Settimana della vergogna: la mia risposta a marie kondo
ll post sulla settimana della vergogna nasce perché ci troviamo in pieno cambio degli armadi e, poiché le previsioni meteo presentano tempo incertissimo fino a metà maggio, siamo ampiamente in tempo per fare una lenta e meticolosa review degli armadi prima della stagione calda. Io ho iniziato a fare decluttering degli armadi ben prima che Marie Kondo scrivesse il suo libro ma, appena uscì, l’ho letto per capire il perché di questo successo (anche Giovanna ci ha provato, e vi invito a leggere cosa dice.) Il punto che non mi convince è proprio la pietosa cerimonia del saluto agli oggetti che io, dal basso della mia schematica mentalità italiota e nello specifico piemontese, penso esacerbi il problema anziché risolverlo: se il problema di chi non riesce a lasciare andare i oggetti è proprio l’amore e la passione per gli oggetti stessi, che senso ha trasformare la separazione in un momento ad alto tasso emotivo? Metti anche che si riesca a gettare la maglietta bucata del concerto degli Aerosmith del 1992: ma poi continueremo a ricordarla con quella nostalgia dolceamara con cui ripensiamo agli ex stupidi ma dal pene prodigioso.
Io, infatti, non darei la priorità agli oggetti dal forte significato affettivo ma mi concentrerei sugli oggetti-zavorra che stazionano inutilizzati nell’armadio da anni. Per favorirne l’eliminazione, non puntiamo sulle liturgie! Sfruttiamo il sentimento che ha animato la cultura greco-romana, il metodo di apprendimento amato da nonni, la sensazione promossa dalle suore dell’asilo: LA VERGOGNA. Una volta provata questa bruciante onta, non vedremo l’ora di liberarci degli oggetti, altro che dargli un lacrimoso bacio d’addio.
Settimana della vergogna: a chi e a cosa serve
A coloro che hanno un armadio ingombro di capi e accessori acquistati nel corso degli anni, mentre nel frattempo cambiavano peso, altezza, gusti, stile di vita, continente e stato civile. A coloro che sanno di utilizzare regolarmente sempre gli stessi capi ma hanno comunque un armadio enorme e detestano fare i cambi stagionali perché sono lunghi come guerre puniche. Serve ad avere una maggiore vision di ciò che si possiede, a rivalutare ciò che si ha, a pianificare gli acquisti futuri e a risparmiare spazio. Io vi invito a compiere un atto di fede, ma la piacevole sensazione legata alla vuotezza, alla disponibilità di spazio vitale, alla leggerezza, alla facilità di reperimento di ciò che vi occorre è impagabile e si percepisce immediatamente: lo chiameremo gaudium vacui.
Parlo con cognizione di causa: sono cresciuta in una casa molto piena d’amore ma anche di robaccia, e la seconda non mi manca per niente.
Settimana della vergogna: cosa occorre
- uno specchio
- un letto
- sacchi neri
SETTIMANA DELLA VERGOGNA: STEP 1 ALTRIMENTI NOTO COME L’EPURAZIONE
Consiste nell’eliminare dall’armadio, anta dopo anta, i capi che non sono più indossabili: quelli con i pallini, scuciti, sdruciti, scoloriti, rovinati, sformati, slabbrati, sfrangiati. La vergogna in questo caso ve la risparmio con un annuncio: queste imperfezioni si vedono a occhio nudo, si vedono pure da Marte! Se fate un lavoro a contatto col pubblico, parlano di sciatteria. Se lavorate in remoto e state in casa con i vestiti bucati, forse nessuno vi vede ma ciò non toglie che vi meritiate di stare vestiti bene ugualmente. Non dico l’eleganza, non dico di girare avvolti in cachemire e seta cruda, ma non le braghe con le prese d’aria sul culo, ecco.
A supporto di questo possiamo dire che i capi usurati sono già stati ampiamente goduti quindi non dovreste provare quel dolore di quando dai via un cappotto di Hermes in cui non entri più. Che farne?
- sacchi per ONG e associazioni benefiche
- sacchi per i programmi di riciclo abiti
- stracci con cui pulire le ringhiere del balcone, le persiane in legno annerite dallo smog, i vetri, i pavimenti o asciugare la macchina: una volta sporchi, li ficcate in un bel cassonetto e addio
Io vi prometto che se effettuate il processo di epurazione con onestà intellettuale, almeno un terzo del lavoro è fatto.
SETTIMANA DELLA VERGOGNA: STEP 2 ALTRIMENTI NOTO COME LA SELEZIONE
Consiste nel disporre sul letto tutti i restanti capi e selezionare quelli in buone condizioni che mettete di rado (es. meno di 1 volta l’anno). Questi capi andranno divisi in 2 categorie.
- categoria 1: i capi che non usate e sapete perché. Perché il periodo skater à la Avril Lavigne è finito visto che siete iscritti all’albo degli avvocati, perché siete riuscite nel desiderato intento di perdere 3 taglie e in quei vestiti ci navigate dentro, perché da quando vi hanno operate di alluce valgo i tacchi a spillo sono off-limits, perché da quando avete venduto l’auto e vi spostate solo in bici non potete indossare le gonne strette e via dicendo. Oppure, più semplicemente, perché riconoscete onestamente che non vi piacciono, non vi rappresentano, non vi stanno e avete le palle piene di vederli. Non c’è niente di cui vergognarsi: hanno fatto parte del vostro passato, magari non sono stati l’acquisto più intelligente della vostra vita, ma il passato è passato ed è ora di guardare oltre. Si mettono nei sacchi neri e si portano a una ONG o associazione benefica di vostra elezione
- categoria 2: i capi che non usate ma occorre capire perché. Nel 99% dei casi, il motivo è: “perché non mi fa sentire bene”. Può essere il colore che vi sbatte, il taglio che fa difetto, la scomodità (tipico delle scarpe), il tessuto sintetico che fa sudare, le maniche a 3/4 che vi fanno crepare di freddo, quelle troppo lunghe che vi fanno sembrare il nano Cucciolo, la gonna troppo corta che vi mette a disagio: motivi che, presi uno ad uno, sembrano insufficienti a motivare il cestinamento. Avete bisogno di essere convinti? Passate allo step 3.
SETTIMANA DELLA VERGOGNA: STEP 3 ALTRIMENTI NOTO COME L’esposizione
La domenica sera, preparate 5 outfit per la settimana a venire utilizzando i capi della categoria 2. Poi metteteveli e registrate quanto segue, possibilmente per iscritto:
- le vostre emozioni. I vostri piedi sanguinavano? Vi è stato amputato un braccio per il freddo? In tram non riuscivate ad appendervi alla barra perché le maniche erano strette? Vi siete dovute portare una borsa extra perché nella vostra non ci stavano gli occhiali? Vi siete guardate in una vetrina e avete pensato “toh, guarda, il nano Bagonghi?”
- i commenti. Vostro marito vi ha chiesto se è il caso? Vostro figlio non vi ha riconosciuti all’uscita da scuola, o ha finto di non conoscervi? Le colleghe stronze ridevano di voi alla macchinetta del caffè? Un suonatore di flauto andino alla fermata della metro vi ha invitato a unirvi a lui?
Il problema chiaramente non sono i commenti altrui che però possono fungere da potente rafforzativo. Il nocciolo della questione è che se vi siete sentite a disagio, non disinvolte, autolimitate, significa che quei capi vi rendono infelici. Non si limitano a occupare spazio e ingombrarvi la casa, ma vi fanno stare male. Quindi, si mettono nei sacchi neri e si portano a una ONG o associazione benefica di vostra elezione.
Settimana della vergogna: STEP 4 ALTRIMENTI NOTO COME LA RIVALUTAZIONE
Quindi, ciò che rimane nell’armadio dopo i 3 step precedenti (capi che amate e mettete regolarmente, capi che avete salvato dalla settimana della vergogna) sono gli articoli che avete ancora intenzione di utilizzare. Come dicono i marketer francesi, sono il coeur de gamme del vostro stile. La prima cosa da fare è utilizzare intelligentemente lo spazio lasciato libero dai capi vecchi per disporre meglio quelli esistenti: piegarli attentamente, appenderli in modo che si vedano, disporli in ordine cromatico o come il vostro intuito vi suggerisce che sia meglio. Qui un po’ di idee che ho trovato online: proposta 1, proposta 2, proposta 3
Poi, bisogna rivalutarli: a me è successo di aver salvato un cardigan rosa che credevo da cestinare e che invece no, si può utilizzare ancora! Con la scusa, ho studiato un paio di abbinamenti inediti che lo valorizzano molto.
In generale ci sono a costo zero una serie di strumenti per far rivivere dei capi vecchi:
- Instagram: ad esempio, ho visto questa foto di Sara e mi sono ricordata di avere una cintura intrecciata così che quest’estate utilizzerò di sicuro.
- Pinterest: ad esempio, ho pinnato diverse net bags per scoprire un sabato mattina, mentre compravo le lenticchie, che al negozio Leggero di Via Napione le vendono a 2 euro. Idem, volevo la prestigiosa versione net straw bag e ho scoperto che mia madre ne aveva comprata una intessuta di conchiglie alle Seichells almeno 10 anni fa. Recuperata la borsa, rimosse le conchiglie e tolto lo sfizio.
- Cinema e TV: ho visto questo look di Saoirse Ronan in Ladybird e ho accorciato dei jeans che stavo gettando via
- Blog in generale: ad esempio, dopo aver letto questo post, mi sono resa conto di possedere almeno 5 camicie in colori estivi che si prestano allo scopo, senza bisogno di comprarne apposta. Camicie che da giugno a settembre avrei messo in pensione (d’estate? le camicie a maniche lunghe? ma sei scemapazza?) mentre adesso penso di portarmele anche in spiaggia. Oppure ci possono essere spunti generici: un articolo in cui si enunciava che il rosso sarebbe stato il colore dell’anno mi ha spinta a fare un censimento di ciò che possiedo in rosso e a costruirci attorno degli outfit.
Mi aveva fatto riflettere anche questo post di Manrepeller in cui l’autrice riproduceva 6 assurdissimi look streetstyle usando i capi che aveva già! Ecco, forse così è una esagerazione -anche perché mi vesto come una foca monaca per 360 giorni l’anno- ma, a meno che non abbiate comprato in condizioni di ebrezza negli ultimi 10 anni tantissime delle cose che servono per costruire un look trendy probabilmente l’avete già in casa.
Settimana della vergogna: STEP ALTRIMENTI NOTO COME LA MANUTENZIONE
Questa operazione va compiuta almeno due volte l’anno, meglio ancora quattro: in questo modo vedrete progressivamente il vostro armadio assottigliarsi e vi renderete conto di come di fatto la vostra vita possedendo meno indumenti non cambia. Perché veramente non cambia, sicuramente non in peggio. Lo step successivo è quello di costruire meglio il proprio armadio, ma su questo argomento mi ero già espressa qui e qui.