli per scopi di natura commerciale.
come funziona a casa mia
In casa mia la legge in merito è severissima: il piccolo non deve apparire in foto destinate ai miei canali social. Io non sarei così rigida e non trovo niente di male nel condividere una fotografia: lo farei per documentarne la notevole comicità, ma non quotidianamente né a sproposito. Come ebbe modo di dire una saggia amica di famiglia: “Ricordati che i tuoi figli sono la cosa più importante della TUA vita, ma non di quella degli ALTRI”.
Tuttavia, non sono l’unico genitore ed è un punto che (altro…)
Festa del papà, e due o tre cose sulla maternità
(É la festa del papà, e io giustamente parlo di maternità). Un po’ di tempo fa, un’amica dal vacillante istinto materno mi chiese di elencarle una ragione, meglio ancora due o tre, per le quali una vita con figli è preferibile a una vita senza figli. Mi trovai in difficoltà, lo ammetto.
Questo è l’eterno dilemma narrativo di noi madri oneste: del sano terrorismo psicologico oppure una spudorata sublimazione? Il mondo deve sapere, o no? Mi sono talvolta pentita di aver dipinto a fosche tinte la vita da genitore, spinta dalla sleep deprivation e da quelle botte ormonali di cui cadono vittime le gestanti. Dopo lunghe ponderazioni, ho scelto un registro realistico-ironico. Non a caso, la prima cosa che mi è venuta in mente di dire alla mia amica è stata “Beh, i bambini fanno molto ridere”. Il che è vero, specialmente dopo (altro…)
Elia e lo svezzamento (ovvero insegnare a un bambino a masticare)
Sullo svezzamento ho seguito i suggerimenti del pediatra e il mio istinto. Elia mi osservava mangiare e apriva la bocca in sincrono con me: era pronto per la frutta grattugiata. Per una volta avevo ragione! Niente riflesso di protrusione, niente sputi, niente spruzzi sui muri.
Ha inizialmente dimostrato una curiosità alimentare notevole ma a 12 mesi è entrato in una fase monotonissima durante la quale non sapevo più cosa proporgli e che è culminata durante le ferie in Trentino. Non so se per il cambio d’aria, siamo riusciti a somministrargli per due settimane solo yogurt, gelato, crema di zucchine, biscotti secchi e pane.
La situazione è migliorata quando siamo tornati a casa, ma siamo lontani dal dire che “mangia tutto”.
Il problema non è solo legato ai gusti, ma soprattutto alle consistenze: gli piace ingoiare oppure sgranocchiare, ma masticare metodicamente non è il suo sport favorito.
Dargli da mangiare può essere un’esperienza rilassante oppure un’avventura da cardiopalma visto che non sai mai se stia masticando oppure se mi toccherà fargli una manovra anti-ostruzione.
Non posso dargli verdure o carne a pezzi perché serra la bocca, ma a lungo andare la soluzione “minipimer” non è giusta: frullare significa rompere le fibre e ridurre i gusti a un unico calderone.
La soluzione è (altro…)
I miei maldestri ma volenterosi tentativi di sleep training
Ho già parlato in numerose occasioni di quanto la privazione di sonno sia stata per noi una costante fin dalla nascita di Elia. Non penso che il suo sia stato il caso peggiore della storia dell’infanzia italiana, ma che si sia trattato di un modello abbastanza classico: un bambino sano e normale allattato al seno che, una volta svezzato, ha mantenuto una struttura del sonno simile a quella di un lattante. Ovvero, bisognoso di essere accompagnato durante l’addormentamento e caratterizzato da risvegli reiterati.
SLEEP TRAINING: L’OBIETTIVO DI QUESTO POST
L’obiettivo di questo post non è spaventare le gestanti: il nostro caso è appunto nostro e dipende in parte da com’è fatto Elia, in parte da come noi l’abbiamo abituato ad affrontare il sonno durante i suoi primi mesi di vita. Se adesso mi chiedessero “dove hai sbagliato inizialmente?” non saprei rispondere, perché tutte le scelte che abbiamo effettuato fin dalla nascita sono state compiute in buona fede e, ancora adesso, non vedo niente di palesemente sbagliato nel fatto di averlo cullato in braccio cantandogli delle canzoni di mia squisita invenzione, o nell’averlo addormentato a forza di carezze nel mio letto per poi trasferirlo nel suo, o nell’essere sempre accorsi al suo capezzale al minimo miagolio per rassicurarlo e farlo riassopire. Sono tutti metodi validi che avrebbero potuto funzionare e guidarlo dolcemente ai piaceri del sonno autonomo, ma che nel nostro caso sono stati fallimentari: Elia a 18 mesi non aveva ancora imparato ad addormentarsi da solo quando era palesemente stanco, né a riprendere sonno dopo uno dei fisiologici microrisvegli notturni. Siccome, ripeto, il mio obiettivo non è seminare il panico, non vi dirò che tipo di (altro…)
Shopping list per bebè: la mia esperienza
Questo post, che contiene poca ironia e molto buon senso, ha l’obiettivo di aiutare chi è in dolce attesa (o vorrebbe esserlo!) nel decidere come spendere il proprio denaro. Come al solito, è basato sulla mia esperienza e sul mio budget, e obbedisce al modello di gestione del ménage famigliare che io ho adottato e che, ci tengo a premetterlo, non è minimalista.
In particolare, i miei principi guida sono stati:
- spendere e investire su gadget di vitale importanza, destinati a durare, altamente visibili (= cioè che in casa si vedono tutti i giorni) e facilmente rivendibili
- spendere poco su articoli superflui o condannati a vita breve
- cercare nel limite del possibile di non farmi cogliere impreparata
Prima di muoversi in una direzione o un’altra, vi suggerisco di farvi alcune domande preliminari. Le risposte che vi darete a questa domanda vi guideranno nelle scelte e nello stabilire le priorità. (altro…)
Le mammine pancine e l’allattamento a termine
LE MAMMINE PANCINE SPIEGATE IN QUATTRO PAROLE
Martedì scorso, a cena, cercavo di spiegare il Signor Distruggere e le mammine pancine ripiene d’amore a delle amiche che non seguivano la pagina. Per fortuna, pochi giorni dopo un’altra amica mi ha segnalato una disamina del fenomeno molto ben fatta -ancorché, da snob quale sono, ho istantaneamente pensato che la fonte non fosse molto rassicurante- che vi linko qui e vi suggerisco di leggere attentamente.
Dico “per fortuna” perché la spiegazione che ho fatto io durante la cena è stata lacunosa e sinceramente incomprensibile: “Niente, le mammine pancine sono quelle madri morbosamente attaccate ai figli che li allattano fino a 4 anni, che bevono il frullato di placenta e bruciano gli assorbenti sul balcone, capito? Ma sì, quelle che vendono online i gioielli a forma di vulva fatti con il latte materno! Dai, su, avete capito.”

Io in uno dei miei rari ritratti pancini con ricrescita
MA QUESTE MAMMINE PANCINE FANNO COSÌ RIDERE?
Ci sono persone cui gli screenshot del Signor Distruggere fanno ridere a crepapelle: (altro…)
Ninna nanna dell’affido temporaneo
La mia teoria è che la pratica della ninna nanna non sia nata per rilassare i bambini, bensì i genitori. Io ne ho una di mia invenzione, dalla melodia piuttosto monotona ma che sottopongo a sempre nuovi miglioramenti testuali, con la quale spiego al piccolo perché nel giorno appena concluso sono stata alternativamente stanca/triste/irascibile. Sarà un’impressione, ma alla fine di questa excusatio non petita, mi sento sempre un filino meno in colpa (anche se pensavo che non mi sarebbe accaduto).
Riflettevo sul fatto che la ninna nanna più celebre d’Italia parli invece dell’arte della delega: mi piace pensare che l’abbia composta una madre giunta ad un tale punto di spossamento da voler solo consegnare il bambino a qualcun altro al grido di Vai, son tutti cazzi tuoi. Un po’ come me in questi giorni, diciamo.

Ho già pronta la cover del CD che certamente inciderò
Cosa si può fare con un bambino?
Ho recentemente finito di leggere “Ero una brava mamma, prima di avere dei figli” di Paola Maraone che molti conosceranno per via del quasi omonimo blog, che vi consiglio caldamente. L’autrice è una tris-mamma e con questo libro ripercorre il primo anno di vita del neonato indicando le conquiste e i tipici problemi di ogni fase. Io l’ho letto con un duplice spirito:
- approfondimento didattico: questo è il mio ultimo manuale di puericultura perché tra poco passerò a quelli di pedagogia avanzata per la gestione dei terrible two.
- verifica dell’apprendimento: mio figlio ha 1 anno quindi le fasi descritte dovrebbe averle vissute tutte. È stato come se a Capodanno una rileggesse l’oroscopo dell’anno precedente per vedere se Paolo Fox ci ha preso o meno.
Per coloro che fossero interessati, ecco un recensione lampo: l’autrice è una giornalista e giornalistico è l’approccio al tema. Ci sono, al termine di ogni capitolo, fonti e spunti di approfondimento scientifico. Si è avvalsa del supporto di un pediatra, che ha curato l’introduzione al libro e che contribuisce a dare all’opera (altro…)