
Risposte assertive per domande imbarazzanti Vol.2: soldi e lavoro
Dopo la prima serie dedicata a corpo&figli, passiamo a “domande imbarazzanti Vol.2: soldi e lavoro”. Anche stavolta vale il principio della puntata precedente: se non si ha voglia di rispondere, ci sta rispondere male e assecondare il proprio fastidio epidermico purché si sia disposti ad assumersi nel tempo le conseguenze di una posizione così netta. Non faccio la morale a nessuno, MA sono 5 anni che rispondo a Poste del Cuore: puntualmente mi arriva una che afferma che la suocera la odia e poi nella metà dei casi vengo a sapere di quella famosa volta in cui le è stato chiesto quando arriva un nipotino e lei le ha urlato “vecchia stronza l’utero è mio”.
Io sono sempre dell’idea che l’indiscret*, per divenire tale, abbia prima di tutto subito molti atti d’indiscrezione e che vada pertanto compatit*: da vera idealista, credo che si possa contemporaneamente difendersi E ANCHE mostrare che un altro mondo è possibile, che le informazioni si possono chiedere e non pretendere, che l’intimità si può costruire e non estorcere e altre simili regole basilari del vivere civile.
Siate piemontesi, lo dico nel vostro interesse.
domande imbarazzanti: DENARO
D. Quanto guadagni?
R0. Abbastanza (troppo poco) per consentirmi di vivere bene.
R1. Meno di quanto vorrei, ma ci sto lavorando.
D. Quanto hai pagato la ristrutturazione?
R0. Una cifra importante, per i miei (nostri) standard.
D. Quanto spendi d’affitto?
R0. Una cifra in linea con i prezzi della zona in cui vivo.
D. Come gestisci le finanze con tuo marito?
R0. Abbiamo trovato una via agevole e soddisfacente per entrambi.
D. Perché non compri una casa?
R0. Non è un investimento che sto valutando in questo momento.

Esempio emblematico: quella cretina di Carrie, che compra e in tempo zero deve vendere, meglio aspettare a quel punto no?
domande imbarazzanti: LAVORO
D. Perché non ti cerchi un lavoro tranquillo?
R0. Al momento il mio lavoro mi va bene così com’è.
D. Perché fai un mestiere da uomo?
R0. Perché mi piace e sono portata.
D. Stai lavorando? (domanda rivolta in un momento storico evidentemente difficile e di magra)
R0. Sì, considerato il periodo (bicchiere mezzo pieno).
R1. Non quanto vorrei (bicchiere mezzo vuoto).
D. Perché dai così tanta importanza al lavoro?
R0. Perché mi piace e mi gratifica.
R1. Perché mi rende felice.
D. Quali sono i tuoi programmi lavorativi futuri?
R0. Al momento non ho le idee abbastanza chiare da espormi.
D. Perché non riesci a cambiare lavoro?
R0. Al momento non trovo nessuna proposta che corrisponda ai miei desideri.
D. Non lavori? Cosa fai tutto il giorno?
R0. Mi occupo di far funzionare al meglio la mia casa e la mia famiglia.
D. Di cosa ti occupi? e D. Bello il tuo lavoro, ma cos’è?
Opinione non richiesta: se vi sembra invadente domandare che lavoro faccia l’interlocutore, o chiedere numi su una professione che non si conosce, può essere che abbiate una soglia di sensibilità un po’ bassina? Tutt* liber* di sentirci violati nella privacy ma mi auguro che:
a- non vogliate perseguire una carriera nelle PR, a occhio direi che vi manca l’attitude
b- non cerchiate l’amore su Tinder perché lo small talk con gli sconosciuti non è il vostro forte, diciamo
In ogni caso, se sapete di svolgere un lavoro poco chiaro o non diffuso (faccio l’ergonomo, l’allibratore, il renderista), caratterizzato da acronimi (mi occupo di UX e UI) o anglicismi (faccio il visualizer, il broker) forse vi conviene avere pronta una perifrasi esplicativa che sedi sul nascere eventuali altri dubbi.
D. Puoi fare questo per me, visto che è il tuo lavoro?
R0. (occhio alla terminologia, questa è una richiesta e non una domanda, ma immaginiamo che ci venga rivolta a voce) Quello che mi stai chiedendo esige approfondimenti e secondo me non è questa la sede per affrontare il tema, sarei troppo superficiale! Se mi mandi un’email lunedì mi concentro e cerco di inquadrare meglio la questione (di solito questo già basta a placare gli animi, l’email non arriverà)
Se il lunedì arriva effettivamente questa email, si risponde in 5 righe sintetizzando come si può approcciare il problema (=non risolvendolo, ma spiegando il “course of action”) e indicando un prezzo minimo a partire dal quale è possibile risolverlo. Non un gelido preventivo, ma una idea di prezzo, cui segue la domanda “vorrei da te la conferma che ti interessa effettivamente questo servizio, prima di attivarmi e fornirti indicazioni di prezzo più precise”. Di solito questo approccio risolve tutto, ma è troppo politically correct per generare risentimento.
domande imbarazzanti: colloqui
D. Quanti anni ha? È sposata/fidanzata? Ha figli? Quanti figli ha? A quale partito/movimento religioso appartiene?
Qui si apre una questione rovente: un potenziale datore di lavoro non dovrebbe rivolgere queste domande a un candidato (per approfondimenti, vi invito a leggere il Codice delle Pari Opportunità o Dlgs 198/2006). Da privilegiata, in alcuni casi ho risposto a queste domande perché, non avendo mai lavorato in ruoli spiccatamente maschili, non percepivo l’essere donna in età da marito e figli come uno svantaggio in quel processo di selezione.
Penso che, se io fossi autenticamente desiderosa di proteggere la mia privacy (cosa che evidentemente non sono), risponderei senza un filo di minaccia nella voce: “Sa che non dovrebbe rivolgermi questa domanda, vero? Se è davvero interessat* posso risponderle, ma solo se pensa che questo sia utile a completare il mio profilo. Mi dica lei”. La mimica facciale va perfezionata: occorre simulare candore che, c’insegna Stanislavskij, è una delle espressioni più difficili da riprodurre. Se avete bisogno faccio un video, chiedete.
Penso tuttavia che queste domande siano superflue: se un* recruiter vuole sapere quanti anni ha un* candidat*, se simpatizza per Salvini o se è dello Scorpione in 3/4 dei casi basta andare su LinkedIn e/o su Facebook per togliersi il dubbio. Se in sede di colloquio il selezionatore (o la selezionatrice) mi fa delle domande indiscrete nonché vietate per legge quando ho un blog e 5 profili social tutti pubblici il mio primo pensiero è che questa persona è un* analfabeta digitale e che io non voglio lavorarci assieme.
Il mio invito, oltre a cesellare a puntino l’espressione del candore cui sopra, è di curare con amore i vostri profili social: sempre e comunque, ma con ancor maggiore dedizione se siete in cerca di nuove opportunità professionali. Se io fossi un recruiter, sono la prima cosa che guarderei. In alternativa, va benissimo anche chiuderli, che fa subito carisma e sintomatico mistero.
Roberta
Febbraio 2, 2021 at 12:07 pm
Brava Valeria.
Da Hr condivido tutto quello che hai detto in merito ai colloqui.
Janis
Febbraio 3, 2021 at 6:08 pm
Io attendo video per imparare a fare l’espressione del candore. Grazie
Monica
Febbraio 4, 2021 at 11:39 am
Aspettiamo l’edizione per studenti!
Kiara
Febbraio 19, 2021 at 9:44 am
Meraviglioso! Ero recruiter, una vita fa, ma di buttar lì certe domande davvero fino a se stesse non mi è mai balenata manco l’idea. Chissà, forse perché sono donna..? 😉