
Libri per l’estate: Le parole sono finestre (oppure muri)
Quasi ogni estate recensisco e suggerisco qualche saggio da mettere in valigia: Le vostre zone erronee nel 2014, la dittatura delle abitudini nel 2015, varie opere nell’estate 2018. e nell’estate 2019- Ho saltato il 2016, vostro onore, ma a mia discolpa devo dire che stavo partorendo.
Quest’anno tocca a una pietra miliare della psicologia ma anche della comunicazione intitolata “Le parole sono finestre (oppure muri)” scritte da Marshall B Rosenberg, uno psicologo statunitense scomparso nel 2015.

Un muro parole e di Lego
La biografia e la formazione di quest’uomo raccontano e giustificano molte delle sue inclinazioni professionali: è un ebreo cresciuto in un’area popolare di Detroit caratterizzata da grandi contrasti di matrice razziale. Poteva diventare un integralista hasidico, oppure un rapper dai denti d’oro, e invece è diventato un mediatore. La Comunicazione Non Violenta è l’approccio al dialogo e allo scambio che Marshall B. Rosenberg ha ideato e applicato con successo nella sua vita di terapeuta, formatore e peacemaker, operando in contesti politicamente critici e socialmente complessi come l’ex Jugoslavia, l’Irlanda del Nord, il Rwanda e Israele. Non avete tempo di leggere tutta la recensione, oppure vi fidate ciecamente di me, oppure entrambe le cose? Bene, potete acquistarlo direttamente senza passare dal via.
L’infinito range cromatico dei conflitti cui mi è capitato di assistere o dei quali sono stata coinvolta in quanto madre, fidanzata, amica, collega e persona socialmente esposta mi ha spinto a chiedermi se esista un modo per ridurre la rabbia, la violenza, l’attrito. Non sono così idealista, eh: non m’illudo di cambiare il clima politico italiano, o calmare gli animi su Twitter, o anche solo di indurre i miei haters a tornare sui propri passi suggerendovi di comprare o leggere un manuale. Però penso che a livello micro, cioè nei rapporti one-to-one e nei contesti privati, la Comunicazione non Violenta sia una strada in cui tutti possiamo sentirci a nostro agio.
Le parole sono finestre (oppure muri): migliori interlocutori, migliori ascoltatori
Il metodo di Rosenberg, infatti, funziona sia quando diamo inizio una situazione potenzialmente conflittuale (=cioè manifestiamo un dissenso perché non viene soddisfatto un nostro bisogno), sia quando veniamo attaccati da qualcuno i cui bisogni non sono in quel momento soddisfatti, sia quando partecipiamo in veste di ascoltatori alla manifestazione di un bisogno altrui che potrebbe non coinvolgerci direttamente.
State fremendo all’idea di apprendere come chiedere e ottenere dal vostro interlocutore ciò che desiderate, senza peraltro farlo incazzare come un puma, lo so! Ma non posso riassumere in poche righe le 200 pagine di “Le parole sono finestre (oppure muri)”: è un saggio che dal 1999 ha venduto più di un milione di copie in oltre 30 Paesi. Insomma, io vi metto i capisaldi qui sotto, ma poi voi leggetelo per esteso perché è proprio dagli script riportati negli esempi che si manifesta l’efficacia del metodo:
- osservare quanto dice o fa il nostro interlocutore, ma senza valutare; cioè senza esprimere giudizi morali, fare paragoni, negare o attribuire responsabilità, avanzare pretese
- sentire e definire i nostri sentimenti reali rispetto al suo comportamento, abituandoci ad allargare il vocabolo dei sentimenti per dare il giusto nome a ogni stato d’animo
- riconoscere il bisogno che sta dietro al sentimento
- chiedere un’azione finalizzata a portarci nello stato d’animo che desideriamo: un atto pratico, un conforto, un parere trasparente, quindi un’azione positiva (“fare” qualcosa, non “evitare di fare”)
In apparenza il processo è difficoltoso; dagli esempi forniti da Rosenberg sembra che le conversazioni si svolgano in una dimensione spazio-temporale parallela in cui passano lunghi minuti tra una battuta e l’altra. Nel mondo di Rosenberg c’è tempo per autoanalizzarsi, verbalizzare, limare le frasi. In verità, se interiorizzata e trasformata in un’abitudine, la Comunicazione Non Violenta perde questa allure di complicazione e artificiosità, per diventare un automatismo virtuoso; inoltre, sul lungo periodo, l’abitudine a interrogarsi sui propri bisogni profondi porta a prevedere con migliore approssimazione le proprie reazioni violente e quindi, di fatto, a limitare i conflitti alla radice.
Una parte importante di “Le parole sono finestre (oppure muri)” è dedicata all’arte dell’ascolto e della relazione empatica: cioè a guidare i nostri partner, amici, parenti, figli, collaboratori a esprimere i propri sentimenti, bisogni e richieste in maniera cosciente e trasparente, senza esprimere giudizi, lanciarsi in diagnosi o offrire soluzioni. Tra gli amici, ci siamo anche noi stessi, che al pari degli altri siamo bisognosi e meritevoli di empatia e chiarezza: in ultima analisi, la Comunicazione Non Violenta serve a volerci più bene e a guardarci con compassione autentica.
Le parole sono finestre (oppure muri): vantaggi notevoli
La Comunicazione Non Violenta racchiude 4 vantaggi che difficilmente riescono a stare nella stessa frase: è bella, utile e sempre valida, ma soprattutto è nobile.
- Bella. A mio parere, molto del successo della Comunicazione Non Violenta si basa sullo spiazzamento dell’interlocutore che, talmente abituato ad assistere a una sequenza di azioni e reazioni di pari entità e aggressività, non si aspetta ascolto, mitezza, empatia. C’è della tecnica, c’è della dialettica, c’è dello spettacolo e Dio solo sa quanto mi piace il virtuosismo soprattutto se non competitivo
- Utile. Poche cose sono belle e anche utili, ma la Comunicazione Non Violenta sì! È un approccio che ha in sé la possibilità -oggettiva- di migliorare del 100% la qualità dei nostri rapporti intimi esistenti e di avviare su basi solide quelli potenziali. Pensate cosa significherebbe introdursi in un nuovo luogo di lavoro, come stagista o come dirigente, e impostare fin da subito dei rapporti professionali non conflittuali!
- Valevole. Si rivela efficace anche nelle amicizie, nei rapporti di coppia e genitoriali, nelle relazioni particolarmente asimmetriche (es. insegnante-studente, medico-paziente, dirigente-collaboratore) e nel servizi al pubblico. Sul medio e lungo periodo, praticamente nessuna relazione è esente dalla frustrazione e dalla rabbia.
- Nobile. Quando un metodo è utile, cioè ha dei benefici concreti, spesso non è nobile: siamo abituati a pensare che, se da uno scambio usciamo vincenti e riusciamo a portarci a casa ciò che volevamo, è perché c’è stata eloquenza, scaltrezza o comunque una sottile (e più o meno legittima) forma di sopraffazione. Invece, la Comunicazione non Violenta si basa sul riconoscimento e sulla dichiarazione (non aggressiva ma soprattutto non passivo-aggressiva!) dei propri stati d’animo e bisogni. Non c’è nulla di torbido in questa trasparenza disarmante: andate in pace e e chiedete, se l’altro ha un cuore e non è Salvini probabilmente vi sarà anche dato.
Le parole sono finestre (oppure muri): un esempio 100% mio
So di sembrare vagamente incazzata e depressa per la maggior parte del tempo. Da tempo -dove con tempo intendiamo anni- sono desolata perché non ottengo il successo di pubblico che vorrei e il riconoscimento che dentro di me ritengo di meritare. Perché so che da qualche parte è annidato un talento raro e prezioso, ma per qualche ragione non ho messo a fuoco il modo per farlo fruttare. Da tempo -dove con tempo intendiamo anni- attribuisco questo empasse a cause esogene: la mancanza di sonno, la stanchezza, l’assenza di stima e incoraggiamento da parte dei miei congiunti, la situazione astrale. Il sentimento che provo, se dovessi descriverlo, è frustrazione per la mia improduttività letteraria, disprezzo verso la mia demotivazione e in piccola parte anche invidia per la determinazione, la fortuna e il talento spontaneo altrui.
Per questo a volte faccio affermazioni qualunquiste (es. il pubblico italiano non capisce un cazzo e preferisce istupidirsi guardando le Stories di XX -personaggio femminile a caso facilmente denigrabile per via del suo QI) che grazie a Dio tengo per me perché triste sì ma patetica mai.
Il mio bisogni sono l’amore incondizionato di chi mi è vicino, il riconoscimento universale del mio talento, unito a una cospicua somma di denaro che mi renda indipendente e mi metta nelle condizioni di pensare solo al prossimo romanzo. Vado a letto, questo sforzo di trasparenza mi ha svuotata.
Se volete leggere “Le parole sono finestre (oppure muri)” di Marshall B. Rosenberg potete ordinarlo qui
Questo consiglio di lettura mi e ci è stato offerto da Bloom Formazione, società di coaching con la quale sto collaborando da qualche tempo. Dall’aggressività verbale derivano molte delle nostre difficoltà relazionali sul lavoro, in famiglia: la comunicazione non violenta è uno strumento che si utilizza in molti percorsi di formazione e di coaching di Bloom. Iniziate a leggerlo e tenetevi pronti, che da settembre ci saranno delle opportunità!
Antonella Mazza
Luglio 20, 2020 at 6:49 am
Apprezzo tantissimo la tua sincerità e autenticità
Dedicarsi alla scrittura è difficile quando si ha un figlio piccolo, vedrai che arriveranno i giorni in cui ti mancherà la sua dipendenza da te.
Grazie per il consiglio e ti ringrazio
Mi servirà per far fronte a colleghe stronze e ignoranti
A presto!
Serena
Luglio 20, 2020 at 10:56 am
Grazie Valeria per il consiglio, ho questo libro da tempo, consigliatomi da un’amica cara che lo ha regalato ai familiari per cercare di sbrogliare una situazione familiare molto complessa e stratificata. Io non ho avuto pazienza di leggerlo, perche’ la mia mente e’ distratta e stanca, e non lo si puo’ leggere con questo mood un libro cosi’. E’ necessaria la presenza. Ma il fatto che questo libro sia comparso anche qui forse mi convincera’ a fare lo sforzo. Poi, come sempre, io mi identifico tanto in quello che scrivi e soffro con te 🙂 Lo dico con il sorriso, i miei bisogni sono simili ai tuoi seppure in contesti lontanissimi. Ma io non so dirli, non so scriverli, non so comunicarli. Continua a farlo anche per me please e una pioggia di squillanti applausi e osanna riempira’ le tue stanze virtuali. E’ quello che ti posso iffrire per “ricambiare”. Applausiii
Ely
Luglio 21, 2020 at 4:52 pm
L’insoddisfazione per la mancata produttività letteraria non deve scoraggiarti: Manzoni ha impiegato più di vent’anni per arrivare a pubblicare la versione definitiva dei Promessi sposi, tanto per dirne una! Hai un mondo interiore ricco: mi permetto di dirlo anche se non ti conosco, perché da ciò che scrivi si intuisce. Se perseveri, arriverai a scrivere ciò che ti preme scrivere. Tra l’altro, hai mai pensato di scrivere (in maniera più distesa di quanto tu non faccia nel blog, intendo) qualcosa che non sia non classificabile come romanzesco o, comunque, strettamente letterario?