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By gynepraio19 Dicembre 2016In BabyPersonale

Del privilegio di avere figli

Un po’ di tempo fa mi ero imbattuta in questo saggio di Corinne Maier, (“No Kid: quaranta ragioni per non avere figli”) ma siccome ero incinta ho pensato che non fosse esattamente il momento di leggerlo.

avere figli

Adesso che il dado è tratto mi sento più sicura della mia posizione mi sono presa il tempo di visionare qualche estratto. A parte alcune affermazioni provocatorie che evidentemente hanno lo scopo di guadagnare all’autrice qualche intervista sui settimanali femminili (“amiamo i bambini in quanto oggetto”, ” i figli sono un puro oggetto capitalistico”, “i figli sono dei parassiti”), si vede che l’autrice ce l’ha su con la questione lavorativa: avere figli ti rovina la vita professionale. Rallentamento della carriera, discriminazioni, impatto sul reddito.

La questione, dinanzi alla quale io non sono assolutamente cieca né indifferente, è stata ampiamente dibattuta durante una cena con amici. Perché così tante giovani donne decidono di non avere figli? Perché chi ne vorrebbe, spesso sente semplicemente di “non avere voglia”?

Io penso che molta di questa non volontà riproduttiva nasca dal desiderio di preservare un benessere, quello del single o delle coppie senza figli, spropositatamente alto e soddisfacente. Lo so per certo: questo invidiabile stile di vita ce l’avevo anch’io, e lo vedo tuttora nelle mie amiche. Ma non è la sola motivazione.

A montare lo spauracchio dei figli contribuisce la vulgata della maternità tutta lagrime&sacrifizio, che non trovo corrisponda a verità o quanto meno non sia calzante in una società in cui è possibile, almeno in linea teorica, condividere le responsabilità con il partner e/o con delle figure professionali. Per carità, fa pathos pensarsi come una madre-coraggio dei racconti di Edmondo de Amicis, ma siamo onesti, non è così. Mi fa molto riflettere che quelle più impaurite dalle fatiche della maternità siano donne che si sono laureate a pieni voti, hanno dato l’esame di stato da commercialista, vinto il concorso da magistrato, concluso il giro del mondo in monopattino. Ma veramente vi fate spaventare dal sacrificio? State serene, ragazze: sto sopravvivendo persino io che non sono temprata per niente, visto che la schiena non me la sono mai spezzata, né sui banchi né in ufficio né in palestra.

Subito dopo quello della madre-coraggio, arriva lo stereotipo della simpatica pasticciona. Esso miete tantissime vittime tra le donne più insicure: parlerò solo di cacca? Sarò ancora capace di fare ironia? Dimenticherò le buone pratiche igieniche, i testi di De Andrè e la tabellina del 7? La risposta, mi ripeterò, è la stessa che scrissi tempo fa: sarete la madre che deciderete di essere. Vale anche il contrario, eh! Se siete sceme come le pietre/sciape come i francobolli/noiose come la pioggia prima di avere figli, la situazione non cambierà granché dopo.

La maternità non ti regala neanche la saggezza o il buon carattere: io ero egoista prima, e tale sono rimasta. Quando Elia mi interrompe mentre sto decidendo l’outfit of the day, sbuffo. Quando frigna in un negozio, alzo gli occhi al cielo. Quando mi sveglia alle 3 di notte, intimamente mormoro parolacce. Però ci sono alcune piccole magie che solo lui ha saputo operare, e che nessuna psicoterapeuta cinica scriverà mai in un libro-verità.

Prima di tutto, mi ha fatto vedere il cambiamento. Non facciamo che lamentarci che “la routine mi ammazza”, “quello stronzo non si smentisce mai”, “mio padre non cambierà certo a 70 anni”: sembra che la capacità di evolversi sia una delle doti più introvabili e preziose del mondo. Ebbene, i bambini ce l’hanno in abbondanza: nel giro di pochi mesi Elia è passato dalla fase fagotto semi-immobile, a quella invertebrato che si agita fino a derviscio che si ribalta. Emette versi, rumori, parlotta tra sé per ore, osserva gli oggetti, li afferra, li lancia. Ha cambiato carattere, colore di capelli, abitudini alimentari: a luglio era un demonio castano che piangeva 8 ore al giorno per le coliche, oggi è un patatone biondo che ride a tutti e di tutto. E l’opportunità di stargli vicino sta proprio nel pensare, continuamente, ogni giorno “Oddio, ma questo ieri non lo faceva” e chiedersi “Chissà cosa accadrà quando camminerà, o parlerà, o andrà a scuola”.

Un’altra delle sfide che incontriamo nelle relazioni tra adulti è quella di entrare in intimità: aprirsi e sintonizzarsi sugli altrui bisogni. Spesso accusiamo amici e amanti di essere freddi, distanti. Di non darci l’opportunità di costruire una relazione, di sottrarsi al contatto emotivo. Noi vorremmo, e loro no, bastardi. La maternità è interamente basata sul conoscersi, sullo sviluppare un linguaggio non verbale e verbale comune, con tutte le difficoltà e soddisfazioni che questo comporta. É una trattativa estenuante ma bellissima, quella del raccontare un pezzetto di sé sperando che l’altro lo capisca e agisca di conseguenza. É un andare per tentativi, per approssimazioni, prendere decisioni, riguardare le scelte da un duplice punto di vista, rimetterle in discussione se necessario. Non penso di potermi definire una mamma ad alto contatto nel senso stretto del termine, ma ho cercato di ascoltare l’opinione di Elia. Non di immaginarla –come molte mamme ad alto contatto tendono a fare, scusate l’opinione non richiesta– ma di ascoltarla. Ad esempio mi ha detto chiaramente che dormire nel letto con noi non gli interessa, ma per favore il biberon proprio no. Non piange mai, ma che nessuno tocchi il suo sonnellino in fascia. E via dicendo. Un do ut des così equilibrato, una relazione così spiccatamente win-win io non l’ho mai avuta.

In questi 6 mesi io ho vacillato tantissimo sull’allattamento, perché una parte di me si sente stanca, depauperata, prosciugata, intrappolata. Il fisico stesso me lo sta dicendo: non sono mai stata magra come ora. Ero tentata di passare al latte artificiale: anzi, non è che ero tentata, io ho proprio tentato, cambiando 4 marche di latte, 3 tipi di biberon e 2 tate. Non ci sono riuscita, perché Elia ha la testa più dura della mia. Quindi ho tirato i remi in barca e ho deciso per uno svezzamento forse un po’ precoce ma che non mi sta dando problemi.

Adesso che, progressivamente, Elia acquista indipendenza, capisco che il vantaggio più importante dell’allattamento al seno non ha nulla a che vedere con le difese immunitarie, la praticità o il risparmio economico. L’allattamento al seno insegna a scendere a patti con mio figlio, e parlare con lui in assenza di parole: è un investimento emotivo, è una palestra di comunicazione. Non mi vergogno di dirlo, e lo ripeterei a voce alta anche durante un confronto TV in prima serata in faccia a qualsiasi integralista de La Leche League: nella vostra comunicazione sbagliate tutto, ragazze. A molte madri, la storia della simbiosi, del sentirsi insostituibili non interessa: preferiscono entrare in relazione con il bambino. É su quello che dovete insistere, per fare proseliti.

Anzi, a proposito di relazione, l’ultimo, e forse il più illuminante, miracolo che Elia ha saputo operare è stato cambiare suo padre. Ma no, non l’ha cambiato. È solo riuscito a tirargli fuori un potenziale che non sapevo ci fosse: un mix di tenerezza, fisicità, cura, attenzione, rispetto che chissà dove stava annidato e chissà se mai sarebbe uscito se fossimo rimasti in due, con i nostri abbonamenti a teatro e le vacanze zaino in spalla. Se non fosse arrivato Elia l’avrei amato ugualmente, ma l’avrei conosciuto di meno.

E soprattutto, se non fosse arrivato Elia, non avrei Elia. Monsieur Lapalisse scansati, ho vinto tutto.

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svgDiscovery channel dicembre 2016

15 Comments

  • Lucia

    Dicembre 19, 2016 at 6:56 pm

    Il mio fidanzato non vuole figli perchè si reputa troppo vecchio (45 anni, io 34). Io sono molto combattuta: ho sempre pensato che prima o poi li avrei avuti, ma ora il mio senso materno, già non troppo sviluppato, è andato in ibernazione. Che fare? Sono sicura che mi impuntassi lui alla fine acconsentirebbe, ma è giusto? E’ una forma di egoismo anche volerli, i figli.

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    • gynepraio

      Dicembre 19, 2016 at 7:18 pm

      Credo che ognuno desideri i figli per una o più motivazioni. Alcune di esse sono egoistiche, altre sono più sane.
      Credo che una volta superata la fase del “wow, desidero un figlio” ed entrati in quella di “oddio, ho un figlio”, la maggior parte delle motivazioni passi in cavalleria rispetto al senso di accudimento, all’istinto materno e all’amore. Insomma, penso si possa essere ottimi genitori a prescindere dalla bontà delle motivazioni originarie.
      E penso valga anche il contrario, cioè che spesso a ottime intenzioni e nobile attitudine non corrisponda poi un pari risultato.

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  • Giulia

    Dicembre 21, 2016 at 10:50 am

    io ho avuto varie storie e spesso cin uomini che non volevano figli in quel momento oppure cin situazioni lavorative precarissime (leggi medico a partita iva nelle cliniche private). poi ho incontrato mio marito ed il desiderio di avere figli è diventato semplice. purtroppo abbiamo scoperto di avere grossi problemi e siamo stati catapultati nel terribile mondo della fecondazione assisitita. cerco di affrontare tutto con coraggio, ma dopo un anno e un aborto di mezzo non è semplice. quindi si, vedo anche io la realtà vera di come un figlio sia unprevilegio, e mi piace il tuo modo di vivere la maternità, davvero tanto. spero di arrivarci anche io. in questo momento è la mia paura piu grande. non riuscire

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    • Giulia

      Dicembre 21, 2016 at 6:22 pm

      Cara Giulia, sono una tua omonima nonché sorella di fecondazione assistita. Io e mio marito abbiamo avuto un’iniziale diagnosi infausta che sembrava precludere qualsiasi tentativo per probabilità troppo basse di successo, ma a furia di cure (lui) e dopo un intervento (io) ce l’abbiamo fatta. Probabilmente non servirà a molto, ma ci tenevo a fare a te e tuo marito un enorme in bocca al lupo: che questa Via Crucis che è la procreazione assistita vi porti al più presto il vostro ‘privilegio’, per dirla con Valeria.
      Un abbraccio sincero.
      Giulia

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      • gynepraio

        Dicembre 21, 2016 at 7:08 pm

        Penso che il tuo contributo sia stato davvero bello, grazie.

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    • gynepraio

      Dicembre 21, 2016 at 7:07 pm

      Io non posso che unirmi a te e a Giulia qui sotto nello sperare che questo tuo desiderio giunga a compimento.

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  • Valentina

    Dicembre 21, 2016 at 8:03 pm

    Trovo sempre molto senso in quello che scrivi sulla maternità. Ho l’età giusta per averne ma non ho figli e non ne avrò, adesso, per scelta. Vengo anche io da un passato di procreazione medico assistita e anche quel figlio che non ha voluto restare mi ha insegnato molto. Quella che doveva essere l’ultima possibilità di averne è diventata la prima di tante possibilità di andare avanti.

    Questa assenza per me è un’opportunità quotidiana (di ritrovarmi, di prendere decisioni, di recuperare il tempo perduto) e non mi sono solo abituata, semplicemente ho capito che in questa specie di equilibrio in cui sta l’universo doveva andare così. Le posizioni estreme di Corinne Maier non le ho mai apprezzate ma capisco anche chi sceglie altro, rispetto a un figlio, e poi si sente giudicata, perché a me capita spessissimo ed è imbarazzante dover spiegare – ogni volta – che sono felice così e non “anche così” e che di quel bambino, adesso, non ho più bisogno e allora, anche se potessi, perché dovrei metterlo al mondo?

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    • gynepraio

      Dicembre 29, 2016 at 11:20 am

      Grazie Valentina per aver condiviso una esperienza così personale. Demolirò definitivamente la mia reputazione dicendoti che in alcune occasioni ho fatto la parte della zia impicciona che chiede a qualche donna perché non avesse ancora figli, ma che -dopo un paio di risposte disarmanti e intelligenti- mi sono resa conto dell’infinito range di ragionevolissime motivazioni per cui questa scelta non va indagata ma solo lasciata all’individuo.

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  • Giulia

    Dicembre 22, 2016 at 1:31 am

    Grazie @giulia per le tue parole e grazie @valeria. Per Valentina: dall’esterno nessuno appoggerà o approverà la tua scelta, tanto è facile criticare a vuoto e mi rendo conto che le persone che si soffermano davvero a chiederti come stai e cosa desideri. Ma se tu sei serena con te stessa non conta.

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  • virginiamanda

    Dicembre 30, 2016 at 7:06 am

    Questo post è molto bello e trasmette molta serenità.
    Non ho mai pensato di avere figli e non mi sono mai vista nel futuro. Punto, nel senso che non mi so immaginare tra un anno, non mi so immaginare proprio. E non sono mai stata capace di immaginarmi dopo i trent’anni. Pensavo che questa incapacità di immaginarmi il futuro fosse un modo per dirmi che a quel futuro non sarei mai arrivata e quindi mi sono comportata di conseguenza: ho fatto tutto quello che volevo fare prima dei trent’anni in modo da potermi dire ogni giorno “se domani muoio, sono contenta”. Non prenderla per una posizione macabra sulla vita, ti assicuro che non lo è. Per questo motivo, credo, non sono mai riuscita ad immaginarmi con dei bambini.
    Tu parli di paura del sacrificio, che spinge tante donne realizzate a negarsi la maternità. Io credo che nel mio caso non si tratti di paura del sacrificio. Ho avuto una vita tutto sommato comoda, (famiglia unita, università, niente lutti o disgrazie) ma quelle volte che mi si è presentato un ostacolo davanti ho cercato di affrontarlo.
    Quello che veramente mi spaventa è la responsabilità.
    Vivo da dieci anni (ora sono in pausa, ma ci siamo capite) la responsabilità di quello che si insegna ai più piccoli, vedo come i comportamenti di noi adulti vengano copiati, esasperati e ripetuti. Cerco di fare il mio meglio perché questo mondo diventi migliore, ma averne la responsabilità nelle mie mani credo sia troppo.
    Detto questo, non ho mai capito le idee di maternità che vanno ora di moda: non credo che un figlio sia un progetto personale (è un avvenimento nella vita, molto importante ma non è un progetto lavorativo con obbiettivi e bonus a fine anno, non è un investimento, è un figlio, cribbio!), non credo che un figlio sia un progetto di coppia (è una persona nuova che viene messa al mondo, come si fa a considerarlo l’obbiettivo dello stare assieme? Un figlio dovrebbe uscire dall’amore, non esserne la causa!), non credo che un figlio serva a completare mancanze (“ora sì che mi sento donna!” E prima? “Ora sì che capisco il mio ruolo nella società” E prima?), non credo che un figlio sia un oggetto qualsiasi da immortalare nei social.
    Penso che, come spesso puntualizzi tu, ci voglia serenità e consapevolezza nella vita in generale, e anche quando si fanno figli.
    Tu ne hai da vendere, ti abbraccio e ti auguro il meglio in questa nuova tappa della tua vita e in questa prima tappa della vita di Elia.
    <3

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    • gynepraio

      Dicembre 30, 2016 at 11:25 am

      Sei supergentile a dirmi questo, proprio in questo momento, tra l’altro: stanotte ero così scoraggiata che volevo chiamare una tata notturna.

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      • virginiamanda

        Gennaio 2, 2017 at 5:17 pm

        Perché ti portasse un gin tonic? 😉

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  • siboney2046

    Gennaio 4, 2017 at 12:08 am

    Che bel post, Valeria, molto intelligente, come sempre sono i tuoi post.
    Mi hai fatto incuriosire sulla maternità e quasi mi hai instillato il desiderio di procreare.
    Ah no aspetta, non ho un uomo!!

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  • Daniela

    Aprile 5, 2017 at 10:15 am

    Ciao, questo penso sia uno dei post sulla maternità più belli che abbia mai letto, ti ringrazio. Sono incinta al 6° mese e ancora non riesco a immaginarmi il dopo, sto andando avanti prendendo quello che viene giorno per giorno, leggendo molto ma cercando di non farmi troppo “programmi” o paranoie, per quanto possibile. Per una vita non mi sono immaginata con dei figli, non pensavo quasi di volerne, e invece ora sono felicissima ed emozionata dall’attesa, più di quanto mi aspettassi. Mi piace/piaceva la mia vita di prima, la nostra vita a due, le nostre cose, viaggi, interessi, e mi sentivo già completa così, mi spaventa il cambiamento che ci sarà ma allo stesso tempo ne sono elettrizzata, perché sono sicura porterà a un arricchimento di quelli che siamo, sperando di non uscire totalmente devastati dalle notti insonni che tutti mi prospettano!
    Non so perché ti scrivo tutto questo, ma davvero il tuo post ha, per me, centrato pienamente il senso ed espresso quelli che sono i miei pensieri in questo momento.
    A presto 🙂

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    • gynepraio

      Aprile 7, 2017 at 11:06 am

      Ciao Daniela, vedrai che sarai te stessa elevata alla seconda. Anzi, sarete voi stessi elevati alla terza. In bocca al lupo!

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