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By gynepraio26 Aprile 2018In BabyPersonale

I bambini e l’influencer marketing

Sono reduce da una discussione su uno dei gruppi FB ai quali sono iscritta, dove mi sono -inavvertitamente- permessa di dire la mia opinione sull’utilizzo che molte colleghe fanno della prole sui social network. Ho affermato che trovo discutibili quei mommy blog che ricorrono in modo spregiudicato e frequente dell’immagine dei propri figli per scopi di natura commerciale.

come funziona a casa mia

In casa mia la legge in merito è severissima: il piccolo non deve apparire in foto destinate ai miei canali social. Io non sarei così rigida e non trovo niente di male nel condividere una fotografia: lo farei per documentarne la notevole comicità, ma non quotidianamente né a sproposito. Come ebbe modo di dire una saggia amica di famiglia: “Ricordati che i tuoi figli sono la cosa più importante della TUA vita, ma non di quella degli ALTRI”.

Tuttavia, non sono l’unico genitore ed è un punto che per suo padre è imprescindibile. In qualche caso la tentazione è così forte che infrango la regola e lo fotografo di spalle, oppure lo inquadro in una story che so però “scadere” dopo 24 ore. Me ne pento 5 minuti dopo, mi riprometto di non farlo più, poi dopo qualche settimana mi ritorna la voglia e così all’infinito. Oltre che spaventata all’idea che l’immagine di Elia venga utilizzata su un sito di stampo pedopornografico delle isole Tonga, noi non sappiamo se lui desidera o meno essere ripreso perché non è ancora cosciente di ciò che questo può significare sul lungo periodo.

Parlo di lui, quello sì. Il mio blog è nato quando Elia non c’era, ma da quando lui c’è per me è diventato naturale includerlo nel flusso di opinioni e aneddoti che costituisce la spina dorsale di questo progetto. Per la potenza notevole, oserei dire sismica, che l’arrivo di un bambino sa scatenare io penso continuamente a lui e ho partorito riflessioni che mai avrei avuto in sua assenza, mi sono posta problemi che non conoscevo, ho analizzato mercati ai quali mai mi ero affacciata. Elia è per me fonte d’ispirazione, motore di esperienze, catalizzatore di pensieri ma penso che Gynepraio andrebbe avanti comunque anche se non ne parlassi più.

come funziona a casa d’altri

Al contrario del mio, esistono blog espressamente nati con l’obiettivo di narrare l’esperienza della maternità rivolgendosi a un pubblico di madri. Li riconoscete facilmente dalla presenza della parola mamma nel dominio che, siamo tutti d’accordo spero, costituisce di per sé una dichiarazione d’intenti. I migliori di essi, nati come blog, si sono evoluti in un progetto editoriale più complesso, da blogger le autrici sono diventate imprenditrici, lavorano un sacco e penso fatturino altrettanto. Questo per dire che la mia opinione non tocca i loro meriti professionali: si sono date da fare e hanno intercettato un target consistente. Del quale evidentemente io non faccio parte perché non li leggo (e spesso non li reggo neanche). Perché? Vi interessa davvero saperlo? Ve lo dico un’altra volta.

Io trovo discutibile utilizzare i propri figli come contenuto: che può voler dire, ad esempio, corredare un post con immagini del proprio bambino, studiate ad arte affinché siano acchiappalike funzionali allo scopo, oppure utilizzarlo come minimodello. Probabilmente i bambini sotto i 5 anni lo prenderanno come un gioco, o come una cosa noiosa che si deve fare, oppure saranno così inconsci di ciò che sta accadendo da non ricordarselo nemmeno; quando a 32 anni staranno sdraiati sul lettino dell’analista, non racconteranno di quella volta in cui mamma gli ha fatto mettere l’orrida giacchetta glitterata per scattare due foto, ecco.

Ma la verità è che il piccolo testimonial serve a monetizzare e che quel post non sarebbe altrettanto credibile (cioè efficace, cioè money making) se il bambino fosse di spalle, o se la giacchetta glitterata fosse soltanto appesa a una gruccia. Insomma, la verità è che -anche se la mamma blogger lo ripaga infinitamente in baci, coccole, cure, amore e tutte le mille cose che ogni genitore fa per il suo bambino- il piccolo sta lavorando senza saperlo.

Trovo ancora più discutibile usare i propri figli come autori: non sono rari i casi di mamme youtuber che girano video in cui dialogano o interagiscono con i figli, che contribuiscono attivamente a creare il contenuto. Che può essere smaccatamente commerciale, ma che, anche se non lo è, fa comunque parte di un progetto di autopromozione che ha un fine di lucro. Insomma, il piccolo sta di nuovo lavorando senza saperlo.

e i baby modelli?

Molti mi diranno che i baby modelli sono sempre esistiti e che se non ci fossero non riuscirei a fare le mie sessioni di shopping stagionale sul sito di HM Kids. Beh, trovo che in quel caso ci sia una maggiore trasparenza nella gestione del business: il piccolo è scelto perché bello e fotogenico, la casa di moda lo veste, lo paga N euro a scatto, un pomeriggio di lavoro e passa la paura, bonifico a 30 giorni e stop, ci rivediamo alla prossima collezione. Non c’è emotività, non c’è storytelling: c’è uno sfruttamento d’immagine equamente retribuito.

bambini e influencer marketing

Magari anche con un’art direction più intelligente, eh

In certi blog io vedo uno sfruttamento della presenza del bambino, del suo potenziale comunicativo, della sua attitudine. In altre parole, uno sfruttamento della persona.

Chi mi salterà alla gola lo farà dicendo che queste madri sono attente, rispettose dell’integrità dei figli nonché delle stimate professioniste: ma il punto è che quel bambino è importante -se non indispensabile- per consentirle di svolgere al meglio il proprio lavoro. Se non ci fosse il figlio, la mamma non sarebbe una blogger o una influencer: di fatto non avrebbe un lavoro, o ne avrebbe un altro. 

Prima ho detto che un bambino sotto i 5 anni difficilmente si ricorderà di aver preso parte a degli shooting, ma dai 6 anni in poi se ne ricorderà eccome: mi spaventa molto l’idea che un bambino -o ancor di più una bambina- debbano così precocemente introiettare concetti come indossare vestiti per essere carini, mettersi in posa, valorizzare un oggetto e da esso farsi valorizzare. Io sono nata nell’era Craxiana in cui avevamo le calzine traforate che provocavano trombosi, i capelli a scodella, i sandali a occhio di bue Balducci e le salopette: io detestavo farmi fotografare e mettevo la gonna 1 volta l’anno dopo aver protestato per ore. La voglia di essere carina per piacermi, piacere e compiacere mi è venuta dopo. Senza dubitare delle buone intenzioni, fatta salva la cautela che un genitore possa adottare e la volontà di presentare questa esperienza come un gioco, è probabile che un bambino sviluppi delle preoccupazioni che semplicemente non dovrebbero riguardarlo: essere carino, restare in forma, portare a casa il risultato, ottenere i like.

quella volta che mi sono vergognata

Qualche giorno fa ho avuto un brutto pensiero: stavo appunto guardando uno di quei servizi fotografici madre&figlia e ho esclamato “Dio che brutta ‘sta bambina”. Avrei avuto questo pensiero se avessi incontrato quella stessa bambina in coda alla cassa della Coop o ai giardinetti sotto casa? No, probabilmente non l’avrei neppure notata.

Però il fatto di averla vista così, esposta al pubblico ludibrio su una pagina web, mi ha fatto scattare il meccanismo giudicante che adotto quando guardo un qualsiasi altro contenuto fotografico: “mmmmh che porcheria di torta”, “bleah che schifo quella parete spugnata”, “oddio che orrore quelle scarpe”.

L’ha fatto scattare in me che, in quanto essere umano ma soprattutto in virtù della mia condizione di madre, dovrei provare empatia, immedesimazione, comprensione, indulgenza per i piccoli, gli indifesi, gli inconsapevoli. Mi sono vergognata un sacco e ci ho pensato per giorni. Mi chiedo, e quelli che non si vergognano? O peggio ancora, quelli che commentano e trollano? É legittimo esporre un bambino a questo trattamento e rischiare che venga giudicato con lo stesso metro riservato agli adulti? E se quella bambina fosse stata mia figlia?

La risposta che mi sono data è no, non è giusto. Però ho usato la parola discutibile, perché vorrei davvero confrontarmi, possibilmente in maniera laica, con chi la pensa diversamente da me.

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42 Comments

  • Silvia

    Aprile 26, 2018 at 12:38 pm

    Valeria, finalmente una riflessione sensata! Io non sono madre , ma condivido tutto ciò che hai detto. La cosa che più mi lascia interdetta sai qual è? Che negli ultimi 2/3 anni ho visto molte mamme lasciare il “vero” lavoro per lanciarsi nel mondo del mama blogging. Io allora mi chiedo (dal momento che spesso e volentieri si tratta di persone assolutamente incapaci di creare contenuti interessanti) come pensano di trainare il carretto quando i loro figli raggiungeranno la critica età in cui i bambini non sono disposti a fare le marionette dei genitori? Ma soprattutto pensano davvero di vivere per sempre tramite sponsorizzazioni di cremine,merendine e magliettine?
    Vedo bambine di 3 anni messe davanti la videocamera a fare video Haul, come se fosse una cosa normale. Bambini nervosi e assonnati che vengono ripresi
    e derisi mentre fanno i diavoli a quattro, in preda a quella che si può definire la “mala del sonno “.
    Non siamo più davanti a genitori narcisi, che si limitano a condividere frame della propria vita perché desiderosi di mostrare ai seguaci le “prodezze” del bimbo , si tratta di genitori che vogliono semplicemente monetizzare e battere cassa in alcuni casi anche ridicolizzando i figli.
    Per quanto riguarda i baby modelli io non ho alcun pregiudizio, anzi lo vedo come uno strumento per consentire ai genitori,grazie a quell’ entrata extra, di far partecipare il bambino al corso di musica o di danza. Una volta raggiunta l’età scolare e una maturità minima potrebbe aiutare i bambini a comprendere il valore del denaro, ti dico questo perché il figlio di una mia amica dice spesso alla mamma : ” Andiamo al Bancomat e mi compri XYZ”.
    Detto ciò questo fenomeno come ha avuto il suo decollo,avrà il suo tracollo e poi saranno ca**i (per loro, si intende) non per chi è riuscito a mantenere il contatto con la realtà.
    Un abbraccio

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:25 am

      Come dicevo a un’altra mamma che ha commentato su Facebook: i figli sono un pessimo investimento marketing perché a un certo punto non fanno più così tanta tenerezza. Quanto ai bambini scazzatissimi, non mi è capitato spesso di vederli ma ci farò caso, promesso.

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  • Giulia

    Aprile 26, 2018 at 1:43 pm

    Io sono mamma da pochi mesi . Osservo il mondo delle mamme blogger di professione che prima sinceramente snobbavo per disinteresse . A me piacerebbe leggere di blog “veri “ di esperienza di maternità , di consigli, anche di cose da acquistare perché testate personalmente , come fai tu quando parli di Elia . Commercializzare i propri figli in questo modo metterli in piazza non mi piace . Davvero alla fine meglio un servizio pubblicitario da neonati e via (forse più per una ragione narcisistica, ogni mamma vorrebbe che il figlio fosse talmente bello da essere richiesto a gran voce per la pubblicità dei pampers progressi .
    Per il resto vedo tutto molto fasullo .

    Ci sta un blogger molto molto famosa che sarebbe mia concittadina anche se si è trasferita con il compagno . È la più famosa e la più fashion. Vive di quello e le figlie sono già piccole top modem di 7 anni idem il maschietto . Ecco questo non mi piace e non so se creerà loro danni o falsi miti

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:23 am

      Ci sono esempi di blog che raccontano con sincerità l’esperienza della maternità, ma l’altra faccia della medaglia è che sono dei “blog verità” molto monotematici e spesso noiosetti. A te la scelta…

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  • Costanza

    Aprile 26, 2018 at 2:07 pm

    Basti vedere la Ferragni, che è l’idolo delle masse, che mette costantemente foto del figlio, anche foto abbastanza imbarazzanti e per le quali a me bambino scoccerebbe se fossero in pasto a milioni di persone. Sono esseri umani, non bambolotti. A me darebbe fastidio se senza il mio consenso girassero foto ovunque di me

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:20 am

      Ne parlerà con Leone quando avrà 18 anni, che devo dirti…

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  • Sabrina

    Aprile 26, 2018 at 2:07 pm

    Come ogni situazione nella vita esiste la via di mezzo. Il troppo storpia e il troppo apparire porta a pensare alla falsità ma siccome a me darebbe fastidio il giudizio a priori, sempre e comunque, evito i blog troppo patinati. Preferisco la vita di tutti i giorni magari con quella foto sgranata e senza posa che da sensazioni, emozioni. Se riescono a strapparmi un sorriso, parte il like altrimenti vado oltre

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:20 am

      In realtà non sono così bacchettona o assolutista: anche a me piacciono le foto simpatiche dei bambini. Non troppe, non quotidianamente, non senza scopo.

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  • Valentina

    Aprile 26, 2018 at 2:27 pm

    Mi hai fatto ricordare quel giorno in cui i miei genitori mi hanno caricata in macchina per portarmi ai provini per una pubblicità. Io, che ansiosa lo ero pure a 4 anni, ho iniziato a piangere immaginando che mi avrebbero fatto una puntura. Mio papà ci ha messo meno di mezzo secondo a fare inversione e riportarmi a casa.
    Di quella giornata ricordo ancora il senso di inquietudine e mi chiedo quanti di questi bambini si divertano davvero o non ricordino poi esperienze simili, a dispetto di quello che appare poi.

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:19 am

      Io davvero penso che si divertano, almeno fino a una certa età. Poi si scoglionano, diciamolo.

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  • Silvia

    Aprile 26, 2018 at 3:46 pm

    Io (come sai) non ho bambini ma non ho mai sofferto i mommy blog e quando avevo un blog ne ho parlato ampiamente. Ai nostri tempi le madri facevano l’album con le foto e i ciuffetti di capelli e i dentini, le madri d’oggi lo mettono sul web. Fine by me, posso girarmi dall’altra parte, ma i loro figli non potranno farlo e presto diventeranno lo zimbello della scuola, le loro prime fidanzate abili con Facebook sapranno tutto dei loro attacchi di sciolta e di quando facevano la pipí in mare togiendosi il costume sul bagnasciuga.

    Ma poi, soprattutto, quando cresceranno rifiutandosi di vestirsi come Tom Sawyer, che faranno le madri per sopravvivere? Li seguiranno con la telecamera mentre vanno in camporella per fare notizia e scriveranno un post sull’importanza della contraccezione a corredo?
    Io davvero rimpiango i tempi in cui le donne facevano le madri e basta oppure le madri lavoratrici e non c’era questa patetica categoria di mezzo che si improvvisa marketing/digital expert usando i figli come caso studio senza uno straccio di formazione concreta ed esperienza lavorativa, solo perché s’annoiano una volta che il figlio va all’asilo.

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:18 am

      Ecco, forse io sono meno risoluta di te ma trovo che inventarsi un lavoro che preveda l’esposizione dei propri figli perché non hai un altra carriera o non riesci a utilizzare diversamente la tua professionalità sia poco nobile e riguardoso nei confronti dei tuoi figli.

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  • Nadja- Abaya&Heels

    Aprile 26, 2018 at 5:21 pm

    Mi trovo d’accordo su tutta la linea. Sono mamma di due, anche io li fotografo tanto ma le foto sono per noi! Nel blog (o insta o fb) non li metto. Capita di spalle a volte, ma raramente. Mi infastidisco quando vedo bambini (di tutte le età) usati per like. Molte magari lo fanno in buona fede, sono felici della gara appena fatta, del viaggio concluso etc. Come hanno detto poco sopra prima si facevano gli album di carta e ora quelli digitali da condividere con il mondo. Mi spiace per quei bimbi senza scelta.

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:16 am

      Io davvero non credo che i bambini si risentiranno per le foto condivise, o forse solo una minoranza si arrabbierà per motivi di privacy, una volta diventata adulta. Penso però che rendersi conto di essere stato uno strumento di visibilità e monetizzazione potrebbe farli incazzare molto.

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  • Ena

    Aprile 26, 2018 at 6:13 pm

    Io mi limito a dire che, nel mio lavoro di educatrice, sento sempre più dire a bambini -piccoli- “Basta foto” e vedo sempre di più genitori con i cellulari in mano continuamente.

    Onestamente?È tristissimo.
    Trovo che, da un punto di vista psicologico, i social facciano leva sui sentimenti negativi (dalla noia, all’insicurezza passando per il bisogno di continuo confronto) e che, con i bambini, andrebbero limitati incredibilmente.
    Ho un’esperienza con le famiglie limitata (lavoro da relativamente poco), ma per quanto non possa fare una statistica le famiglie più funzionali che ho visto in questi anni sono quelle dove il telefono si usa poco e i social anche meno.

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:14 am

      Hai ragione, ma purtroppo non costituisco un esempio positivo in questo senso e me ne dispiaccio.

      svgRispondi
  • Maurizia

    Aprile 26, 2018 at 11:11 pm

    Io la penso come te, anzi… Più probabilmente come il tuo compagno! Seguo pochissimi canali mummy (perlopiù stranieri) e, a parer mio, molto misurati. Come madre non mi piace pubblicare o addirittura parlare della mia prole sui social, mi sembra di violare una sfera che deve restare privata. La mia domanda è: è peggio un genitore blogger, influencer o quello che è che monetizza o i genitori stalker che infliggono i loro figli su tutti i canali social dell’ internet perché innamorati della loro creatura bellissima, bravissima, intelligentissima? Mi piacciono poco entrambi ma i secondi mi sembrano decisamente più dannosi per i bambini in questione e noiosiper l’utente. Spesso dopo aver messo l’ennesimo like mi scopro a pensare ma quanto è brutto o con la faccia da gnugnu sto bambino? Lo so, sono una brutta persona!

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:14 am

      Non sei una brutta persona, semplicemente -come me- riconosci che cos’è un bambino bello da un bambino brutto, o semplicemente normale. Nelle persone che intasano l’internet con foto della prole io vedo più che altro una certa pochezza di argomenti, ma capisco che, nei primi mesi di vita del bambino, ci si trova spesso annoiate, chiuse in casa e prive di stimoli. E’ una trappola nella quale molte donne cadono, anche involontariamente. Ma poi si salvano, di solito.

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  • Giupy

    Aprile 27, 2018 at 9:24 am

    Sono con te su tutta la linea! Voglio dire, se proprio vuoi foto acchiappalike, fotografati il sedere TUO, ma non coinvolgere bambini…

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:10 am

      Più che altro, come dicevo in risposta a un altro commento, evitiamo le didascalie poetiche che preludono a una sponsorizzazione retribuita.

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  • Pompeo

    Aprile 27, 2018 at 11:58 am

    Ciao, condivido tutto quanto dici. Inoltre anch’io ho avuto la mia esperienza con gli influencer (adulti) che però non è andata a buon fine. Spiego tutto quì: http://www.pompeopipoli.it/social/chi-sono-gli-influecer/

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  • Gi

    Aprile 28, 2018 at 12:16 pm

    Noi siamo diventati da pochissimo genitori. Abbiamo entrambi instagram con profilo privato. Su instagram pubblichiamo foto del nostro bambino, ma entrambi lo consideriamo una sorta di diario, che un giorno, se lui vorrà potrà vedere. Nessuno dei due ha facebook. E a casa stiamo facendo un bell’album di fotografie/diario nel quale gli scriviamo anche i nostri pensieri.
    Mi dispiace non contraddirti ma la penso esattamente come te. Infatti ho eliminato dai “seguiti” tutti quei profili che utilizzano i figli in tale senso. Mi sale un nervoso quando leggo il post strappalacr o meglio strappalike sulla maternità con tanta bella pubblicità. C’e’ in particolare un profilo che non sopporto dove lei si spaccia per una scrittrice e scrive qual è con l’apostrofo e “un amico” pure. Quello che soffro di più è la mancanza di serietà/ di essere diciamo verificati nell’ambito delle competenze. Io per fare il mio lavoro ho acquisito delle competenze e vengo pagata proprio perché tali competenze vengono messe in pratica correttamente. Ma qui si apre un discorso lunghissimo.
    Volevo solo aggiungere però che quando raramente ci fai vedere Elia io ne sono felice. Mi piacciono i bambini e il tuo è meraviglioso!

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:03 am

      Abbiamo capito di quale mamma viaggiatrice parli! Anche io non amo le didascalie troppo poetiche che preludono a un #ad, mi sembra più intellettualmente onesta una caption breve.

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  • Monica

    Aprile 28, 2018 at 1:18 pm

    Io sono una mamma “vecchia” nel senso che mio figlio ha 19 anni, e se, incautamente pubblico una sua foto vengo (giustamente) severamente redarguita.
    Non ho mai pubblicato foto sue, nemmeno quando era più piccolo, per rispetto, perchè anche i bimbi vanno rispettati.
    Secondo me, comunque, la sovraesposizione della prole può rivelarsi un boomerang, da quando Clio non fa che pubblicare stories sulla sua Grace ho praticamente smesso di seguirla

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 9:01 am

      Anche secondo me, alcuni profili femminili si sono snaturati da quando parlano eccessivamente di figli e della maternità. Mi sento solo di dire che in una fase iniziale della maternità -che tu conoscerai bene anche se sono passati anni!- ci si trova spesso bloccate in casa e a corto di argomenti. Forse è giocoforza, anche per le donne più brillanti, parlare molto dei propri figli e, se sono delle personalità del web, esporli tanto.
      Mi auguro che Clio ricominci a breve a fare il suo lavoro e mandi all’asilo la figliola (e la tolga dal tappeto dei gatti, ma questa è un’altra storia…)

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  • Sveva

    Aprile 28, 2018 at 5:38 pm

    Ciao Valeria,
    Sono perfettamente d’accordo con te. Io ho tre figli e non pubblico mai nulla sui miei social (Facebook e Instagram). Non mi piace chi usa i propri figli per like e guadagni (perché alla fine di questo si tratta) vedi Sweetasacandy che usa spessissimo l’immagine dei propri figli. Infatti ho smesso di seguirla del tutto.

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 8:58 am

      Ciao Sveva, io vedo il tuo commento, spero che ora lo veda anche tu! Non seguo il magazine della persona che tu hai citato perché non lo trovo interessante, mentre su IG la seguo e devo dire che non la trovo peggio di altre (che non menzionerò perché non è la sede e che immagino tu conosca)

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  • Barbara

    Aprile 29, 2018 at 12:32 pm

    Ciao Valeria, premetto che non ho figli e non seguo i blog di cui parla il tuo post. E non sono ancora riuscita a farmi un’opinione incrollabile riguardo alla pubblicazione di foto di bambini sul web, ovviamente in termini moderati. Indipendentemente dall’uso che certe mamme fanno delle foto dei figli, riguardo al quale sono pienamente d’accordo con te, purtroppo credo che viviamo in una società in cui anche i bambini si atteggiano e vogliono piacere come gli adulti, probabilmente tempestati da modelli, fotografie e pubblicità di questo tipo. Credo non ci scappi quasi nessuno, quindi il problema a mio parere è sicuramente più esteso. Bello comunque questo tuo aprirti ai confronti, so che il mondo è pieno di iene

    svgRispondi
    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 8:56 am

      Io credo che l’istinto e il desiderio di piacere siano normali e che esponiamo i nostri figli a molti stimoli in tal senso (senza che si tratti per forza di social network).
      Io stessa credo di costituire un pessimo esempio, considerando la quantità di ore che trascorro a pettinarmi e truccarmi. Ci penserò su, forse c’è qualcosa che potrei fare in tal senso…

      svgRispondi
  • Valentina

    Aprile 29, 2018 at 1:29 pm

    La cosa più preoccupante a mio parere é questa finta realtà dove la maternità é tutta rosa e fiori e dove nulla é imperfetto. E allora le neomamme possono solo che sviluppare un senso di inadeguatezza inutile e irreale: la maternità deve essere imperfetta, deve provocarci e metterci alla prova! E invece, pare tutto un mondo rosa…con tutte le conseguenze del caso. Possibile che mi debba sentire l’aliena di turno se mi lamento di mio figlio?

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 8:54 am

      Mi lamento anche io parecchio. In realtà tutte le mie amiche con figli si lamentano. Lamentiamoci pure.

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  • marta

    Aprile 30, 2018 at 12:04 pm

    Ciao Valeria,
    purtroppo (perché so che vorresti leggere un’opinione contrapposta alla tua) mi trovo d’accordo con te. ho un bambino di un anno e mezzo e anche da me vige la regola del non postare la sua immagine se non poco e di spalle. sono caduta una paio di volte su IG stories con una sua foto perché a volte la madre orgogliona ha il sopravvento.
    ho un blog, una cosa piccola per passare il tempo senza particolari velleità, creato apposta in un momento di noia durante la maternità obbligatoria, dove ho scritto qualcosa, ma con l’intento di contribuire con la mia esperienza e fare una sorta di “rete” per chi ha voglia di leggere.
    noto che nella sovraesposizione dei figli ci sono due posizioni, chi lo fa per orgoglio (se vuoi anche noia in certe bolle che noi madri conosciamo bene) , e in questi casi lo capisci che non c’è nessun doppio fine se non un “guardate mio figlio che bello e simpatico”, e chi lo fa per lavoro o acchiappare like.
    Il primo caso non lo trovo del tutto innocuo. Capisco in parte, ma ci vorrebbe più morigeratezza perché oggi è tutto un divulgare foto, ma domani? cosa faremo perché il mondo riconosca che nostro figlio è bello e simpatico, se non il più bello e simpatico? (divagando ti dirò che trovo orrende e diseducative le trasmissioni stile talent con i minori protagonisti.
    Nel secondo caso è già stato detto tutto, lavorano senza saperlo.
    In entrambi i casi mi chiedo se facendo così li carichiamo di aspettative e ansie troppo grandi e ingiustificate per la loro età.
    ci sono anche influencer con figli che lavorano anche con prodotti per bambini, ma senza esporli e mostrando i prodotti senza esibire il piccolo. sono poche e forse saranno anche meno produttive di quelle che organizzano il baby photo book, ma sinceramente le preferisco.

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    • gynepraio

      Aprile 30, 2018 at 1:02 pm

      Anche io ho fatto delle collaborazioni per dei brand dedicati all’infanzia (es. Mellin, la più recente) ma, cercando di astrarmi il più possibile, devo dire che ciò che ho prodotto non era efficace ANCHE perché non ho fotografato mio figlio nell’atto di mangiare. Va bene così, accetto la cosa e pazienza, se dovrò collaborare sarà per brand dedicati agli adulti.

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  • Silvia

    Aprile 30, 2018 at 1:37 pm

    Premesso che è la prima volta che ti leggo (sono arrivata qui da Twitter) e premesso che sono d’accordo con te su tutto (non credo ci sia molto altro da dire, hai analizzato la cosa in maniera giusta secondo me) volevo soffermarmi sull’ultima riflessione riguardante il pensiero “giudicone” che parte a tutti quando guardiamo una foto su un social. Io di solito sono una persona che cerca di evitare il giudizio perché so che ci sono svariati motivi per cui una persona può vestirsi così, essere colà o altre mille cose ma mi sono accorta che invece questo pensiero si accantona per la maggior parte delle volte che invece guardo o leggo qualcosa su di un social. Motivo per cui credo che il tuo ragionamento sull’utilizzare un bambino per scopro di lucro (e/o farlo lavorare senza che lui lo sappia) mi fa accentuare questo pensiero giudicone pensando che queste mamme, forse all’inizio o forse tutt’ora, non si rendono veramente conto delle conseguenze (positive o negative) e di quello che travolgerà i loro figli quando arriveranno all’adolescenza e saranno/si comporteranno in relazione a quello che son sempre stati abituati a fare. In soldoni: questo migliorerà o peggiorerà il loro rapporto con il mondo? Cresceranno in modo “naturale” (e lo metto tra virgolette perché non “naturale” nel termine quanto nel come sarebbero cresciuti nel loro ambiente tipo) oppure si sentiranno sempre sotto osservazione? Affronteranno questa cosa in che modo, positivo o negativo? Come ne uscirà la loro personalità?
    Non so, è un grandissimo punto interrogativo che però, personalmente, spaventa un bel po’.

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    • gynepraio

      Maggio 2, 2018 at 12:10 pm

      Anche io non giudico i passanti, ma se un adulto senziente e consapevole mette una pessima foto online io penso “Che pessima foto”. Non commento, non glielo rendo noto, non lo insulto, ma lo penso.
      Se la pessima foto online ritrae un bambino -che non ha scelto di essere lì, perché è una scelta del genitore- farà la stessa fine. Quindi, oltre a essere sotto osservazione, è più esposto al rischio di giudizi pietosi di estranei. Anche questo a me spaventa.

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  • virginiamanda

    Maggio 15, 2018 at 3:07 am

    Ciao Valeria, ho pensato molto a questo post, e quindi preparati perché la risposta sarà lunghetta.
    Io sono dell’opinione del tuo compagno: il bimbo è vostro, è piccolo, e i suoi e vostri mille momenti di gioia devono essere privati, al massimo condivisi con la stretta cerchia di cari e familiari e basta.
    Ora, onestamente, ma chi se ne frega se una persona che non ho mai visto, che mai vedrò, che neanche conosco e che abita a Kyoto mette il like sulla foto di mio figlio? Ho bisogno della sua approvazione? No, non ne ho. Non apporta niente alla mia famiglia né a me.
    Detto questo, secondo me il mama blogging e il blogging in generale va analizzato non partendo dai prodotti (i post) ma dagli autori.
    Chi sono questi autori?
    Purtroppo da quando la connessione è diventata accessibile a chiunque, ha dato la possibilità a chiunque di scrivere.
    Chiunque vuol dire: intelligenti, acculturati, analfabeti, ignoranti, persone ricche di interessi, persone povere di gusto, persone razionali, persone emotive, persone realizzate, persone scontente, persone che lavorano, disoccupati etc etc…
    Tutte queste persone scrivono, e si sentono in diritto di farlo.
    Una volta diventate genitori, passeranno a seconda del loro grado di cultura, buonsenso, razionalità, conoscenza del mondo, ma anche bisogno (di approvazione, di rassicurazione ma anche di soldi) a scriverne.
    Quello che producono come post è frutto di questo.
    Per questo vediamo tanti approcci diversi alla genitorialità e alla condivisione della maternità sui social.
    Il fatto è che li usano tutti. TUTTI.
    Detto questo, cosa piace a me?
    In generale, preferisco profili che mi raccontano qualcosa che non so, che non cercano di vendermi qualcosa (quindi buona parte delle influencer che prima erano blogger ho smesso di seguirle), che scrivono con proprietà in italiano (quindi lascio passare un refuso, ma turpiloquio o sintassi inconcludente no) e in cui non sia tutto finto (sono bellissima, sono bravissima, sono magrissima, diventa anche tu come me).
    Capisci che forse sono troppo severa per seguire donne che pubblicano foto dei figli per monetizzare. Le trovo patetiche. E nella mia testa, pur cercando di comprendere le motivazioni di pochezza (mentale, di argomenti, di mezzi, di soldi) che possono spingere a lucrare sui propri figli, parte il sempreverde consiglio “Va’ a lavorare”.

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    • gynepraio

      Maggio 15, 2018 at 5:07 pm

      A breve scriverò un post sulle cose che mi piace leggere online e, in molti casi, somigliano alla lista che hai fatto tu. Su una sola cosa dissento: anche monetizzare sui figli è un lavoro e non trovo che sia una passeggiata nei boschi. Non ti linko nessun profilo per non fare polemiche sterili che ultimamente mi hanno già messa in croce, ma ci sono mamme che prendono DAVVERO sul serio questo mestiere.
      Quindi insomma, io credo che sia un lavoro a tutti gli effetti perché a suo modo richiede metodo e fatica. Lo trovo solo molto irrispettoso, tutto qui.

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  • Agnese Foresti

    Luglio 18, 2018 at 10:11 pm

    Ottime riflessioni. Concordo pienamente.

    E sono praticamente morta con la descrizione di quello che era fashion nell’era Craxiana…

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  • Paola

    Gennaio 26, 2019 at 10:48 pm

    Sono una blogger da qualche anno e mamma da pochi mesi. Questa maternità ha messo in crisi il mio progetto di blogging proprio per i motivi che evidenzi tu.
    Ogni volta che vorrei raccontare quella volta che ho preso il tram con il passeggino e mi sono sentita un’intrepida esploratrice, o quell’altra volta che siamo andati al ristorante e ho scoperto che potevo farlo anche con il piccolo mi blocco e penso a lui a quindici anni bullizzato dai coetanei. È giusto?
    Probabilmente abbiamo la stessa età perché ricordo gli stessi calzini e tagli di capelli, quindi anche tu avrai delle foto ingiallite e imbarazzanti custodire gelosamente in un album a casa dei genitori. I nostri figli avranno le loro foto sui telefonini di tutti i parenti e se da un lato è un bene perché avvicina persone fisicamente distanti dall’altro non potranno nascondere quell’outfit così carino che negli anni sarà diventato disgustoso.
    Ora io scrivo di viaggi e il piccolo dovrò portarmelo dietro per almeno i prossimi quindici anni quindi sono giunta alla conclusione che ne parlerò il meno possibile e solo nei post in cui non ne posso fare a meno (es. come viaggiare se sei una madre single). Foto poche e con lui non riconoscibile. Le uniche foto “pubbliche” sono quelle “ufficiali” di famiglia. Nelle Stories per ora si sente, ma non si vede.
    Nel blog vorrei curare i contenuti pensando che chi mi legge non deve per forza amare i bambini. Io per prima odio i mummy blog, sono di una noia mortale. Finché il demone di Peppa Pig non si impossesserà di me il piccolo visiterà città e musei con me invece dei family hotel.
    Curiosità: avevo provato a parlare di privacy dei bambini e argomenti correlati nei miei gruppi di blogger e si è scatenato l’inferno, con chi pratica il baby marketing non si può discutere!

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    • gynepraio

      Gennaio 31, 2019 at 10:14 am

      Non si può parlare mai e poi mai di questo argomento: io l’ho fatto in maniera assolutamente soft ed educata in un gruppo ed è subito insorta una stronza a darmi contro. Il punto è che nessuno vuole ammettere la verità: anche se lo fai in modo candido (cioè animato da un autentico piacere di condividere e raccontare) i figli servono a vendere, sono altamente mercatabili e conquistano fette di pubblico alle quali non avresti accesso. Me ne accorgo io stessa: una foto vagamente tenera e infantile (piede del mio bambino) prende molti più like di di una foto curata e suggestiva (paesaggio, outfit).
      Però loro non riconoscono in modo trasparente questo dato di fatto, ma insistono con argomenti tipo “io sono una brava mamma” e “non gli faccio fare niente contro la sua volontà” e “per lui è un gioco” etc etc.
      E’ come parlare con un muro, ti giuro.

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