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By gynepraio24 Febbraio 2020In BabyPersonale

“Bastava chiedere!”: il carico mentale

Il 20 febbraio 2020 è uscito Negli ultimi giorni è uscito “Bastava chiedere! Dieci storie di femminismo quotidiano” della fumettista francese Emma, sorprendentemente edito da Laterza quindi una casa editrice non votata al genere comics, con prefazione di Michela Murgia. Per una volta sono stata anticipatrice perché l’avevo già in parte letto nel 2017, ricorrendo al poco francese che conosco, recensendolo e scrivendo un po’ di pensieri in merito.

BASTAVA CHIEDERE: IL CARICO MENTALE SECONDO ME, NEL 2017

Credo di aver vissuto tra giugno e luglio la cosa più simile a un tracollo nervoso che mi sia mai capitata. Ho spiegato, con la verbosità e dovizia di dettagli che contraddistingue i miei sfoghi, a diverse persone perché mi sentivo così. Da molte di esse ho ricevuto affetto, vicinanza, solidarietà -e probabilmente pietà, perché ho pianto molto e inopportunamente- che ho apprezzato tantissimo. Sono certa che altrettante persone hanno pensato che esagerassi, che sono una debole con manie di persecuzione e una teatrale tendenza a simulare il martirio. Atteggiamento, quest’ultimo, del quale mi scusavo pochi minuti dopo perché possa un asteroide colpirmi se io sono tra quelle menagramo che cerca di convincervi che la maternità è solo un tunnel di fatica ed espiazione, e NO, non tutti i bambini dormono a comode rate e si svegliano 19 volte per notte e NO, ve lo giuro, non tutti i bambini mettono 5 denti in un mese, ma il mio sì, che vuoi farci, mica lo fa apposta.

Penso di non essere stata capace di illustrare appieno perché mi sentivo così disperatamente stanca e lamentosa da non riuscire a godere dei lati positivi della mia vita, così demotivata e incapace di guardare oltre l’ostacolo o fare piani per il futuro. Quando ho analizzato il perché di questo crollo fisico-emotivo insieme al mio compagno, ci siamo messi a scomporre la nostra vita famigliare per comprendere dove stava il fardello che pesava sulle mie spalle. Forse perché lui per natura sminuisce minimizza, dall’analisi scaturiva che:

  • abbiamo una persona incaricata di tutti i lavori domestici tranne cucinare
  • mangiamo cibi semplici, se necessario anche muschi e licheni, quindi anche cucinare non è pesante
  • abbiamo semplificato e automatizzato la burocrazia e la contabilità famigliare, quindi non sono attanagliata dal paperwork
  • Elia sta al nido dalle 9 alle 18, quindi mi occupo personalmente di lui al massimo 4 o 5 ore al giorno
  • non lavoro in miniera al turno di notte e non sono vittima di mobbing

Sostanzialmente il mio punto debole sarebbe la quali-quantità del sonno, che, ha decretato lui, non è di per sé causa sufficiente a determinare il tuo malessere. Il mio livello di stanchezza era così allarmante che non ho avuto nemmeno le forze per argomentare e fare un elenco puntato delle altre fonti di stress corresponsabili di questa stanchezza: il cambio di lavoro e la malattia di mio padre, per dirne un paio. Perché la risposta sarebbe prevedibilmente stata questa: “Il nuovo lavoro è vicinissimo, non devi più attraversare la città e ti piace più del precedente; quella di tuo papà è una malattia guaribile e se n’è occupata tua madre al 100%”.

È una logica schiacciante, quella di chi ignora il concetto di carico mentale. È un modo di ragionare maschile più semplice, che è difficile confutare senza finire nel terreno periglioso delle rivendicazioni, della gara a chi si sbatte di più, del martirio, dei tu non sai niente, dei poverina detti con sguardo di compatimento. Sono stata felice di leggere questo weekend alcuni articoli, il migliore dei quali mi è parso questo, che spiegano in concetto di carico mentale partendo dalle illustrazioni della francese Emma, femminista, mamma e autrice di “Bastava chiedere”.

Il carico mentale, per citare Giulia Siviero, è “il peso di tutte quelle acrobazie cerebrali, invisibili, costanti e sfiancanti che portano, per il benessere di tutti e il funzionamento efficace della casa, generalmente le donne”. Non voglio limitarmi a citare una definizione: ho anche coniato una similitudine. Avete presente la mucca che ha uno stomaco destinato a digerire alcuni nutrienti? Ecco, io sento di avere un cervello che svolge le normali operazioni, e un secondo cervello costantemente concentrato a pensare a far quadrare le cose.

Bastava chiedere Dieci storie di femminismo quotidiano Emma carico mentale

Si chiede alle donne di organizzare tutte le attività e di eseguirne oltretutto una gran parte: significa che a loro compete il 75 percento del lavoro. Questo è ciò che chiamiamo “carico mentale” (dalla versione francese originale di “Bastava Chiedere”, traduzione mia)

Detta così, sembra che io abbia un disturbo ossessivo-compulsivo e non sappia delegare, ma è il contrario! Proprio perché so di essere una control freak ho ridotto ai minimi termini l’agenda, le complicazioni, gli impegni, gli interlocutori, i giri, la logistica inutile, gli orpelli. Rinunciare alla complessità, per una come me che si fregiava di avere una vita ricca, è stato un sacrificio. Questo sforzo di semplificazione ha un costo: pensare al modo migliore per fare le cose è faticoso quanto metterle in atto o delegarle alle persone giuste. Infine, insieme all’onere organizzativo, c’è la responsabilità: perché da me ci si aspetta risposte. È a me che vengono fatte le domande: al plurale, gentilmente, senza pressioni, ma non senza aspettative. Cosa gli facciamo da mangiare? Come possiamo aiutarlo a dormire? Lo vacciniamo per la varicella? La mia visione dall’alto e di insieme è fondamentale: quando faccio quadrare le cose, mi sento un top manager da classifica di Forbes. Compio certi adorabili salti carpiati, tipo suddividere i miei vestiti vecchi in sacchetti di media dimensione, portarli da HM, ricavarne dei buoni acquisto e reinvestirli contestualmente nel corredino stagionale di Elia che ho scelto la notte precedente sul lookbook del sito.

BASTAVA CHIEDERE: IL CARICO MENTALE E IL CONGEDO DI MATERNITÀ

Io credo che molta di questa leadership, o autorevolezza, io l’abbia acquisita nei tempi tecnici concessi dal nostro sistema previdenziale: le settimane di gravidanza che ho passato a casa informandomi e facendo ricerche, i primi mesi del congedo di maternità durante i quali ho letto manuali e sperimentato soluzioni. È stato un percorso anche divertente: scoprire un mondo che non conoscevo, compiere scelte, confrontarmi con nuovi interlocutori.

Bastava chiedere Dieci storie di femminismo quotidiano Emma carico mentale

Durante questo periodo, oltre a riprenderci dai punti di sutura e dai sonni interrotti, dobbiamo anche interiorizzare tutto ciò che serve a gestire un neonato: la tata, i vestiti, gli appuntamenti dal medico, i pasti (dalla versione francese originale di “Bastava Chiedere”, traduzione mia)

Questo lavoro intellettuale mi è servito ad acquisire sicurezza e a sentirmi -anche se con notevole discontinuità e crolli di autostima- in grado di prendermi cura di Elia: è stato ed è tuttora bello vedere che a fronte di alcune mie scelte mio figlio mi ha seguito, docile, riconoscente e spesso felice! Non ho problemi a prendermene il merito, e bearmene. Non ho nemmeno problemi ad ammettere che a volte la ricompensa è scarsa, perché mio figlio oppone resistenza, piange, si sveglia 19 volte per notte e sembra inspiegabilmente infelice.

La mia reazione al carico mentale poteva essere un’ulteriore semplificazione: non rispondere ai messaggi, vestiti male, smetti di scrivere, pettinati coi petardi. A questa logica io non riesco a piegarmi e, lo dico senza mezzi termini, trovo che sia una trappola maschilista. “Non riesci a stare dietro a tutte le tue incombenze pratiche e mentali? Beh, poco male, smetti un po’ di essere te stessa! Vedrai quanto tempo ed energie ti rimangono.” Invece, ho fatto esattamente il contrario: non mollare niente, anche a costo di stancarmi ancora di più. Cercare soddisfazione e felicità anche altrove, trovare quel buonumore e autostima che servono nei momenti duri. Ma, ecco la notizia, anche questo sforzo ha richiesto disciplina e fatica. Alla luce di questa analisi, non è strano che io sia arrivata dopo 12 mesi al punto di saturazione e abbia bramato le vacanze come mai, mai, mai ho fatto in 35 anni.

Io credo che la nostra cultura e la nostra società remino ancora contro una suddivisione equa del carico mentale, che la svolta non sia dietro l’angolo e che passi in primis dall’educazione delle nuove generazioni.

Bastava chiedere Dieci storie di femminismo quotidiano Emma carico mentale

E certamente, crescere i nostri figli il più lontano possibile dagli stereotipi, per offrire loro un futuro più equo del nostro (dalla versione francese originale di “Bastava Chiedere”, traduzione mia)

In attesa di un mondo migliore, vorrei che il questo mio contributo immateriale al ménage famigliare fosse riconosciuto e preferirei non ricevere soluzioni semplici e/o semplicistiche proprio dalla persona che mi conosce meglio. Mi piacerebbe anche che tutti i neogenitori potessero ripensare e semplificare la propria quotidianità con l’ampiezza di opportunità che abbiamo avuto noi. Non ultimo, vorrei che le istituzioni cittadine collaborassero con le famiglie per ridistribuire o quanto meno ridurre il carico mentale che ancora grava sulle madri e che la burocrazia contribuisce a esacerbare.

2020: che ne è stato del mio CARICO MENTALE

Da quando ho avuto un figlio, altre donne di mia conoscenza hanno avuto figli. Parlo di donne con un’indole simile alla mia, lavoratrici e forse un po’ perfezioniste. Bene, in tutte ho notato lo stesso tipo di esasperazione, lo stesso livello di logoramento e di nervosismo che avevo io all’epoca che è frutto della combinazione tra mancanza di sonno, bisogno di attenzione e vigilanza estreme, ritorno alle responsabilità lavorative full-time, effetto cumulato di troppe novità e un po’ di sempreverde senso di colpa. Ho notato che intorno ai 2 anni di età questa impressione di sopraffazione scende: si è sempre stanche, ma la sensazione di portare un macigno sulle spalle non si sente più. Il mio unico rimpianto è che avrei potuto vivere quei primi mesi di mio figlio con un’indole più leggera, meno guerriera, e invece non torneranno mai più e chissà, forse mi dimenticherò tutto di quella stagione di soprammobili rovesciati, risvegli notturni e piantini sul water.

Se volete acquistare: “Bastava chiedere” di Emma, è sufficiente ordinarlo in qualsiasi libreria indipendente. Ma se proprio non potete recarvi di persona, potete acquistarlo anche su Amazon.

 

svgPosta del Cuore febbraio 2020
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svgLibri in 3 parole: Naturalmente Intelligenti

34 Comments

  • Elena

    Settembre 7, 2017 at 8:33 am

    Mi sono svegliata da una notte insonne post vaccino di mia figlia e ho e letto questo articolo e vorrei abbracciarti virtualmente perché hai saputo mettere nero su bianco i miei stessi sentimenti! Credevo di essere la sola a pensare a tutte queste cose, di essere una palla al piede e una lamentosa continua (o almeno cosi mi hanno fatto credere e ho creduto per tutto questo anno e mezzo, non contando la gravidanza) .
    Invece è proprio così, si arriva ad un certo punto in cui ti sembra di avere un immenso puzzle di cose da fare e di cui prenderti cura, di quelli da mille pezzi. Ne prendi uno, lo attacchi, ma poi ti accorgi che ne manca un altro e niente lo devi cercare perché sto puzzle lo stai facendo tu. Poi tante volte gli aiuti ci sono , mio marito è amorevole e attento, non dico di no però è vero, a far quadrare il cerchio siamo sempre noi e a volte andiamo in tilt.
    Io nel mio piccolo cerco di cambiare questa situazione, delego e cerco di stare più tranquilla possibile, ma è dura, soprattutto se sei da sola (nel mio caso ho lunghi periodi in cui non ho nessun aiuto se non una tata, per fortuna, ma ovviamente per quando sono al lavoro) e con un lavoro precario.
    Io consigli non te ne so dare, davvero però per quel che conta ti sono vicina e ti capisco.

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  • Elena

    Settembre 7, 2017 at 8:34 am

    P.s. e no, non sembri per nulla una madre che ha bisogno si compatimento anzi!

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  • incorporella

    Settembre 7, 2017 at 10:05 am

    Anche io mi sono rivista un sacco nei fumetti di Emma, anche se, come ben sai, la creatura vivente a cui devo badare al massimo è un acaro della polvere. Eppure. Abbracci e pat-pat, casomai servissero ancora 🙂

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    • gynepraio

      Settembre 7, 2017 at 4:54 pm

      Io credo che la maternità esacerbi solo un problema che esiste di per sé.

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  • ginevra

    Settembre 7, 2017 at 11:29 am

    Ho finito L articolo con la tachicardia….è tutto molto vero! Parlo dai 7 mesi e mezzo di un bamboccio buono, che crea veramente il minimo indispensabile dei problemi che un neonato può regalare, eppure i momenti di spossatezza e solitudine ci sono ed è triste dirlo, ma 2 volte su 3 arrivano dal altro che è in campo con te….e anche qui specifico che il protagonista che tiro in ballo è un uomo buono disponibile, gentile che mi fa sentire amata ora come forse mai da quando ci conosciamo, MA (eh si c e il MA..) non ce la può fare.
    Scusami se scivolerò nel luogo comune che leggerai tra poco ma ahimè nn trovo altre parole per descrivere la situazione..con L arrivo di un figlio improvvisamente me ne sono ritrovata due..”Fai, Vai, Leggi, Guarderesti, Daresti, Lo cambieresti, Lo faresti bere….” grazie consecutio temporum perché non mi abbandoni mai, grazie condizionale che ingentilisci quello che in realtà nella mia testa sarebbe “SVEGLIATIIII!!!! SEI PADREEEEE!!!!” Tutto ciò per confermare quello che hai descritto molto bene il carico mentale è quasi totalmente appannaggio nostro….mi consolo pensando che siamo le nuove mamme di nuovi uomini e che (forse) riusciremmo a consegnare alle nuove donne di domani uomini più autonomi(?) più decisi (?) più disponibili (?) più multitasking (?) con una caffettiera incorporata e buoni spendibili on line(??????)
    Un abbraccio G.

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    • gynepraio

      Settembre 7, 2017 at 5:00 pm

      Ginevra, ti dico la stessa cosa che ho scritto a Elena sotto: se non superiori alla media, i nostri compagni sono superiori ai nostri padri (almeno, al mio sì). I nostri figli saranno migliori di loro, e via dicendo. Diamoci di fare.

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      • Elena

        Settembre 7, 2017 at 7:46 pm

        Non riesco a leggere la risposta al mio commento purtroppo! Comunque io credo che sia vero solo in parte che la colpa (se cosi si può definire) sia dei padri, oggi come oggi. O meglio sicuramente ci metteranno anche del loro ma è tutto il contesto che mette disparità fra uomo e donna nella famiglia. Esempio: due giorni di paternità retribuiti al 100%. E da lì il declino di tutto o quasi. Alla fine chi è a casa i primi mesi è quasi all 90% dei casi la mamma. Per ragioni anatomiche inizialmente è la mamma che ci deve essere (nel caso allatti) e ci sta. Tuttavia sia mai che qualcuno proponga dopo lo svezzamento di far stare i bimbi col papà. È proprio una forma mentis radicata che sia la mamma a orchestrare tutto, a prescindere anche dalla volontà del papà stesso.
        Oddio, come dice Valeria i papà di oggi in generale sono molto più presenti di alcuni della generazione passata, ma appunto alcuni luoghi comuni sono duri da estirpare.
        Insomma alla fine dal corso per parto al puerperio e via così nei primi anni di vita chi è normalmente in prima linea è la mamma e questo non è sempre giusto, ma tutti si aspettano così perché è sempre stato così.
        Però dai, leggere che ci siano altre donne che per fortuna la pensano diversamente mi rincuora, sarò sfigata io ma incontro sempre l opposto (le mamme che guai-se- fa- il -papà-o-qualsiasi-altra-persona- che -non -è capace- quanto-me).

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  • Laura

    Settembre 7, 2017 at 4:13 pm

    Mi sono talmente riconosciuta che quasi piango

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    • gynepraio

      Settembre 7, 2017 at 4:53 pm

      No, che poi ti affatichi e ti servono altri 2 occhi.

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  • Gloria

    Settembre 7, 2017 at 6:03 pm

    Non ho figli ma mi viene spontaneo fare un paragone con il mio fidanzato che non contribuisce per un tubazzo al menage casalingo, abituato nella sua famiglia ad avere la colf a casa tutti i giorni che faceva tutto compreso cucinare i pasti. Nel mio caso non è manco vero che sia superiore a mio padre, che dopo una vita a lavorare 12 ore al giorno da quando è in pensione cucina pranzo e cena tutti i santi giorni, lava i piatti e se serve fa pure il bucato a mano…

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    • gynepraio

      Settembre 11, 2017 at 3:46 pm

      Hai avuto un papà invidiabile, il mio era ed è incapace di trovarsi il culo con due mani.

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      • ginevra

        Settembre 12, 2017 at 4:57 pm

        Ahahahahaha quando L ho letto manca poco mi butto in terra!!!!!

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  • Vera

    Settembre 8, 2017 at 12:55 pm

    Carico mentale, presente!
    Io mi accompagno al classico maschio “meramente esecutivo”, che fa tutto di buon grado, laddove la sottoscritta lo interpelli. Per carità, da quello che sento e leggo in giro, mi bacio i gomiti, anche se nel mio caso l’imprinting “execution only” si accompagna ad un preoccupante deficit di memoria che lo rende incapace di trattenere informazioni per più di 15 minuti dalla loro enunciazione. Ne consegue che il Centralone che ho in testa deve tenerne conto e pertanto impartire istruzioni solo a stretto ridosso del compito che gli assegno. C’est la vie.
    Dopo la gravidanza (ora ho una figlia di 10 anni) sono stata accusata di aver sviluppato un’insana ansia di controllo per arginare la quale come ultima spiaggia dialettica mi sento dire “Sì ma alla fine se tu non RICORDI /non FAI” non MUORE nessuno!” Già, è vero: non muore nessuno. Io però sono convinta che essere genitori sia ANCHE questo mannaggia: programmare, ricordare, eseguire. Sarà anche questo il “caring” perdiana! Altrimenti andiamo a vivere in una comunità hippie per famiglie dove corriamo nudi per i campi nutrendoci di bacche e carrube e a posto così.
    Con gli anni mi sono rassegnata a portarmi appresso questo famigerato carico mentale e ho del tutto rinunciato a condividerlo, tanto che se un bel giorno e senza preavviso il mio compagno mi dicesse: “Hey, lo sapevi che martedì prossimo l’infanta deve portare a scuola un pannello di cartongesso 80x50cm? Beh, oggi mi sono fermato alla cartoleria Bustazzoni e l’ho acquistato!” probabilmente mi aspetterei che il cielo si squarci e che mi appaia Gesù Cristo in persona ad ammonirmi “Dunque vedi, TUTTO è possibile a questo mondo”. Non era del resto Marta la petulante evangelica che veniva redarguita da Cristo perché si perdeva in inutili faccende pratiche anziché girarsi i pollici beandosi della presenza del divino come la sorella Maria? Ma adesso sto divagando, e per ora mi devo accontentare di questo: buttare dentro l’informazione sul pannello in cartongesso nel mio indefesso Centralone e casomai, a tempo debito, quando si accende il led, valutare se non sia il caso di inviare un ordine esecutivo a papà Dory.

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    • Marzia

      Settembre 10, 2017 at 10:37 am

      “Papà Dory” mi ha fatto morire!!!
      OK, il carico mentale, ma il senso dell’umorismo non lo avete perso ragazze ed è una gran cosa!

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    • gynepraio

      Settembre 11, 2017 at 3:48 pm

      Vera, compra due pannelli in cartongesso. Uno lo porta a scuola tua figlia, l’altro diventa la bacheca domestica su cui attaccare dei post-it fluorescenti per suo padre.
      Non vedo altra soluzione…

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  • Laura

    Settembre 8, 2017 at 3:04 pm

    Super interessante, grazie

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  • marty.maccione@gmail.com

    Settembre 10, 2017 at 2:35 am

    Aiuto! io pensavo che non esistesse una coa del gnere, e einvece io penso seme, a un casino di cose contemporaneamente, a breve e lungo termine. Anche prché no siamo separati ma io organizzo sempre tutto… Come si supera il problema però? Come si fa a caricarsi di meno?

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    • gynepraio

      Settembre 11, 2017 at 3:50 pm

      Sinceramente non lo so. Penso che ci si possa spartire le sfere: tipo mamma bada a vestiti/igiene e logistca e papà bada a scuola e compiti.
      Ma è un’idea, non ho dei veri e propri riscontri pratici purtroppo.

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  • Martab

    Settembre 10, 2017 at 11:49 am

    Per dire quanto mi sento dentro contutti e due i piedi (e i gomiti..ed il collo) a questo argomento sto leggendo il post dal trono di spade del bagno e da dietro la porta odo una voce “mammaaaa ma dove sei vieni dove sono le bavaglie”…multithinking anche da qui

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    • gynepraio

      Settembre 11, 2017 at 3:51 pm

      Ma anche tu però, che nascondi le bavaglie…

      svgRispondi
  • Chiara

    Settembre 10, 2017 at 3:26 pm

    Penso che la problematica del carico mentale, appartenga auna forma mentis tipica del femminile. La maternità immagino poi metta ulteriore carne al fuoco. In generale però bisogna riconoscere che la donna esplica il controllo sull’ambiente in cui vive attraverso un passaggio mentale, ergo se mentalmente ho il controllo di tutto, anche l’ambiente che mi circonda sarà controllabile. L’uomo è diverso, domina da secoli l’ambiente in cui vive, per cui probabilmente non ha necessità di mentalizzare alcune procedure, le applica, in modo decisamente più pragmatico. (Anche se la velocità con il mondo sta cambiando, impone anche all’uomo un cambio di prospettiva che li sta mettendo in crisi). Il mio antitodo al carico mentale è chiedere. Ho imparato in 34anni di vita, che purtroppo una cosa non detta non esiste, e anche se il lavello è pieno e pensiamo che sia naturale un gesto volontario d’aiuto, chiedere:”Mi puoi dare una mano per favore?”, trasforma l’aspettativa in richiesta e una richiesta verbalizzata implica una risposta. Di qualsiasi tipo. Sicuramente responsabilizza il nostro interlocutore rendendolo partecipe di aspetti dell’ambiente, che vuoi per cultura, esperienze famigliari, magari non considerano.

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    • gynepraio

      Settembre 11, 2017 at 3:55 pm

      Chiedere è la prima e più ragionevole maniera per ottenere. Chiedere ti mette però nella posizione di dover ANCHE verificare che la tua richiesta sia stata evasa e mette il partner nella condizione di “aiutante” cosa che non è concettualmente equivalente a quello che vorremmo: un partner che proattivamente condivide la pianificazione.
      Per me la chiave sta nel coinvolgerlo nella fase di pianificazione, che è quella più strategica e dove non escludo che un uomo intelligente -come il tuo compagno certamente è- possa dare il meglio di sé. Io ancora non sto riuscendo a coinvolgerlo in tutto, anche perché, diciamocelo, è uno slancio democratico che costa tempo ed energia…

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  • Chichi

    Settembre 10, 2017 at 4:03 pm

    Grazie Valeria per questo articolo, come sempre cogli nel segno. Nonostante non sia madre, condivido tutto quello che dici. In primis sono vittima di overthinking e delL’ossessione di dover incastrare tutto perfettamente a qualsiasi costo, pena sentirsi un fallimento. Ho parzialmente risolto mollando un po’ la presa consapevolmente, decidendo che per alcune cose non vale la pena scervellarsi ed esaurirsi più di tanto. Alcune cose meglio lasciarle correre così come vengono. Non sempre si incastrano bene, però ne ha giovato la mia testa e il mio livello di stress. Devo ammettere che questo atteggiamento l’ho rubati un po’ agli uomini. Credo quindi che sia un problema femminile, anche se noto che non tutte le donne ne sono vittima: immagino che anche in questo caso giochi un ruolo fondamentale la propria attitudine e personalità (conosco gente a cui non interessa se nel lavello ci sono piatti sporchi da una settimana). Trovata questa mini soluzione, rimane il problema di riuscire a mantenere una vita e la forza per coltivare i propri interessi, non facile se sei sempre esausta.
    Voi madri siete mitiche, fortissime e mi vergogno anche un po’ ad ammettere di sentirmi così pur non dovendo badare a nessuno, ma tant’è.
    Grazie ancora e forza e coraggio 🙂

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    • gynepraio

      Settembre 11, 2017 at 3:57 pm

      Mollare e rinunciare al perfezionismo sono scelte intelligenti, comunque. Purtroppo non sono strade sempre percorribili se sei responsabile del benessere di qualcuno, i cui bisogni sono imprescindibili e -in una certa fase- più importanti dei tuoi. Lì entra in gioco lo spirito di sacrificio, ma metto le mani avanti e dico che come martire non valgo un cazzo!

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  • Gi

    Settembre 11, 2017 at 7:43 pm

    Ciao Valeria. Ti seguo su instagram con piacere e mi sono letta volentieri questo tuo post (ora sto per andarmi a leggere l’articolo che hai linkato) e tutti i commenti annessi. Come sempre, complimenti per come riesci ad esprimere tutti i concetti senza mai scadere nella banalità. E poi adoro il tuo umorismo! Sarò mamma per la prima volta a febbraio e, nonostante anche io abbia la fortuna di avere un compagno che lava, stira, cucina e passa l’aspirapolvere, trovo che sia sempre un passo indietro a me. Lui prende la vita con più calma, forse ha ragione. Forse il mio lavoro (sono un’anestesista rianimatrice) mi impone scadenze che se non rispettate portano ad eventi catastrofici sulla pelle delle persone che hanno bisogno di cure, quindi diciamo che, un po’ per indole, un po’ per forma mentis, sono portata ad un overthinking, ad una programmazione abbastanza serrata della settimana (esempio: lavoro nel weekend? Quello prima penso a fare la spesa grossa perché abbiamo una sola macchina che serve a me per andare al lavoro). Mi chiedo come sarà quando arriverà il nostro bambino. Ammetto che sono un po’ spaventata. Quello che mi conforta è:
    1. Non sarò la sola ed unica e sopravviverò.
    2. Anche a costo di sembrare una stronza non ho paura a “litigare” col mio compagno se voglio far valere le mie ragioni. A volte vorrei solo lui vedesse un po’ più in là, là dove vedo anche io. So che sarà un padre migliore di quello che (NON) ho avuto io, e in fondo sono felice che nascerà un maschio: lo educherò anche per la mia futura nuora. Un abbraccio. E grazie per questa bella riflessione. Gi

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    • gynepraio

      Settembre 12, 2017 at 12:20 pm

      Anche discutere e farsi valere è un’arte, e io per esempio non la padroneggio…

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  • Clovetta

    Settembre 11, 2017 at 11:53 pm

    Se non fosse per ovvie ragioni me lo farei tatuare

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  • Francesca

    Settembre 13, 2017 at 12:04 pm

    Non ho figli, ma mi sono comunque ritrovata anche nelle virgole di ciò che hai scritto. Quindi grazie, perché come già successo in passato sei riuscita a spiegare molto bene cose che provo anche io, ma che non sono altrettanto brava ad esprimere a parole 🙂

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  • Ofelia

    Novembre 10, 2017 at 1:48 pm

    Ho letto anche io tantissimo sul carico mentale, ed è proprio vero. Devo dire che nella mia esperienza (attualmente madre da tre anni), dopo il primo anno/ anno e mezzo veramente devastante, in cui NULLA, e dico NULLA veniva fatto spontaneamente, oppure dopo 20 richieste (alle quali spesso seguiva una rinuncia con conseguente “faccio da sola”), con il tempo le cose sono migliorate. Noi abbiamo litigato tanto. Io ho sclerato di brutto e sto ancora cercando di rmetterci in piedi da quel periodo. credo che però sia un passaggio molto comune. A me spaventano di più quelle coppie che decidono, ad esempio, di delegare entrambi (tipo ai nonni), per l’incapacità di rivedere i carichi. Oppure mi spaventa molto di più chi non dice nulla, sopportando in silenzio e convicendosi che sia normale così.

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  • giulia

    Febbraio 24, 2020 at 2:23 pm

    Quando hai scritto questo articolo stavo per diventare mamma . Il mio carico mentale è attualmente altissimo : mi sono separata a giugno , ho un bambino di due anni e cinque mesi molto vivace enche non dorme tutta la notte , lavoro full time e rientro alle 18 . Il padre lo tiene una volta a settimana e al momento un weekend al mese ). Dire che sono stanca fisicamente e mentalmente è dire poco . Dire che non ho più tempo per me, che non vedo un film o una serie da mesi è dire poco . Non solo il carico mentale è tutto mio ( lui è disponibile ma zero iniziativa ormai per tutto ) è quasi tutte le sere il bambino sta con me . Appena dorme io dormo perché la notte non so come sarà . E sono sempre stanca . Non faccio attività sportiva , non vado quasi mai dal parrucchiere o simili . Non posso cambiare lavoro . Prendo integratori ma con poco risultato , se dormi male dormi male e se non hai aiuto non ce l’hai . Vorrei soluzioni ma davvero non ne trovò

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    • gynepraio

      Febbraio 24, 2020 at 4:07 pm

      Ciao Giulia, io non so quali accordi di separazione siano stati presi né quali siano le tue disponibilità economiche.
      Ma quello che noto è che l’affidamento è drammaticamente sbilanciato su di te: ci saranno valide ragioni che io non conosco ma se dovessi partire da un punto si tratterebbe sicuramente di quello.
      Oltre a quello, se come me non puoi contare sulla complicità dei nonni, ti suggerirei di coinvolgere una tata diurna o notturna che potrà darti il cambio almeno una sera a settimana e magari anche aiutarti con lo sleep training.
      Sai che passerà e che, in termini di fatica fisica, le cose non possono che migliorare (te lo giuro) ma ti meriti del supporto, fin da subito.

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